La studentessa Jessica M.

Jessica M. ha 16 anni, è nata in Italia, ora studia al liceo delle scienze umane e gioca a pallacanestro, si è impegnata nella Rete degli Studenti Medi.

Come ti chiami e quanti anni hai? Studi?

Mi chiamo Jessica M. e ho 16 anni, frequento la quarta superiore al liceo delle scienze umane, opzione economico-sociale. I miei genitori provengono dal Ghana, mentre io sono nata qui in Italia.

Quali scuole hai frequentato in Italia? Come ti sei trovata? Quali sono state le difficoltà maggiori e quali le cose più facili? Come sono stati i tuoi rapporti con i compagni di scuola e con gli insegnanti?

Essendo nata in Italia, ho frequentato qui le elementari, le medie e ora le superiori. Mi sono trovata alquanto bene in questi cicli di scuola, sia con i miei compagni che con gli insegnanti, non ho mai avuto problemi di razzismo né a scuola né al di fuori di essa, eccetto per qualche sguardo sprezzante da parte delle persone più anziane. Il mio rapporto con compagni di classe e insegnanti è sempre stato molto gradevole; ovviamente non sono mancate le litigate con alcuni, ma d’altronde non tutte le persone vanno d’accordo, razzismo a parte! Dunque nel corso dei miei anni scolastici non ho riscontrato difficoltà per via delle mie origini.

Da http://www.operationworld.org/files/ow/maps/lgmap/ghan-MMAP-md.png

Quando senti la parola “nazionalità”, cosa ti viene spontaneo dire della tua?

Quando sento la parola “nazionalità” mi viene spontaneo dire di essere italiana, perché credo che – essendo nata e cresciuta in Italia – dovrei avere il diritto di considerarmi italiana ed esserlo a tutti gli effetti, quindi anche legalmente. Per ricevere la cittadinanza, che a mio parere dovrebbe essermi riconosciuta dalla nascita, non dovrei essere legata alla condizione dei miei genitori, il cui permesso di soggiorno potrebbe scadere prima dei dieci anni di permanenza obbligatori, costringendo dunque tutta la famiglia a trasferirsi, oppure obbligata a dover aspettare fino alla maggiore età qualora essi non la richiedessero.

Hai già la cittadinanza italiana? È stato complicato ottenerla? Gli enti a cui ti sei rivolta, per esempio la prefettura, ti hanno reso un buon servizio (informazioni ecc…) o no? Come è stato il giorno in cui hai preso la cittadinanza italiana?

Sono nata qui in Italia, ma solo da un anno sono legalmente cittadina italiana, grazie a mia madre che ha richiesto la cittadinanza per sé e, dopo un anno, l’ha ottenuta. Gli enti a cui si è rivolta si sono dimostrati disponibili e utili. Il giorno in cui ho ricevuto la cittadinanza è stato emozionante, poiché finalmente mi è stata riconosciuta la cittadinanza, che io consideravo già mia dalla nascita.

Ricordi alcuni episodi in cui avere o no la cittadinanza italiana faceva la differenza?

Dalla Gazzetta di Modena del 29 maggio 2017: “MIRANDOLA. Un omaggio al tricolore attraverso un abito dalla fattura molto curata che ha assunto un significato particolare. Mbayeb Bousso, studentessa 15enne dell’istituto Galilei di Mirandola, in occasione della visita del presidente Sergio Mattarella, ha indossato un abito speciale con i colori della bandiera italiana, rosso, bianco e verde. Il capo d’abbigliamento è stato ideato, progettato, e confezionato da Mbayeb insieme ai suoi compagni dell’indirizzo moda del Galilei e sfoggiato per l’arrivo del Capo dello Stato. Foto Gino Esposito (da http://gazzettadimodena.gelocal.it/polopoly_fs/ 1.15410464!/httpImage/image.JPG_gen/derivatives/ gallery_978/image.JPG)

Quest’anno sono andata in viaggio-studio per una settimana in un Paese europeo e, se non avessi avuto la cittadinanza italiana, non sarei potuta partire. Io sono stata fortunata, ma altri ragazzi non lo sono, come per esempio una ragazza kosovara arrivata qui in Italia insieme alla sua famiglia all’età di due anni; lei, pur avendo frequentato le elementari, le medie, le superiori e l’università in Italia, al termine del suo ultimo ciclo di studi non ha potuto svolgere il tirocinio perché priva della cittadinanza italiana, nonostante vivesse qui da sempre. Un altro esempio riguarda quella ragazza nata in Italia a cui è stata negata l’opportunità di partecipare a un talent show solo perché non legalmente italiana. Credo che il fatto di non poter fare ciò che si desidera solamente perché l’art. 1 della legge n. 91/92 stabilisce che i minorenni nati in Italia da genitori stranieri non sono ufficialmente cittadini italiani sia alquanto ingiusto. Infatti sia i bambini nati da genitori italiani che quelli nati da genitori stranieri dovrebbero essere messi sullo stesso piano, in quanto vivono la stessa quotidianità, con l’unica differenza che, non essendo ufficialmente italiani, i bambini stranieri sono esclusi dalla cittadinanza e dai suoi benefici.

…e le pulsioni razziste dell’estrema destra (da https://www.nextquotidiano.it/wp-content /uploads/2017/05/forza-nuova-insulti- Mbayeb-Bousso-9.png)

Si discute in questo periodo in parlamento la legge sullo ius soli temperato: la conosci? Credi che questo dibattito interessi e coinvolga i ragazzi giovani, specie quelli di origini straniere? Perché? A casa tua se parla?

Sì, conosco la legge sullo ius soli temperato e sì, credo che questo dibattito coinvolga i ragazzi giovani, specie quelli stranieri, perché darebbe loro l’opportunità di usufruire dei benefici della cittadinanza. Molti italiani sono contrari allo ius soli temperato perché ritengono che gli stranieri siano numerosi, gravino sui conti pubblici e rubino il lavoro. Se poi invece si pensa al vicino di casa straniero o all’amico/a del proprio figlio, ci si rende conto che tutto questo non è vero: quindi vi è da una parte una chiusura nei confronti degli stranieri legata agli stereotipi e ai pregiudizi e dall’altra un’apertura data da una pacifica convivenza. Le persone contrarie sono solitamente quelle meno istruite, o molto anziane o quelle appartenenti a ceti più in difficoltà, che vedono i migranti come delle minacce, quando in realtà contrastano l’invecchiamento della popolazione, contribuiscono al pagamento delle pensioni di molti italiani e creano inoltre un confronto tra culture diverse, portando a una crescita generale. Insomma, i migranti non sono un freno per la società, bensì un vantaggio.

L’incontro di Mbayeb Bousso col Presidente Mattarella. Foto Gino Esposito (da http://gazzettadimodena.gelocal.it/ polopoly_fs/1.15410465!/httpImage/image.JPG_gen/ derivatives/gallery_978/image.JPG)

Non si tratta di uno ius soli “puro” come negli Usa: occorre per esempio che uno dei genitori abbia permesso di soggiorno in Italia e che il futuro cittadino abbia fatto un ciclo di studi qui. A questo proposito, pensi sia giusto chiedere questa istruzione per diventare cittadino e perché? È comunque un passo avanti, secondo te, rispetto alla legge attuale? Come si potrebbe migliorare?

Penso che non sia giusto chiedere questa istruzione per diventare cittadino, perché ai bambini “italiani” non è richiesto. Quindi mi chiedo per quale motivo i bambini nati in Italia da genitori stranieri non possano essere trattati allo stesso modo. Però ritengo che lo ius soli temperato sarebbe un grande passo avanti rispetto alla legge attuale perché, per avere la cittadinanza, non bisognerebbe aspettare 10 anni ma 5. Si potrebbe però migliorare dando la cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia in modo automatico senza distinzione.

Dusan Radisic, 23 anni, studente di storia all’università di Padova


Dusan Radisic  ha 23 anni e studia storia all’università di Padova. È arrivato in Italia nel 2004 e da allora ha svolto qui tutto il percorso scolastico. Milita con associazioni studentesche dalla 3ª superiore, prima con la Redsm e ora con l’Udu.

Come ti chiami e quanti anni hai? Studi?

Sono Dusan Radisic e ho 23 anni. Attualmente sono al terzo anno di storia all’università di Padova. Di origine sono serbo e sono arrivato in Italia nell’agosto del 2004.

Quali scuole hai frequentato in Italia? Come ti sei trovato? Quali sono state le difficoltà maggiori e quali le cose più facili? Come sono stati i tuoi rapporti con i compagni di scuola e con gli insegnanti?

Praticamente tutto il mio percorso scolastico si è svolto in Italia, infatti è dalla terza elementare che studio qua. Non mi sono mai trovato male: ho avuto la fortuna di trovare già dei ragazzi serbi nella mia scuola, per cui ho sempre avuto un tramite per poter comunicare sia con gli insegnanti che con i compagni di classe. Tra bambini soprattutto è stato facile il percorso di integrazione, mi sono sempre sforzato di imparare la lingua e di diventare autonomo il prima possibile al punto che già dopo due mesi di scuola sono riuscito a compilare il primo tema con un voto buono. La difficoltà maggiore si è presentata dopo due settimane dall’inizio del mio percorso scolastico: in Serbia io avevo finito la terza elementare e una volta arrivato qua mi ero iscritto in quarta. Tuttavia l’allora preside ha convocato i miei genitori per convincerli a farmi ripetere la terza perché altrimenti, a suo parere, non sarei riuscito a passare alla classe successiva, facendo così intendere che probabilmente sarei stato bocciato a prescindere. Alla consegna del “famoso” tema di cui ho detto, la maestra di italiano si è pentita della scelta. Ovviamente è stato un po’ uno shock ma sono riuscito a superarlo.

Da http://smartraveller.gov.au/Maps/Serbia.gif

Quando senti la parola “nazionalità”, cosa ti viene spontaneo dire della tua? Perché?

A questa domanda io risponderò sempre di sentirmi di nazionalità serba. Il perché per me è una questione molto semplice: essendo nato in Serbia e avendo comunque ancora contatti frequenti con quel Paese, famiglia e amici, sento che le mie radici sono ancora quelle e non potranno cambiare. Questo però non significa – e ci tengo a sottolinearlo – che io non sia italiano più di quanto non lo sia un ragazzo nato in Italia da genitori italiani, se guardiamo agli aspetti quotidiani della vita, per esempio tutte le questioni burocratiche o anche la semplice partecipazione alla vita politica, dalla quale tuttavia fino a poco tempo fa ero parzialmente escluso non avendo, a causa della mancanza della cittadinanza, il diritto al voto. Per me la nazionalità, per quanto possa essere definita dalle leggi, resta sempre qualcosa di individuale che si forma in ogni persona: io ho una visione della realtà che si forma attraverso diversi fattori, tra cui gli ambienti nei quali sono cresciuto, l’educazione ricevuta o anche la semplice visione della religiosità, per molti versi uguale a chiunque altro nel mondo, ma con delle piccole differenze che mi rendono quello che sono.

Da http://www.lentepubblica.it/wp-content/uploads/2017/06/ius-soli.jpg

Hai già la cittadinanza italiana? È stato complicato ottenerla? Gli enti a cui ti sei rivolto, per esempio la prefettura, ti hanno reso un buon servizio (informazioni ecc…)?

Trascorsi i dieci anni di residenza, abbiamo avviato le pratiche per la richiesta di cittadinanza e io l’ho ottenuta dopo circa un paio di anni, ad agosto scorso. Non posso dire che sia stato chissà quanto complicato, ma il processo è stato parecchio lungo e dispendioso sia in termini di tempo che di denaro. Per quanto riguarda l’efficienza del servizio, devo essere un po’ cinico: chi conosce e sa leggere l’italiano può usufruire di un servizio eccellente, poiché tutte le informazioni sulle modalità da seguire e sui documenti richiesti sono espresse in maniera abbastanza chiara. Il processo è lungo ma non complicato.

Ricordi alcuni episodi in cui avere o no la cittadinanza italiana faceva la differenza? Puoi raccontarcene uno o due?

Avere o meno la cittadinanza non mi ha mai presentato troppi problemi, sono sempre riuscito a instaurare rapporti equi e giusti, ovviamente per quanto riguarda la burocrazia le differenze ci sono state: avevo sempre il documento in più da presentare, i viaggi a Trieste al consolato e le file infinite in questura per il passaporto e il permesso. Queste sono state le esperienze più pesanti ma differenze sostanziali non ce ne sono state. In realtà non essere cittadino esclude poche attività: il voto, cosa di cui però personalmente ho sofferto, essendo sempre stato attivo in associazioni ed essendo interessato alla politica; il servizio civile e militare.

Intemperanze in Parlamento contro lo ius soli (da https://st.ilfattoquotidiano.it/wp-content/uploads/2017/06/ius-soli-675-675×275.jpg

Si discute in questo periodo in Parlamento la legge sullo ius soli temperato: la conosci? Credi che questo dibattito interessi e coinvolga i ragazzi giovani, specie quelli di origini straniere? Perché? A casa tua se ne parla?

Penso che la discussione sia superflua, nel senso che è quasi ridicolo porsi questi problemi in una società che voglia dirsi civile. Io, come molti altri ragazzi di origini straniere, sono cresciuto in Italia, sono figlio di due mondi e di due nazioni nelle quali riesco benissimo a identificarmi senza troppi problemi. La mia vita però si svolge qua, sono istruito tanto quanto qualsiasi italiano e anzi mi permetto di dire, per esperienza personale, forse più di molti che ho conosciuto anche per quanto riguarda le norme elettorali e costituzionali: per esempio, io non mi sono mai indignato per un governo non eletto. Il dibattito sullo ius soli interessa senza alcun dubbio i giovani stranieri, questa situazione riguarda soprattutto quei ragazzi che studiano in Italia e che vi crescono e che non possono più considerarsi cittadini di altri Paesi, dal momento che molti perdono, per esempio, la lingua dei genitori. Mio fratello di 8 anni, nato qui, parla molto poco il serbo, attualmente non ha la cittadinanza italiana, anche se la acquisterà insieme ai miei genitori: di serbo ha solo il nome e la cittadinanza, per il resto di fatto è un bambino italiano; io personalmente con il cirillico faccio molta fatica, problemi che con l’italiano non si presentano. Molti ragazzi stranieri residenti in Italia conoscono il diritto italiano molto meglio di quello del Paese di origine, che alcuni neanche visitano per molti anni. Anche molte famiglie ne parlano, compresa la mia, ma la condizione di stranieri spesso purtroppo porta anche alla rassegnazione, non essendoci il diritto a una partecipazione attiva in materia.

Non si tratta di uno ius soli “puro” come negli Usa: occorre per esempio che uno dei genitori abbia il permesso permanente di soggiorno in Italia e che il futuro cittadino abbia fatto un ciclo di studi qui. A questo proposito, pensi sia giusto chiedere questa istruzione per diventare cittadino e perché? È comunque un passo in avanti, secondo te, rispetto alla legge attuale? Come si potrebbe migliorare ancora?

Per come è stata strutturata la proposta penso che sia un grandissimo passo in avanti rispetto alla situazione attuale. I requisiti richiesti sono le condizioni minime, alle quali sono estremamente favorevole: una persona che si trova nella situazione prevista dalla legge è a tutti gli effetti un cittadino e sono convinto di ciò, in quanto anche io l’ho sperimentato. Certo che tale legge può migliorare, ma ora come ora penso che sia una proposta ottima. È importante, inoltre, avere un’istruzione nel Paese di cui si vuole diventare cittadini, perché una persona che non sia in grado di leggere le 5 parole del giuramento non può pensare di integrarsi adeguatamente nel tessuto sociale.