Roma, 6-9 dicembre 1947. Al Piccolo teatro Italia, il primo congresso nazionale dell’Anpi. Dall’archivio dell’Anpi nazionale

Tra il 6 e il 9 dicembre 1947, settantatre anni fa, si svolgeva a Roma il primo Congresso nazionale dell’Anpi, vi parteciparono 1.400 delegati da tutta Italia. Un avvenimento che non a caso si teneva a meno di una settimana dalla firma della legge “di difesa della Repubblica contro ogni forma di restaurazione del fascismo” e poco prima che la Costituzione repubblicana e antifascista fosse ufficialmente promulgata.

In questi giorni in cui tutti noi antifascisti piangiamo, a causa del Covid, la perdita di tanti testimoni della lotta di Liberazione dal nazifascismo, e tra questi Lidia Menapace, con l’Archivio storico Benedetto Petrone vogliamo ricordare quell’avvenimento con le parole di Luigi Longo, il comandante politico-militare delle formazioni partigiane comuniste della Resistenza italiana. Un discorso ufficiale tenuto in occasione della sfilata di 60.000 partigiani che attraversò la capitale durante il Consesso generale dell’Anpi.

L’intervento di “Gallo” venne riferito quasi integralmente dal quotidiano La Voce, che seguì i lavori del Congresso. Il condirettore era infatti Mario Alicata, partigiano e critico letterario, oltre che componente del Comitato nazionale dell’Associazione.

Mentre disuguaglianze sociali, nuove e vecchie ingiustizie, sono acuite dalla pandemia da coronavirus, sfruttate da chi populisticamente alimenta xenofobia e razzismo, le parole di Longo rivelano una straordinaria attualità. Alcuni passi: “Non insorgemmo soltanto per scacciare tedeschi e fascisti (…), La cacciata di costoro era la premessa per creare una Italia nuova. (…) Noi partigiani non ci sentiamo affatto nell’età in cui ci si possa considerare come oggetti da museo”.

Ecco dunque la trascrizione della parte dell’articolo in cui è riportata la cronaca della manifestazione e il discorso di Longo. Una copia del numero del quotidiano è custodita nell’Archivio storico Benedetto Petrone, disponibile presso la sede dell’Anpi di Brindisi.

Antonio Camuso, Archivio storico Benedetto Petrone

La Voce – Quotidiano del Mezzogiorno
9 dicembre 1947

60mila partigiani sfilano per le strade di Roma, ammonendo che gli ideali della Resistenza non si soffocano

Il commissario politico Luigi Longo “Gallo”, e il comandante del 5° Reggimento Vittorio Vidali

«60 mila partigiani hanno attraversato Roma da un capo all’altro. Si sono radunati fin dalla mattina in piazza dell’Esedra, mentre dal Nord arrivavano gli ultimi camion infangati carichi di garibaldini. Le formazioni si sono inquadrate e poi hanno cominciato ad incanalarsi per Via Nazionale tra due fìtte ali di popolo. In testa erano gli uomini che diressero la Resistenza. I loro nomi volano di bocca in bocca, mentre la folla se li addita: Longo, Parri, Boldrini, Pertini, Valerio (Walter Audisio, ndr), Moscatelli, Farini, Busetto.

Il corteo è aperto dalle formazioni che hanno combattuto all’estero. Seguono i combattenti emiliani, del Piemonte, dell’Alto Po, del Pavese, dell’Emilia e via via tutti gli altri. Man mano che passavano per piazza Venezia davanti al Milite Ignoto i comandanti ordinavano “attenti a sinistra”.

Il generale Arturo Scattini, comandante del Gruppo di combattimento “Friuli” parla a Roma a Porta San Paolo. In primo piano, Ferruccio Parri (dall’archivio dell’Anpi nazionale)

Attraversata piazza Venezia, un corteo proseguiva fino a Porta S. Paolo, dove reparti in armi dell’esercito hanno reso gli onori. Poi Longo, Parri e il generale Scattini hanno preso la parola per salutare la grande manifestazione.

“A nome del primo Congresso della Resistenza italiana – ha detto Longo – ed a nome dei partigiani di tutta Italia, saluto questa solenne imponente manifestazione di fraternizzazione fra soldati e partigiani. È altamente significativo che questa manifestazione di fraternità avvenga proprio qui a Roma, a Porta S. Paolo, al cospetto delle mura che videro sprizzare la prima scintilla di quella che fu il segnale di una lunga ed eroica guerra di liberazione nazionale, che vide affiancarsi e battersi, fraternamente uniti, soldati e popolani.

Diciamo alto e forte in questa solenne occasione, da Roma, dalla capitale d’Italia, a chi non avesse ancora rinunciato all’insano tentativo, che non si separeranno, non si contrapporranno queste due grandi forze nazionali. Non si spezza una unità cementata dall’eroismo di mille, mille e mille caduti e martiri, dai caduti sotto queste mura ai massacrati di Cefalonia, alle vittime delle Fosse Ardeatine agli eroi che perdemmo sulle nostre montagne, agli eroi che caddero nelle file dei gruppi italiani di combattimento. Nati dal popolo, espressione vivente delle aspirazioni e delle volontà del popolo, soldati e partigiani sono uniti oggi come ieri. Fummo uniti ieri per conquistare la libertà e l’indipendenza che ci veniva negata, siamo uniti oggi per presidiare queste conquiste, per farne strumento della nostra rinascita, del nostro progresso. Voi soldati siete la forza della Patria che continuamente si rinnova e a cui portate sempre nuovi succhi e nuovi impulsi. Ma noi partigiani non ci sentiamo affatto nell’età in cui ci si possa considerare come oggetti da museo. Davanti a noi stanno ancora incompiuti i grandi compiti di ricostruzione e di rinnovamento per cui combattemmo.

Noi insorgemmo non solo per scacciare tedeschi e fascisti. La cacciata di costoro era di premessa per creare una Italia nuova. Il nuovo regime repubblicano democratico è tale quando, come è detto nel primo articolo delle Costituzione, esso è veramente fondato sul  lavoro, cioè si fonda sugli uomini più rappresentativi del lavoro. La libertà dal bisogno delle grandi masse, è veramente tale quando assicura ai lavoratori delle officine e dei campi, il lavoro di cui hanno bisogno per dare pane e tranquillità alle loro famiglie.

L’indipendenza della Patria non è una vuota parola quando questo nostro popolo può veramente disporre del proprio destino senza bisogno di ricevere ordini, sollecitazioni od autorizzazioni da parte di chicchessia. Come vedete, soldati e partigiani, siamo ancora lungi dal raggiungere gli ideali della nostra guerra di Liberazione e per i quali caddero tanti nostri fratelli. Ma se noi siamo uniti, se noi continuiamo insieme a marciare all’avanguardia, ebbene possiamo essere sicuri che percorreremo la strada fino alla vittoria, fino alla nascita di un’Italia veramente libera e madre di tutti i suoi figli”.

Prima, le delegazioni estere avevano deposto una corona di fiori alle Fosse Ardeatine».