Gli studi di storia della Resistenza hanno attinto linfa vitale e un robusto e rinnovato vigore dall’utilizzo delle autobiografie, il cui studio ha consentito (e consente) di conoscere personaggi e memorie ignorate dalla “Grande Storia”.
Giovanni Cuccu ha avuto il merito e il pregio di scrivere e documentare la sua attività di partigiano, attraverso tre edizioni di un libro redatto tra il 1973 e il 2000, in modo sempre più completo ed esauriente, grazie alla vivace e ottima memoria dell’Autore. L’ultima edizione ha come titolo “Le stelle ci guidano” (Ed. CUEC, gennaio 2000). L’obbligo comune degli studiosi è la memoria, da preservare e tramandare senza inutili e dannosi orpelli ideologici, affinché il patrimonio storico-politico e culturale della Resistenza non vada disperso, o peggio oltraggiato per biechi interessi personali.
La storia di Giovanni Cuccu – Samassi (Cagliari), 14 ottobre 1914/21 ottobre 2005 – non è una semplice e scontata biografia, ma è la vita di un combattente partigiano coraggioso e amante della libertà. Facciamo un passo indietro. Il Nostro era un povero e laborioso agricoltore che risiedeva a Samassi (un piccolo centro vicino a Cagliari) assieme alla sua numerosa famiglia, composta dai genitori e da sei figli. Partiva militare nel 1935 con destinazione il 71° Reggimento fanteria di stanza tra Mestre e Venezia. Venne poi richiamato, nel 1940, nel 45° Reggimento fanteria di Cagliari e destinato alla Compagnia cannoni anticarro. Giovanni a causa di una malattia otteneva una lunga convalescenza. «(….) Avevo appena cominciato a gustare la vita del congedato – scrive Cuccu in “Le stelle ci guidano” – quando ricevetti una cartolina che mi chiamava all’arruolamento nella MVSN, Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, il corpo creato dai fascisti. A me i fascisti non erano mai piaciuti, neppure quando ero bambino; e non mi attirava per niente avere a che fare con tutti quei caporioni vestiti di nero che circolavano per il paese dandosi arie di padreterno e destando un senso di angoscia per le loro lugubri uniformi. Così, subito dopo aver letto la cartolina, l’accartocciai e la gettai nel camino: i miei genitori, che ne avevano seguito la lettura, mi guardarono sgomenti (…)». Giovanni Cuccu renitente alla leva, veniva accompagnato al carcere militare di Cagliari, successivamente a Lanusei e infine, nel marzo del 1942 al carcere militare di Gaeta. La liberazione dalla detenzione comportava la partenza per il fronte.
A questo proposito scrive Cuccu: «(…) lì, ci dissero, ognuno di noi avrebbe lavato con l’ardimento le macchie del passato. (…)». Il sardo, veniva destinato alla Jugoslavia, nella regione di confine tra Slovenia e Croazia, in forze al 23° Reggimento di Fanteria “Gorizia”, con sede a Crnomelj e, in seguito al 3° battaglione “Isonzo” il cui comando si trovava a Metlika. Questo era un battaglione di punizione nel quale si impiegavano armi pesanti. Giovanni Cuccu veniva assegnato nella Compagnia mitraglieri. In terra slava, la Compagnia “Isonzo” doveva difendere la cittadina dagli attacchi dei partigiani «(…) in queste occasioni alle unità regolari dell’esercito – scrive – si aggregavano anche gruppi di militari fascisti, italiani e jugoslavi del posto, noti per le loro ribalderie e la loro crudeltà (…)». Giovanni n terra slovena intrattiene buoni rapporti con la popolazione locale, riuscendo ad intrattenere rapporti di amicizia leale e duratura. Nell’estate 1942 compiva un gesto di estrema gravità nei confronti della dittatura mussoliniana, ovvero rifiutava la tessera del fascio, che il Duce concedeva a tutti i militari che si trovavano nei Balcani.
A tal proposito scrive nel “Diario” «(…) Risposi che non la volevo neppure gratis: se fossi finito nelle mani dei partigiani avrei fatto la fine che era riservata ai fascisti. Dopo di me altri sette compagni la rifiutarono, ma fui solo io, forse perché ero stato il primo, ad essere chiamato a rapporto al comando di battaglione. (…)». Per punizione veniva inviato in un bunker denominato “il fortino della morte”, che si trovava nei pressi del casello ferroviario di Gornje Dobravice, ovvero un avamposto militare, spesso teatro di battaglie da parte dei partigiani, in cerca di armi leggere e pesanti. I rapporti tra Giovanni e i partigiani sloveni erano improntati alla massima stima. Spesso sigarette, sale e generi alimentari venivano donati da Cuccu ai civili e ai partigiani. Ricorda nel libro l’Autore: «(…) mi garantirono che i partigiani avrebbero lasciato in pace il bunker, almeno fino a quando io facevo parte della guarnigione. Precisai che eravamo stati mandati tutti per punizione, dissi della “tessera dono”, e osservarono che chi si comportava come me non doveva avere vita facile nell’esercito (…)». Giovanni Cuccu oltre a recuperare armi, viveri e vettovaglie per i partigiani e per le popolazioni del luogo, si faceva staffetta partigiana, ovvero distribuiva volantini dei combattenti in lingua italiana. Nel 1943 si unisce ai partigiani sloveni ed entra a far parte della brigata “Tomsic” (dal nome del segretario del partito comunista sloveno, fucilato nel 1942). Il suo nome di battaglia sarà “Ivo”.
Nell’autunno 1943 gli veniva affidata una missione speciale, ad alto rischio: ovvero entrare in territorio italiano, nei pressi di Fiume, e convincere i soldati italiani sbandati e demoralizzati a rimpinguare le fila dei partigiani sloveni. Giovanni Cuccu continuava imperterrito le sue azioni militari nelle quali era un assoluto protagonista, dimostrando nei fatti valore ed abnegazione. Caratteristiche che gli permisero di ottenere il grado di Vice Comandante del IV Battaglione della Brigata “Sercer”. Giovanni Cuccu, nel corso delle tante azioni militari, ebbe modo di incontrare personaggi di estrema rilevanza umana e politica: il Maresciallo Tito, il vice Commissario politico del VII Corpo d’Armata Rado Pehacek ed altri membri autorevoli e stimati della Resistenza jugoslava.
Dopo anni di assenza “Ivo” rientrava nella sua Sardegna e riabbracciava la moglie ed i figli. Alla fine della guerra veniva congedato con il grado di Maggiore dell’esercito jugoslavo e la considerazione di eroe nazionale. A Samassi, il suo paese d’origine, riprendeva le sue attività originarie nel settore agricolo e zootecnico. Infatti scrive “Ivo”: «(…) E così ricominciai la vita del pastore. (…) Io ho continuato, superando ogni ostacolo, appoggiandomi soltanto su un piccolo gregge e un piccolo branco di maiali (…)». La scelta della lunga vita di Giovanni Cuccu (è morto all’età di 91 anni) aveva come filo conduttore alcuni valori fondanti della vita: la pace, la libertà, la democrazia, il rispetto della famiglia. “Ivo” ha militato a lungo nelle file dell’ANPPIA della Sardegna, dimostrando sempre schiettezza e generosità, peculiarità che aveva insite nel suo nobile animo.
Giovanni Cuccu nel corso della vita ha pubblicato un libello dal significativo titolo “Contisceddusu” (raccontini in lingua italiana), con un preciso sottotitolo “Racconti e personaggi di un passato non lontano dai nostri giorni”.
Maurizio Orrù, giornalista, Segretario regionale ANPPIA Sardegna
Pubblicato venerdì 23 Settembre 2016
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