Romano Marchetti da giovane (foto gentilmente concessa da Laura Matelda Puppini)

«Non ho mai vissuto un periodo di così grande moralità come nella Resistenza, quando eravamo disposti a dare tutto, anche la vita, senza chiedere niente». Questa è la frase che Romano Marchetti, il partigiano “Cino da Monte”, mi disse l’ultima volta che lo incontrai poche settimane prima che morisse. Dopo pochi giorni avrebbe compiuto 106 anni ed era probabilmente il decano dei partigiani italiani. È spirato il 31 marzo di quest’anno.

Era nato a Tolmezzo il 26 gennaio 1913, di professione agronomo, era divenuto punto di riferimento di molti giovani, e presidente onorario della sezione Anpi di Tolmezzo.

Quella frase, quasi conclusiva di una vita, a mio parere, è la chiave per leggere la vita di Romano, sempre fedele alle sue idee e ai suoi principi, vita ricca di vicende, impegnata, tutta protesa a rendere veri e reali per la sua Carnia e la sua gente quei valori che sono stati appunto quelli del movimento di liberazione.

Marchetti aveva già esperienza di guerra: era stato impegnato sul fronte greco, sul Golico come ufficiale di artiglieria, maturando in quell’esperienza forti idee antifasciste. Ferito, poi, e una volta guarito, venne dichiarato idoneo solo a servizi sedentari, e mandato presso l’8° Alpini di stanza a Udine.

Romano Marchetti

Riandiamo al settembre 1943: Romano Marchetti, allora insegnante di topografia all’Istituto Zanon, oggi Marinoni, dal suo paese di Maiaso di Ampezzo, in Carnia, tre volte alla settimana scendeva a Udine, dove aveva trovato i primi contatti con uomini che avevano già scelto l’antifascismo e il progetto di costituire una formazione armata per combattere contro gli occupatori tedeschi e contro ciò che rimaneva del fascismo. Erano uomini del Partito d’azione, che poi avranno ruoli di primo piano nella formazione dell’Osoppo autonoma, Carlo Commessatti, Antonino Moro, Candido Grassi. E poi, attraverso costoro, Nino Del Bianco, Alberto Cosattini, Fermo Solari. Furono collegamenti preziosi per Marchetti che in Carnia iniziò a collegarsi con altri antifascisti, con Armando Zagolin, con Aulo Magrini, con Ciro Nigris e a lavorare per creare una rete di resistenza che nella seguente primavera avrebbe iniziato ad essere operativa.

Quando il 14 febbraio 1944 nacque l’Osoppo, prese contatti con Barba Livio e divenne delegato politico del Battaglione “Carnia”.

Da allora fu sempre attivo nella Resistenza col nome di copertura di Cino Da Monte, e combatté, dirigendo politicamente, fin che glielo hanno permesso, le formazioni partigiane osovane carniche. Credo non abbia mai preso in mano un fucile, ma fu sempre presente con le sue idee, con le sue convinzioni. La sua resistenza non fu mai soffocata dalla retorica, ma fu sempre legata alle gente e ai suoi bisogni. Non fu mai vuota di progetti, e questo fino alla bella età di centosei anni. Fu presente attivamente nei CLN della Carnia, fu uno degli ideatori e dei sostenitori della Repubblica partigiana della Carnia e dell’Alto Friuli, dell’unità delle formazioni osovane e garibaldine.

Finita la guerra, in Carnia finì l’8 maggio 1945, Romano Marchetti non abbandonò l’impegno che lo aveva portato alla Resistenza, pienamente intesa come lotta di liberazione e di creazione di condizioni di vita libere e decorose per la sua gente.

La Repubblica partigiana della Carnia e dell’Alto Friuli

Ma quella “Resistenza senza retorica” per lui continuò ancora, non cessò mai. Fu promotore del giornale Carnia, di cui uscirono 13 numeri. Questo periodico divenne lo strumento per la prima grande battaglia che Romano condusse dopo la Liberazione e che fu la realizzazione della Comunità montana della Carnia, di cui scrisse lo Statuto che intendeva dare caratteri di autonomia a quel territorio, nella prospettiva della realizzazione della Provincia della Carnia, che però non vide la luce, considerata da Marchetti unico strumento per salvare la Carnia dallo spopolamento, dal degrado e dall’emarginazione.

Superati i 40 anni di lavoro, Marchetti andò in pensione, e da allora mise le sue competenze al servizio dell’Alleanza Agricola, di cooperative come quella carnica e quella di Enemonzo. Seguì tutti i problemi della sua terra, con assidua tenacia, partecipando a convegni, studiando, sempre perseguendo obiettivi democratici. Fra gli altri impegni fu la riorganizzazione del sistema scolastico, di quello stradale, della difesa del patrimonio costituito dalle acque, di quello boschivo. E questo solo per citare alcuni dei suoi principali impegni, sempre tesi alla rigenerazione e alla valorizzazione della sua terra, la Carnia.

La sua lunga vita è stata un esempio di impegno civile, di dedizione alla propria terra e alla propria gente. Impegno e dedizione contrassegnati da una profonda onestà, da un comportamento moralmente integerrimo, da una profonda fedeltà ai valori della Lotta di Liberazione.

Alberto Buvoli, presidente onorario dell’Istituto friulano per la storia del Movimento di Liberazione, membro della presidenza onoraria dell’Anpi di Udine