Cimitero di Trespiano, il monumento che ricorda i deportati, realizzato nel 1996 da studenti, dettaglio
Firenze, al cimitero di Trespiano gli studenti del Michelangiolo con Anpi

Il 25 Aprile di Firenze è iniziato ben presto la mattina, così come da qualche anno a questa parte, a Trespiano.
Trespiano ospita il più grande cimitero della città, dove riposano i fratelli Rosselli, Calamandrei, Bocci e una lunga serie di nomi a cui la democrazia del nostro Paese deve molto.
Sarebbe però sbagliato definire “commemorazione” questo primo appuntamento per la Liberazione. Si tratta di una convergenza di molte istanze, costruite nel tempo, e che avviene in un luogo simbolico perché ricco di memoria viva.

Innanzitutto è la prima iniziativa permanente e ricorrente creata dalla Rete Democratica Fiorentina: una compagine di associazioni ed organizzazioni convocata nel 2021 seguendo l’impulso che veniva da “Uniamoci per salvare l’Italia”, l’appello nazionale di ANPI che chiamava ai valori della solidarietà e della prossimità, alla cultura politica dell’ascolto e dell’incontro. Uscivamo, ancora a fatica, dalla pandemia. Volevamo riprenderci quel pezzo di socialità e di partecipazione negatoci dalle misure per ostacolare la malattia.

La Rete Democratica Fiorentina è costituita, oltre che da ANPI, dalle declinazioni territoriali di ANED, ARCI, Associazione “Gli anelli mancanti”,  Associazione dei senegalesi ASFC, Azione Gay e Lesbica Lgbtqia+ community, CGIL, CISL, CNGEI, Coordinamento Democrazia Costituzionale, Centro Sociale Evangelico, Comitato democrazia costituzionale, Comitato per la difesa della Costituzione, Libera, Libertà e Giustizia, Rete degli Studenti Medi e Unione degli Universitari. Un insieme di forze variegate in un contenitore ampio e vitale che ha fin da subito rilanciato il senso civile in città. È poi, quel luogo, da troppo tempo ai margini delle ricorrenze. Non solo l’area del “Non mollare!”, dove si trovano le tombe o i cenotafi degli antifascisti che crearono il primo giornale clandestino antifascista, non solo Calamandrei che ha lasciato opere e parole indimenticabili, non solo i luoghi dell’ultimo riposo per veri e propri eroi e martiri della lotta al fascismo, ma anche molti monumenti che ricordano gli internati militari italiani, i deportati e tante altre categorie di persone che soffrirono il fascismo e il nazismo.

E negli anni passati era teatro di marce in stile militare da parte dei gruppi del neofascismo locale, perché sempre lì c’è un sacrario della Repubblica Sociale. Manifestazioni, quelle di Casaggì e CasaPound, che in aperta sfida alla democrazia e come rivalsa squisitamente fascista vengono effettuate proprio nei giorni della Liberazione nazionale e nella stessa ricorrenza locale, l’11 agosto. E se le prime volte hanno dovuto rabbiosamente spostare il proprio appuntamento, ma comunque mantenendone l’impostazione, per quest’anno si son trovati a fare un’iniziativa in sordina, subendo la pressione della presenza di così tanta parte della città e delle luci con cui ANPI ha illuminato le loro idee eversive e le connessioni con pezzi importanti di una destra che vorrebbe essere istituzionale, anche – va detto una volta tanto – grazie a Patria Indipendente.

Quest’anno l’intervento principale del 25 aprile è stato affidato alle studentesse e agli studenti del liceo aggredito da Casaggì

Infine vogliamo rivendicare la scelta di farne un evento non scontato e soprattutto ben saldo nel presente, ogni volta.

Quest’anno l’intervento principale l’abbiamo voluto affidare alle studentesse e agli studenti del Liceo Michelangiolo, che a febbraio hanno subito un’aggressione di stampo squadrista divenuta un caso nazionale. Perché di fronte a quell’avvenimento potessero dire a tutta la città cosa ne avevano tratto, quali insegnamenti e quale forza avessero ricavato da un attacco che voleva intimidirli. Non solo, l’abbiamo svolto di fronte al monumento che ricorda i deportati, a sua volta realizzato nel 1996 da altri studenti, la cui targa recita una frase che è anche il titolo dell’intera iniziativa di quest’anno: “diamo un futuro alla memoria”. In qualche modo è stata una scelta che riguarda la scuola del nostro Paese da ogni punto di vista e che centra l’obiettivo sulla memoria attiva, una proiezione verso il futuro.

È stato un battesimo di cittadinanza, l’essere catapultati dalla violenza sotto i riflettori di una società che non sempre ha voluto capirli. È stata un’iniziazione alla partecipazione consapevole, che è il mestiere primo della scuola, una iniziazione che hanno preso in mano e, insieme alla Firenze democratica, hanno costruito con le proprie mani.

Trespiano, monumento ai deportati

Qui di seguito il testo che Edoardo, rappresentante di istituto, ha letto il 25 Aprile a Trespiano.

“Il 25 aprile non è una ricorrenza come le altre, e neppure una ricorrenza, intesa come inerte ripetersi di un certo avvenimento, o il suo anniversario.
Il 25 aprile non è una ricorrenza come le altre perché non è nel passato, ma i suoi frutti, o meglio il suo frutto, la Costituzione, vive intorno a noi.
La Costituzione non è qualcosa che appartiene al dopoguerra soltanto, ma è viva, presente e modello di cittadinanza per tutti noi. La Costituzione è stata scritta per essere sempre attuale, ed è per questo che delinea idee, principi e valori piuttosto che disposizioni valide solo nel momento della stesura. La Costituzione è l’eredità dei migliaia di partigiani morti sognando quel grande faro della libertà, ovvero quell’Italia così bella.
Il 25 aprile non è una ricorrenza perché l’antifascismo e la Resistenza non sono e non devono essere storia, ma bensì il nostro presente.
La storia siamo noi, qui, ora, ed è necessario comprenderlo prima che ci passi a cavallo davanti agli occhi.
Non possiamo cambiare la storia, ma possiamo farla, giorno dopo giorno, azione dopo azione, verso un futuro migliore. Tutto inizia nelle scuole pubbliche, laiche, non di partito, che Calamandrei ricorda che debbano essere, in conformità alla Costituzione, aperte a tutti, in modo che i migliori di ogni classe possano contribuire, seppur per un brevissimo periodo di tempo, al miglioramento della società. I nostri compagni pestati, con le loro azioni, ci hanno ricordato che c’è ancora del buono nella nostra scuola pubblica, che continua a combattere e a resistere, a discapito di vent’anni di tagli e ridimensionamenti attuati dai vari governi di ogni colore politico.
Dunque la scuola come mezzo, di crescita, di formazione, di comprensione, di scambio di idee, ma mai come strumento.
Dal giorno seguente l’aggressione fascista al Michelangiolo, abbiamo visto per settimane varie testate giornalistiche, sempre appostate fuori dalla nostra scuola, o che cercavano di ricavare qualche dichiarazione, o che ricostruivano gli eventi, per usare un eufemismo, in maniera fantasiosa, a caccia di un titolo da schiaffare in prima pagina per vendere copie. Siamo stati al centro di una bufera, siamo stati il terreno di scontro di partiti che non hanno esitato e strumentalizzare la vicenda per darsi un tono, o accusare la controparte con modi che ricordano molto una disputa tra tifoserie. E noi studenti, con i professori, siamo anche scesi in piazza per chiedere l’attuazione della XII disposizione della Costituzione, la quale vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista, insieme a esponenti e partiti politici che sono stati al governo per anni, ma che non hanno fatto niente a riguardo.
Quindi da dove ripartire? Dalla scuola pubblica, dalla Costituzione e dagli studenti, i quali sono vitali, vivi, dinamici, pronti a essere la storia. Una volta una mia professoressa mi disse che la sua generazione era stata eccellente nell’analizzare la realtà, e che la nostra avrebbe dovuto cambiarla. Ecco, io credo che i giovani, oggi, al contrario di quanto viene spesso detto, non siano il futuro, ma il presente, un presente che ci ricorda che cambiare è possibile, che la Costituzione non è morta, che il 25 aprile non è una semplice festa, ma dobbiamo essere noi.
La storia siamo noi, qui, ora, e noi giovani siamo pronti a farla, siamo pronti ad acciuffare il futuro, un futuro che spesso sentiamo sempre più allontanarsi come l’orizzonte. Perché allora dovremmo continuare a lottare, a manifestare per gli ideali che il 25 aprile ci ricorda da ottant’anni, se ogni volta che facciamo un piccolo passo verso di loro, essi sembrano allontanarsi, e rimangono dunque irraggiungibili? In fondo a cosa serve l’orizzonte se non a camminare? E noi camminiamo e continueremo a camminare, conoscendo solo il prossimo passo di un percorso senza fine ma con un tracciato ben delineato, ovvero la Costituzione.
Che l’antifascismo in questo Paese l’abbiano risvegliato due ragazzi pestati perché difendevano le loro idee fa pensare molto, ma non la nostra generazione, bensì quella che aveva analizzato talmente bene la realtà che si era dimenticata di cambiarla. Non temete, il futuro è in buone mani, e, se la scuola pubblica verrà risollevata, sarà in mani ancora migliori, ma forse un certo tipo di potere non vuole che le persone, da tutte le classi, abbiano la possibilità di sollevarsi e avere un posto al sole per qualche istante. Perciò partiamo innanzitutto da noi stessi, cambiamo ciò che non va in noi, e poi potremo cambiare il mondo intorno a noi, partendo da quei valori e principi che la Costituzione pone come fari lungo il percorso nebbioso che è la nostra vita”.