
Il tutto mentre l’Inail certifica 28mila denunce di contagi Covid19 sul lavoro e almeno 98 morti, aggiornati al 21 aprile. Prendendo in considerazione le diverse attività produttive, il settore della sanità e assistenza sociale – in cui rientrano ospedali, case di cura e case di riposo – registra il 72,8% dei casi di contagio sul lavoro.
È scoraggiante, tuttavia, soppesare la diversa visibilità attribuita dall’informazione alla contabilità degli scomparsi per l’una o per l’altra tragedia. Non ci sono morti più importanti degli altri.

Attraverso statistiche e cronache, la dimensione drammatica degli incidenti sul lavoro sfuma d’intensità. È quanto viene denunciato dalla pièce “L’Italia è una Repubblica affondata sul lavoro” di Betta Cianchini, andata in scena settimane prima del lockdown, amarissima correzione al testo dell’articolo 1 della nostra Costituzione. Perché anche se non è l’arte a risolvere i problemi della società, li può denunciare.
«Ancora un altro operaio. L’operaio… Detta così sembra non sia successo niente. L’operaio è una parola che non fa male a nessuno. Mio figlio non era un numero. Era carne e ossa che mi hanno sfracellato in pezzi. Una poltiglia che è rimasta a terra» dice Maria, madre di Massimo, protagonista assente dello spettacolo teatrale.
Uno spettacolo politico e di forte impatto emotivo, che narra il dramma delle morti sul lavoro.

In meno di un’ora, scorre sulla scena non solo il racconto della tragedia, ma anche tutto il flusso di sentimenti, reazioni e ammonizioni che da quella esperienza nascono. E che possono avere un senso civile ed esistenziale per tutti gli spettatori, non solo per quelli che abitualmente devono fare i conti con la sicurezza sul proprio posto di lavoro. Di Massimo vediamo solo una bara, perché Massimo è morto mentre lavorava. Ma vediamo sua madre che non vuole che nella camera ardente entri «la gente che conta… che conta i morti ammazzati. Ma solo dopo che sono morti. Prima no. E che gliene frega. Non li voglio vedere. Me lo hanno ammazzato loro mio figlio».
I passaggi narrativi si animano su un palcoscenico disadorno, metafora di un mondo vuoto in cui la parola si pone come elemento centrale. La parola: arma bianca contro le morti bianche. Che poi di bianco queste morti non hanno proprio niente. Bianco allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’accaduto, invece la mano responsabile c’è sempre. Più di una.
All’emergenza lavorativa si è però sovrapposta quella sanitaria, che in questa tanto attesa Fase2 si concentrerà sulla sicurezza dei lavoratori dal possibile contagio da coronavirus, secondo nuove misure contenute nel decreto del 26 aprile, in accordo con sindacati e imprese. Quanto cambierà in termini di morti sul lavoro se lo stanno chiedendo in tanti.
Mariangela Di Marco
Pubblicato lunedì 4 Maggio 2020
Stampato il 04/06/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/affondata-sul-lavoro/