Cremeno, 82° anniversario della prima Resistenza a Genova, il 9 settembre 1943

L’hanno chiamata “l’altra Resistenza”, come il titolo del libro di Alessandro Natta, che fu uno di loro, la scelta dei militari italiani che l’8 settembre decisero di stare dalla parte della libertà, contro il nazifascismo, unendosi alle bande partigiane, moltissimi sapendo di pagare con la prigionia e la deportazione, altrettanti sfidando la morte.

Per questo un particolare valore ha avuto la cerimonia, tenutasi sabato 6 settembre alle porte di Genova, nella caserma “Nino Bixio”, sede del VI reparto Mobile della Polizia di Stato, durante la quale il presidente di Anpi provinciale Genova e coordinatore Anpi Liguria, Massimo Bisca, ha ricordato le vittime del combattimento di Cremeno, il 9 settembre 1943.

A poche ore dall’annuncio dell’armistizio, con la decisione di alcuni reparti dell’89° Fanteria, attraverso anche un confronto tra di loro, soldati, sottufficiali e ufficiali, decidono di resistere all’intimazione della resa tedesca intimata dalla 77° divisione germanica. Furono dodici le vittime di quella battaglia durissima, cui parteciparono anche cittadini della zona, nella Valpolcevera. Gli scontri durarono fino a sera, quando, a causa della scarsità di munizioni e sotto la minaccia dei bombardamenti tedeschi, gli italiani furono costretti ad arrendersi.

Il presidente provinciale Anpi Genova e coordinatore regionale Anpi, Massimo Bisca

Di fatto, il combattimento di Cremeno è il primo vero atto della Resistenza a Genova; ma il luogo dove si svolse è anche un punto fondamentale nella storia recente non solo di Genova.

La caserma di Bolzaneto fu infatti teatro, nei giorni del G8 del 2001, di quella “sospensione della democrazia” accertata dalle sentenze delle corti italiane ed europee, con le violenze e la privazione dei diritti contro giovani manifestanti provenienti da tutta Europa.

G8 Genova, una delle tantissime cariche della polizia contro i manifestanti

Questi i due elementi sui quali Bisca ha scelto di soffermarsi, ricordando l’importanza della scelta resistente fatta subito, nei primi giorni dopo l’armistizio, da tanti militari; riportando alla memoria i luoghi diversi da cui provenivano i morti di Cremeno (Paolo Alesi, Giovanni Begini, Angelo Coppola, Francesco Corno, Rino Franchin, GB Martinelli, Temistocle Ribacchi, Vito Sabatella, Giuseppe Trovato, Luigi Torre, Angelo Vigevani, mentre Adolfo Casale morì due giorni dopo a seguito delle ferite riportate), simbolo di quell’Italia che aveva deciso, dal Nord al Sud, di dire basta all’oppressione nazifascista.

Ragazzi di diciannove, vent’anni in prevalenza, nei quali la passione civile e il senso del dovere hanno prevalso nelle loro scelte. “Ma proprio perché siamo figli di quella coscienza democratica, non posso fare a meno di ricordare anche oggi e qui, che mentre 82 anni fa in questa caserma cadevano dei militari italiani per la libertà, in questo stesso luogo, anni dopo, quei principi e valori venivano calpestati brutalmente, come hanno confermato le sentenze della magistratura italiana e della Corte di Giustizia Europea”, ha detto Bisca.

E ha proseguito: “Una ferita inferta nel 2001 contro giovani indifesi che sono stati offesi e anche umiliati proprio da uomini in divisa che avrebbero dovuto tutelarli, come previsto dalle leggi dello Stato democratico e nel rispetto dei diritti inviolabili della persona; comportamenti che hanno colpito nel profondo dell’anima gli italiani, ne siamo rimasti sconcertati, perché andavano nella direzione esattamente contraria al patrimonio di valori democratici che ci aveva lasciato in dote chi ho citato. Una offesa alla democrazia e alla memoria di chi è caduto per essa”.

La consigliera comunale Donatella Alfonso in rappresentanza della sindaca di Genova, Silvia Salis

Il presidente di Anpi Genova ha quindi sottolineato il significato di aver intitolato, dopo i fatti del 2001, la biblioteca del VI° Reparto Mobile a Giovanni Palatucci, dirigente di polizia, morto nel lager di Dachau, colpevole solo di aver salvato centinaia di ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio. “Una lezione di vita che è più che mai attuale e proprio per far fronte alle difficoltà bisogna ripartire da quell’esempio, per consolidare la nostra democrazia e non potrà avvenire se ci sono egoismi e i peggiori istinti del genere umano”.

Il questore Giovanni Palatucci (foto Quirinale, fondo Gianni Bisiach)

Un applauso sincero e prolungato – presenti i rappresentanti di Comune di Genova, Città metropolitana e Regione Liguria, oltre che dei Comuni della zona, autorità militari, le sezioni Anpi del territorio – ha accolto questa considerazione. E la necessità che il seme di democrazia gettato in quella mattina di settembre, non venga mai dimenticato, come invece, proprio in quel luogo, è avvenuto un quarto di secolo fa.