Ogni anno in decine si recavano a Ravenna, sul canale Candiano, dove, nel cimitero monumentale, erano le spoglie del gerarca Ettore Muti, fascista della prima ora, segretario del Pnf dal 1939 al ’40, morto il 24 agosto 1943 a Fregene (RM), ucciso dai carabinieri che dovevano arrestarlo. Dopo l’8 settembre, nell’Italia occupata nacque prima una squadra di azione a lui intitolata e poi con la Rsi un battaglione ausiliario della Gnr, per diventare infine Legione autonoma. Che, spietata e famigerata, operò soprattutto a Milano e nel Cuneese. I suoi militi si renderanno responsabili di rastrellamenti, torture e violenze, e della strage di Piazzale Loreto.

Eppure senza vergogna in ogni anniversario un’associazione chiamava all’adunata, in passato davanti alla tomba del gerarca, poi da quando, sei anni fa, le spoglie sono state traslate dalla famiglia in una località segreta, l’appuntamento era al Monumento al Marinaio, in prossimità della chiesa del cimitero.

Lo stemma di Ravenna

Ravenna nel giugno 2018 ha adottato un regolamento comunale che vieta ogni spazio pubblico a organizzazioni e associazioni che si richiamano a fascismi, razzismi e xenofobia, concedendo l’autorizzazione solo previa sottoscrizione di una dichiarazione di rispetto della Costituzione Italiana, con riferimento alla XII disposizione, e delle leggi Scelba e Mancino. In caso di infrazione sono previste multe. Una scelta per cui l’Anpi (che in tutta Italia si è spesa per l’approvazione di questo tipo di delibere) espresse soddisfazione al sindaco Michele De Pascale.

Imperterriti i nostalgici erano disposti a pagare e anche a rispondere in tribunale delle trasgressioni alla norma. Ma se confidavano su un allentamento della vigilanza democratica, avevano fatto male i conti: cittadini e realtà democratiche hanno continuato a presentare denunce, come ha fatto lo scorso anno l’Anpi provinciale ravennate, guidato da Renzo Savini. “E da oggi, 80° dell’8 settembre, ci prepariamo più lieti – dichiara il presidente Savini – a festeggiare un calendario di ricorrenze che arriverà all’aprile 2025. Ravenna è Medaglia d’Oro per la Resistenza, da cui nacque la Costituzione, ed è la citta di Arrigo Boldrini, il leggendario partigiano comandante Bulow. Fu lui l’8 settembre 1943 a organizzare un comizio in piazza Garibaldi per richiamare alla lotta contro l’occupante nazifascista”.

La foto immortala un altro comizio del comandante Bulow. Dopo l’insurrezione nazionale e la vittoria della lotta di Liberazione, Arrigo Boldrini parla a Conselice (RA), è il maggio 1945

In prima fila per bloccare l’arroganza dei nostalgici la Consulta Antifascista di Ravenna, che ha presentato numerosi esposti e adesso esulta con il presidente Carlo Boldrini (figlio di Bulow) e rilancia. In un comunicato scrive: “I neofascisti si sono arresi e hanno rinunciato. Secondo la Corte Costituzionale la libertà di espressione se calpesta un altro diritto è limitabile, come in questo caso, perché è apologia del fascismo e il fascismo è escluso dalla libertà di espressione”. Prosegue Boldrini: “Finalmente i ripetuti esposti alla Procura promossi dalla Consulta Antifascista di Ravenna, firmati da numerose decine di cittadini contro i neofascisti organizzatori; le multe per violazione del regolamento comunale, che vieta celebrazioni fasciste in quelle aree; i numerosi comunicati stampa di protesta democratica e le petizioni al Prefetto, li hanno al fine fiaccati e fermati”. Da qui l’invito esteso a tutte le comunità di “adottare un regolamento comunale che vieta l’occupazione di aree pubbliche (quali anche quelle cimiteriali) insidiate da manifestazioni neofasciste con relative forti multe. Entrambi, regolamento e multe, sono stati convalidati da Tar e Giudice di pace”.

(Imagoeconomica, Marco Cremonesi)

Il suggerimento inoltre è di presentare “esposto alla Procura nel caso si tengano tali raduni in luoghi pubblici, segnalando l’apologia di fascismo, aggravata se i partecipanti gridano “camerata…presente” o facciano saluti fascisti. Questi sono reati”. Infine non va sottovalutata “l’importanza mediatica di comunicati stampa di protesta e di petizioni al Prefetto”.

Va detto che spesso le manifestazioni sono autorizzate e che la giurisprudenza non è univoca. Proprio a Ravenna lo scorso marzo in trenta hanno visto il loro caso, risalente alla manifestazione di tre anni fa, archiviato. Questa volta però l’indignazione democratica ha ottenuto il risultato auspicato. È stato proprio l’ex responsabile territoriale dell’associazione che organizzava il raduno a gettare la spugna e dichiarare la resa: “Da quest’anno non si faranno più, troppi esposti e querele”.