A Budapest si sospende la democrazia con la scusa del coronavirus. Il parlamento ungherese – affacciato con la sua imponente architettura su un fiume che tanta storia (e tanti cadaveri) ha trasportato nelle sue acque – ha approvato una legge che permette all’esecutivo del primo ministro Viktor Orbán di governare per decreto. Sine die. Non dovendo più, cioè, ricorrere in futuro all’approvazione dell’assemblea nazionale. Il motivo, a detta del leader magiaro, è poter gestire in maniera più efficace la diffusione del covid-19.
I voti a favore sono stati 137, i contrari 53. E se la legge è stata accolta senza batter ciglio dal capo dello Stato János Áder, uomo di fiducia di Orbán, a gridare al colpo di stato sono le opposizioni, compreso il partito di estrema destra Jobbik.
Pieni poteri a Viktor Orbán quindi, quelli che anche a casa nostra erano stati invocati da un bagnasciuga una manciata di mesi fa, quando era lontanissima anche solo l’idea di una minaccia mondiale di origine virologica. Già evocarli non promette mai nulla di buono, ma veder realizzati deja-vù politici sulle sponde del Danubio, dove molte libertà civili sono congelate da qualche anno, rimanda ad altri periodi bui della storia vissuta dagli ungheresi.
“Viktator”, così ormai da tempo viene definito Viktor Orbán dalla sempre più esigua e minacciata stampa d’opposizione, ha inferto un duro colpo alla democrazia nel Paese.
Se la caccia al rom, la demonizzazione dello straniero, la campagna politica contro Soros (il finanziere di origine ungherese molto citato anche dai sovranisti di casa nostra) e “i suoi amici” (si veda la vicenda dell’Università centrale europea di Budapest costretta a chiudere e trasferitasi a Vienna) hanno preparato il brodo di coltura, questo ulteriore voto a trazione autoritaria è andato in porto quasi in automatico agli occhi dell’opinione pubblica.
Chi è contro questa legge è a favore del virus, ha spiegato lapidariamente il primo ministro. Discussione chiusa.
Il corona-alibi permetterà a Orbán di prolungare lo stato di emergenza in vigore nel Paese e, senza limiti, fin dal 2015. Dichiarato per la crisi dei migranti sulla rotta balcanica e mai sospeso, insieme alla nuova legge speciale permetterà di decidere sullo scioglimento dell’assemblea legislativa, di governare soltanto per decreto, di agire in maniera restrittiva anche sulle leggi esistenti, di abrogare le elezioni. Chi si permetterà di criticare il governo o chi diffonderà notizie ritenute false a giudizio dello stesso esecutivo o notizie che possano “allarmare o agitare l’opinione pubblica” pagherà con 5 anni di carcere. «Orbán ha gettato la maschera e oggi comincia la sua dittatura», ha dichiarato il leader dei socialisti ungheresi, Bertalan Toth.
Il progetto di legge era stato già criticato dal Consiglio d’Europa, dal Parlamento europeo, dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e dall’International Press Institute. «Durante i suoi anni come primo ministro, Orbán ha presieduto a un arretramento dei diritti umani – ha dichiarato David Vig, direttore di Amnesty International Ungheria – ha aizzato l’ostilità nei confronti di gruppi marginalizzati e ha cercato di ridurre al silenzio le voci critiche. Autorizzarlo a governare per decreti significherà con ogni probabilità proseguire lungo quella strada».
Va ricordato che nel 2010 Orbán è stato scelto per guidare il Paese in elezioni libere, poi però i voti del 2014 e del 2018 sono stati chiaramente manipolati, tanto che nel 2019 il centro studi statunitense Freedom House ha definito l’Ungheria “parzialmente libera”, classificazione usata per la prima volta in riferimento a uno Stato dell’Unione europea. L’Ungheria è un Paese che si regge su fondi comunitari e negli ultimi anni ne ha approfittato soprattutto in tema di agricoltura. Allo stesso tempo il primo ministro ha continuato ad accusare Bruxelles di essere al servizio del “complotto globale ebraico”.
Nel 2018 Fidesz, il partito nazionalista e ultraconservatore di Orbán, ha cambiato la legge sulle manifestazioni pubbliche e perciò un incontro tra due persone è già considerato una manifestazione politica.
Secondo il sito di analisi Visegrad Insight, con la legge legata alla pandemia da coronavirus si è “scoperchiato il vaso di pandora sull’istituzionalizzazione della censura”, un’occasione eccezionale per silenziare una volta per tutte i dissidenti, specialmente i giornalisti. «La legge sullo stato di emergenza in Ungheria rispetta i valori dell’Unione europea», ha cinguettato su Twitter il segretario di Stato ungherese per le relazioni internazionali, Zoltan Kovacs, pubblicando la dichiarazione della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Respingendo ogni accusa, Kovacs ha dichiarato: «Siamo completamente d’accordo con quanto dichiarato da von der Leyen: ecco perché lo stato di emergenza ungherese e le misure straordinarie sono conformi ai trattati e alla costituzione ungherese e mirano esclusivamente a combattere il coronavirus. Rispetta i valori dell’Ue, lo stato di diritto, la libertà di stampa». La preoccupazione primaria dell’esecutivo di Budapest è quella di “proteggere le vite umane”. La stessa situazione sanitaria in Ungheria, con un numero di casi di covid-19 decisamente inferiore a quello dei Paesi vicini, non si presta a una presa di posizione così forte da parte delle autorità. Il portavoce del governo ha poi rilevato come le “false tesi” dei critici vadano a danneggiare gli sforzi volti a fermare la diffusione del contagio.
A insorgere, tra i primi nel nostro Paese, è stata la presidente nazionale dell’Anpi, Carla Nespolo: «A chi vaneggia sulla legittimità formale di tale decisione va ricordato – ha dichiarato la presidente dei partigiani italiani – che anche Mussolini e Hitler andarono al potere con una copertura di legittimità». Carla Nespolo ha chiesto all’Unione europea una risposta ferma e decisa: «Nel 75esimo della Liberazione esigiamo che l’Ue espella l’indegno regime ungherese che ha tradito il patto antifascista da cui è nata l’idea di Europa».
In Italia i sovranisti, invece, si sono precipitati a lodare la legge liberticida di Orbán, augurando buon lavoro al primo ministro magiaro. Per ora in Ungheria in quarantena è solo la democrazia.
Antonella De Biasi, giornalista e saggista. È stata redattrice del settimanale “la Rinascita”. È autrice e curatrice di “Curdi” (Rosenberg & Sellier 2018)
Pubblicato martedì 31 Marzo 2020
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