L’ingombrante presenza del neofascismo alla manifestazione del centrodestra del 19 ottobre scorso, in piazza San Giovanni a Roma, aveva scosso qualcuno.
L’annuncio che CasaPound avrebbe inviato un nutrito gruppo di militanti ha prodotto una frattura in Forza Italia e qualche imbarazzo da parte della Lega che ha chiesto di cacciare chi avrebbe fatto il saluto romano.
Alla fine, sebbene non risulti che qualcuno se ne sia lamentato, qualche saluto romano si è visto lo stesso e pure lo sventolare di una fugace bandiera repubblichina. Ma non sono state le formazioni dell’estrema destra a portare quei simboli.
L’atteggiamento di CasaPound verso il centrodestra di Salvini e Meloni, ma anche verso Berlusconi, ha fatto una brusca inversione di marcia. Dalle accuse a Salvini di essere un traditore per i toni più moderati in tema di Unione Europea fino all’esplicita richiesta di essere accettati fra le fila di un’opposizione unitaria.
Del resto Simone di Stefano era stato chiaro: “Sarò in piazza anche io. Non è il momento di dividere, ma di unire. E costruire con ogni mezzo una rivolta popolare, culturale e democratica a questo osceno governo di usurpatori. Dobbiamo portare i nostri temi e le nostre idee, perché questa opposizione ha bisogno di un’anima e di una visione chiara dello Stato e della nazione che vogliamo. Non solo immigrazione e tasse, ma anche la casa, il lavoro, i figli, i salari, lo Stato sociale devono essere al centro di questa visione”.
In fondo anche la decisione di non presentarsi più alle elezioni con il proprio simbolo, ribadito significativamente proprio il 19 ottobre all’arrivo in piazza, è stato un modo di proporsi non più come avversari o concorrenti: portare una “dote” di presenza territoriale, di associazionismo e militanza in cambio di un “matrimonio” politico.
Bisogna vedere se Lega e Fratelli d’Italia accetteranno la proposta, dato che in certi ambienti qualcuno ancora ricorda bene quel che CasaPound ha fatto al Movimento Sociale Fiamma Tricolore, entrandovi organicamente nel 2006 per poi, dopo aver tentato un colpo di mano ai massimi livelli, venirne espulsi nel 2008 ma svuotando da dentro il partito delle energie più giovani e attive. Non a caso con quelle energie CasaPound, gruppo allora ancora essenzialmente locale, diviene il progetto nazionale CasaPound Italia.
Quindi i saluti romani non sono stati certamente di CasaPound, in fondo erano stati molto chiari: “È sicuro: se qualche mentecatto domani farà il saluto romano in piazza non sarà certo un militante di CasaPound. Per noi è un gesto sacro da rivolgere solo ai caduti. Chi lo fa in piazza ad una manifestazione di centrodestra è una scimmia mitomane al servizio dei media”. Con la classica comunicazione di CasaPound a doppia fruizione, pensata sia per il pubblico esterno (“mentecatto”, “scimmia mitomane”) che interno (“gesto sacro”).
Insomma, il problema per gli organizzatori della manifestazione era l’impresentabilità di un gesto e non la sostanza delle idee: a suo modo è un messaggio politico.
Ma CasaPound non è stato l’unico soggetto politico che gravita nell’estrema destra ad aderire alla manifestazione del 19 ottobre. Una sigla meno conosciuta, Generazione Popolare, ha sfilato in quella piazza.
Con striscione, fumogeni e bandiere sia loro che italiane (ma anche una bandiera siriana), erano presenti una trentina di militanti, esclusivamente maschi, giovani o giovanissimi.
Generazione Popolare è un “progetto politico e comunitario” di NES, comunità militante romana attiva dal 2007, la cui sigla sta per “nihil est superius” (niente è superiore). A partire da importanti legami con Fratelli d’Italia, ultimamente NES è fra quelle realtà che si stanno avvicinando a grandi passi alla Lega: dalle manifestazioni con Gioventù Nazionale a quelle con la Lega Giovani in sostegno al governo ungherese di Orban, per finire agli incontri con la redazione de Il Talebano. Un cambiamento, questo, sottolineato anche dal recente cambio nella dirigenza (con la massima responsabilità adesso affidata significativamente ad un romano residente a Milano) e dalla fuoriuscita dall’usurata Azione Universitaria, storicamente vicina a FdI, per fondare Direzione Università a fine settembre 2019. Questa nuova sigla studentesca è attiva a Milano (Università Cattolica), Roma (Roma Tre) e Siena.
Generazione Popolare ha alcuni evidenti debiti verso CasaPound, almeno dal punto di vista dell’immaginario comunicativo. Quando, orientativamente all’inizio di questo decennio, NES ha iniziato ad avere aspirazioni di livello nazionale è passata alla dicitura NES Italia. Il recente “Direzione Università” riecheggia lo slogan “Direzione Rivoluzione” e “Direzione Parlamento” usati da CasaPound Italia rispettivamente per le feste nazionali e durante le politiche del 2018. Infine gli incontri culturali di Generazione Popolare sono denominate “Riflessioni non conformi”, riprendendo il consolidato filone ideale di Gabriele Adinolfi, principale ispiratore della metapolitica casapoundiana.
Nel 2018 la band storica di NES, gli Ennessepì (ovvero NSP, “Nazionali Sociali Popolari”, slogan di NES; che non casualmente riprendono e includono il nome degli “ennepì”, ovvero i “nuotatori-paracadutisti” della Decima MAS), si è sciolta salutando i fan con un “Got mitt uns”. Il ricambio è affidato ai Senza Nome, attivi dal 2017.
Chi non c’era il 19 ottobre è Forza Nuova. La presenza di Silvio Berlusconi e le ultime dichiarazioni di Salvini, che escludono l’uscita dall’Unione Europea, hanno portato Roberto Fiore a dire di no a quella piazza.
La capacità di mobilitazione di Forza Nuova non è – diciamo così – particolarmente brillante, come dimostrato dalla loro annunciatissima manifestazione nazionale a Prato nel marzo 2019, dove riuscirono a raggruppare non più di 150 militanti. D’altronde la presenza di CasaPound non è stata certo oceanica, e se hanno dichiarato di aver portato 1.500 persone in piazza San Giovanni, la realtà pare indicare un numero decisamente più vicino a un ordine di grandezza inferiore.
Esultando per il risultato elettorale umbro il Primato Nazionale, organo di stampa di CasaPound, parla di trionfo del “destra-centro”, esprimendo soddisfazione sia per la vittoria in sé che per una componente moderata ridotta al lumicino.
I “pieni poteri” di Salvini o l’insistenza sprezzante sul parlamentarismo di Meloni hanno un’origine chiara e preparano un terreno culturale di debolezza democratica. Se non di veri e propri regimi di democrazia illiberale alla Orban o alla Erdogan, che sono leader separati sul piano degli interessi ma in sintonia sull’idea di stato e società.
Il punto quindi non è una sorta di “conta del fascista” e in fondo neppure i saluti romani, che costituiscono un sintomo e non una causa. Il punto è il recupero, in alcuni casi un vero e proprio “scippo”, come per lo slogan “Prima gli italiani”, di temi, idee e parole del neofascismo e dell’estrema destra.
Quale proposta di società futura è stata fatta a quella piazza e all’Italia intera?
Pubblicato giovedì 31 Ottobre 2019
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