
Criminalità organizzata, conflitti, sfruttamento del lavoro e della terra, violenza di genere, carceri e migrazioni. Sono tra i temi affrontati dal Centro di giornalismo permanente (Cgp), un collettivo composto da ex allievi della Scuola di giornalismo della Fondazione dedicata ai due intellettuali antifascisti Lelio e Lisli Basso.

Lo sfruttamento del lavoro e della terra è stata la tematica affrontata da Maurizio Franco e Maria Panariello del Cgp che hanno illustrato quanto la pandemia da Covid19 abbia implementato le piattaforme di e-commerce della grande distribuzione e quanto queste abbiano continuato ad allontanarci dall’origine del cibo, considerato merce, privato del suo valore, dalla sua origine, dalle mani che lo lavorano, mani spesso di persone condannate all’invisibilità dei ghetti e sottoposte al ricatto di caporali che le privano di diritti e dignità.

In questa filiera sporca, fatta di diritti negati e dove il cibo viene degradato a prodotto di consumo in un mercato governato dalle multinazionali, cosa possiamo fare noi consumatori? È la domanda a cui risponde Fabio Ciconte, direttore di Terra!, associazione che porta avanti battaglie ambientali e sociali, che illustra: “Attorno alla retorica del consumatore si è costruito il senso di colpa secondo cui se non fai un acquisto consapevole non sei degno di questa società. Ma davvero tutti possono fare un acquisto consapevole in un tempo dove le povertà aumentano? In questi anni – continua Ciconte – da consumatori quali siamo ci siamo trasformati in categoria sociale e la soluzione per me è ritornare ad essere persone, cittadini e cittadine che tornano a fare politica, a prendere parola nelle questioni della società che non sono distanti dalla vita delle persone, dismettendo i panni del consumatore che pensa di poter cambiare le cose solo con l’acquisto individuale, che è importante ma non è tutto”.


Roma non è stata definita “aperta” solo dal film di Roberto Rossellini che restituisce lo strazio vivido di una capitale sotto occupazione nazista: ci hanno pensato anche le organizzazioni criminali. Ne ha parlato Floriana Bulfon, autrice di numerosi reportage contro le mafie e profonda esperta del clan dei Casamonica. “C’è un’apertura anche sotto il profilo delle dinamiche criminali che ha visto nascere delle joint venture, società miste in cui ci sono organizzazioni criminali campane, calabresi e siciliane che si innestano alla malavita romana. Questi ibridi nati con il covid si sono ampliati. Qualche tempo fa, la Procura di Roma ha infatti smantellato la prima organizzazione considerata locale”.
Ma la criminalità organizzata si avvale anche di collaborazioni straniere. “Vari gruppi, come quelli albanesi, collaborano con la ’ndrangheta nel narcotraffico, soprattutto a livello internazionale. Questo perché solo in Italia esiste il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e uno ndranghetista ha tutto l’interesse a non toccare la droga. Per droga puoi essere arrestato ovunque, per droga la Dea si mette sulle tue tracce, per droga le collaborazioni tra le polizie di diversi Paesi si attivano subito, mentre per associazione a delinquere è diverso”, spiega Giulio Rubino, docente della Scuola di giornalismo della fondazione Basso e co-fondatore di Investigative Reporting Project Italy (IRPI).

Nell’approfondimento “Ora d’aria” si è inoltre parlato di carceri italiane, di cui Patria si è sempre occupata nel tempo, con il contributo di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale.
Mariangela Di Marco
Pubblicato sabato 1 Ottobre 2022
Stampato il 29/11/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/il-caporalato-non-e-da-prima-pagina/