I diritti delle popolazioni afrodiscendenti, una maggiore conoscenza del loro contributo storico-culturale allo sviluppo delle società, la lotta contro il razzismo: sono questi alcuni dei temi che si stanno sviluppando durante la “Decade Internazionale dell’Afrodiscendente: 2015-2024” proclamata dall’Assemblea Generale dell’ONU.
In America oggi sono presenti circa 200 milioni di afrodiscendenti che, nonostante i diritti acquisiti nel corso degli anni, continuano a subire razzismo e discriminazioni. Ad esempio, in Brasile, dove risiede la maggiore popolazione afrodiscendente fuori del continente africano, la probabilità di essere povero per un afrobrasiliano è due volte maggiore rispetto a un brasiliano bianco. Anche per questi motivi è importante ricordare il “Dia Nacional da Consciência Negra” (giornata nazionale della consapevolezza nera), che si celebra in Brasile ogni anno il 20 novembre. La data vuole ricordare la morte di Zumbi dos Palmares, uno dei più grandi leader afrobrasiliani che si batté per la liberazione del popolo contro il sistema schiavista. Venne ucciso dai portoghesi nel 1695 e divenne simbolo indiscusso delle secolari lotte per i diritti umani degli afrobrasiliani.
A livello mondiale, gli anni 60 del XX secolo furono marcati da dichiarazioni dell’ONU sulla lotta al razzismo, e culminarono con l’istituzione del 1971 come “Anno internazionale della lotta contro il razzismo e la discriminazione razziale”. La Giornata della “Consciência Negra” nacque proprio in quegli anni ad opera del Movimento negro brasiliano, ma entrò a far parte dei programmi scolastici solo nel 2003, e venne istituita come data festiva nel 2011, durante il governo della presidente della Repubblica Dilma Rousseff. Fu importante creare questa festività come una sorta di “riparazione per i danni subiti dalla popolazione afrodiscendente del Brasile”.
Nel Paese sudamericano, su un totale di 211.711 milioni di abitanti, il 55.8% è formato da afrodiscendenti che ancora oggi hanno una probabilità 2,7 volte maggiore di essere vittime di violenza rispetto ai bianchi. La probabilità aumenta nella fascia di età compresa tra 15 e 29 anni: ogni due ore si perdono cinque vite. Muoiono afrodiscendenti poveri, periferici, invisibili, innocenti, o assoldati dalla malavita. Secondo “L’Atlas da Violência”, da poco pubblicato in Brasile, nel 2017 su 65.602 omicidi, il 75.5% delle vittime sono stati afrodiscendenti. Spesso si tratta di persone rese vulnerabili da un sistema escludente e discriminatorio che opera anche in altri Paesi come, ad esempio, gli Stati Uniti. Eppure, l’uccisione di un afro da parte della polizia, negli Stati Uniti provoca agitazione e rivolta, mentre in Brasile la notizia raramente raggiunge la maggioranza della popolazione.
Nell’ottobre 2019 un articolo del giornale O Globo ha messo in evidenza come le morti ad opera della polizia di Rio de Janeiro siano cresciute del 127% in soli 4 anni, ma, secondo una ricerca del SEPPIR (segretari nazionali di politiche per la promozione dell’uguaglianza razziale), il 56% dei brasiliani concorda con l’affermazione che “la morte violenta di un afrodiscendente sciocca la società meno della morte di un bianco”. La società vive quasi come se la morte violenta di un afro fosse un destino inevitabile. La filosofa Hannah Arendt descrive il fenomeno come la banalizzazione del male, cioé “arrendersi all’epidemia dell’indifferenza”.
La lotta al razzismo coinvolge aspetti relativi al contradditorio processo di sviluppo brasiliano che ha prodotto violenze sociali visibili in varie forme.
Un dato allarmante dell’IBGE (Instituto brasileiro de geografia e estatística) sottolinea che gli afro sono i più colpiti da disoccupazione, lavoro minorile, analfabetismo, abbandono scolastico, ma non solo. Nel 2018 tra coloro che abitavano case con carenze igieniche, 69.404 milioni erano afro, 25.015 milioni erano bianchi; senza raccolta di rifiuti vive il 12,5% degli afro contro il 6% dei bianchi; senza approvvigionamento idrico il 17,9% contro 11,5% dei bianchi; senza fognature sanitarie il 42,8% contro il 26,5% dei bianchi. Possiamo quindi facilmente immaginare, durante la grave epoca pandemica che stiamo vivendo, quali possano essere le tristi conseguenze per questa fascia della popolazione. Le disuguaglianze razziali affondano le radici in motivazioni storiche mai superate nella società brasiliana. Ricordiamo che in Brasile la tratta degli africani ebbe inizio nella metà del secolo XVI e si protrasse fino al XIX secolo.
Nell’arco di tre secoli, dal golfo del Benin e dal Sudan 5 milioni di africani schiavizzati giunsero nella colonia portoghese d’oltremare. Ma alla base odierna, oltre alle motivazioni storiche, esiste un razzismo strutturale, e il segno più noto di ciò è la “naturalizzazione della esclusione”.
Perciò la giornata della “Consciência Negra” costituisce anche una occasione per riflettere sul processo di inclusione sociale degli afrobrasiliani. Uno dei fattori importanti per il riequilibrio sociale e per eliminare le disuguaglianze è l’intervento delle politiche pubbliche. È il caso di alcune leggi come quella approvata nel 2012 sulle quote razziali, che riserva il 50% dei posti negli atenei federali a studenti provenienti dalle scuole pubbliche, dando priorità a afrodiscendenti e indigeni; quella sui pregiudizi razziali nel 1989, quando il paese uscì da una lunga dittatura; o la legge del 2003, durante il governo del Presidente Luiz Inácio da Silva, Lula, che istituì l’obbligo di insegnare storia e cultura afro-brasiliana nelle scuole, obbligo lasciato, in realtà, al buon senso di ogni singolo professore, come abbiamo constatato in una nostra indagine nelle scuole brasiliane. L’educazione scolastica è perciò molto importante per combattere la violenza e sviluppare una coscienza critica, come ha più volte affermato lo studioso e educatore bahiano Moises Oliveira, da tanti anni in diretto contatto con giovani e adolescenti in situazione di “vulnerabilità socio-economica”: “É necessaria una volontà politica per comprendere l’importanza del ruolo dell’educazione sociale per i giovani poveri, periferici e afrodiscendenti che, attraverso l’istruzione scolastica, possono avere possibilità di dare un nuovo significato alla propria vita. É fondamentale una prassi pedagogica emancipata e liberatrice che intervenga non solo in senso nozionistico, ma anche in senso riflessivo, con discussioni su tematiche sociali contemporanee, in grado di ampliare il pensiero critico e aiutare così il processo di inclusione e trasformazione dell’intera società brasiliana”.
Antonella Rita Roscilli, giornalista brasilianista
Pubblicato venerdì 20 Novembre 2020
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