Un tavolo di confronto e di approfondimento a tre voci si è svolto a Barletta, su invito dell’Anpi Barletta e Anpi Bat, per entrare nella complessità della drammatica vicenda bellica che dal 24 febbraio è protagonista indiscussa di notiziari, talk-show e programmi di approfondimento. Una guerra “complessa”, quella attuale: così la definiscono Ugo Villani, già professore ordinario di diritto internazionale; Ferdinando Pappalardo, vicepresidente dell’Anpi nazionale e docente universitario di Teoria e storia dei generi letterari, e mons. Leonardo D’Ascenzo, arcivescovo della diocesi di Trani Barletta Bisceglie, con la puntale ed efficace moderazione di Antonella Morga, coordinatrice dell’Osservatorio regionale sui neofascismi.

Il prof Ferdinando Pappalardo (Imagoeconomica)

Al centro della riflessione, ovviamente, la guerra. O meglio, il dialogo mancato, i negoziati diplomatici, la pace, la sicurezza del mondo intero. Un excursus storico quello aperto dal prof Pappalardo, ricordando come i 75 anni “di pace” dalla Seconda guerra mondiale a oggi siano stati interrotti dal drammatico conflitto nei Balcani, di cui nessuno pare ricordare. “Pensavamo che la globalizzazione ci avrebbe garantito sicurezza e avrebbe zittito le istanze nazionaliste – precisa il prof Pappalardo – ma così non è stato. Perché, per uscire dalla spirale delle guerre e del riarmo, occorre cambiare paradigma”. E ricorda passaggi storici importanti in merito al conflitto dei Balcani, alla Nato, all’Europa.

Ugo Villani, già prof ordinario di diritto internazionale (editriceave.it)

Doveroso è stato anche un passaggio sulla Resistenza per restituire verità alla storia: con essa, infatti, si fa riferimento a uno specifico movimento storico europeo (e non solo italiano) di cui sono stati protagonisti tutti coloro che – in Italia come in Grecia o in Francia, nell’allora Jugoslavia e in Albania – si opponevano al nazifascismo, lo osteggiavano e combattevano “fuori” da un regolare esercito.

L’arcivescovo Leonardo D’Ascenzo (Imagoeconomica)

Nulla a che vedere, dunque, con l’esercito ucraino al quale oggi forniamo le armi. Esercito di cui fanno parte, certo, tanto singoli cittadini, quanto forze mercenarie: esercito di un popolo che, certo anche questo, resiste all’aggressione russa.

Ma la Resistenza in senso stretto è un’altra cosa. E l’uso dello stesso termine in accezioni diverse può generare confusione e non aiuta la memoria di specifici movimenti e tempi della storia. Cosa è questa guerra? Anche guerra per procura. Perché su territorio ucraino si combatte anche per interessi di terzi soggetti coinvolti, un’Europa strana, la nostra, che anziché essere coesa, combatte. Un’Europa che, da globalizzata, erge muri: ben 13 Paesi – ricordano i relatori di questo incontro – hanno chiesto aiuti economici all’UE per blindare le proprie frontiere.

Soldato Onu all’aeroporto di Sarajevo durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina (wikipedia)

E che sia una guerra complessa lo dice anche il prof Villani che aiuta i presenti a porre ordine nelle informazioni sul mancato o meno interesse e intervento degli organismi internazionali. Guerra russa, non operazione speciale, legittima? E invio di armi legittimo o incompatibile con l’art 11? Guerra ingiustificata, illegittima. Un’aggressione, quella russa, da condannare. Perché non si può invocare la dottrina “guerra preventiva”, costruita ad arte nel 2002 in occasione della guerra in Iraq. Una “teoria” che non piacque alle Nazioni Unite. Non esistono legittime guerre preventive. E non si può invocare alcun intervento umanitario. “Né l’uno né l’altro hanno cittadinanza giuridica”, ci illustra Villani.

(Imagoeconomica)

Peraltro, l’impianto consuetudinario del diritto internazionale ha nel tempo ampliato il rifiuto della forza armata: della guerra, insomma. Quindi, nessun giustificativo per l’attacco russo in Ucraina. In un puntuale e chiaro excursus giuridico, Villani conclude che, se pur l’invio delle armi può essere considerato lecito sotto il profilo giuridico, non è certo moralmente accettabile né doveroso. E spiega con altrettanta puntualità l’importante risoluzione dell’Onu, approvata con 140 voti a favore, ma con valore solo esortativo e non giuridicamente vincolante.

(Unsplash)

E così via, Villani ha proposto un breve approfondimento degli articoli 11 e 52 della Costituzione, tra il ruolo dell’Onu e una strana Europa poco coesa e con evidenti “chiaroscuri” rispetto alla sua autonomia dagli Stati Uniti. Se la condanna dell’aggressione è ferma per tutti, lo è anche della pretesa che l’invio di armi possa risolvere questo o altri conflitti. Il ruolo del nostro Parlamento esce fortemente indebolito da questa vicenda. Perché le armi sono secretate anche allo stesso Parlamento e perché la liceità di questo invio resta tale – sempre sotto il profilo giuridico – se restiamo in ambito di difesa. E sino a quando sarà così? E in caso contrario chi decide il nostro intervento in guerra? Si sono davvero espletati tutti i tentativi di risoluzione negoziale della controversia?

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La voce di mons. Leonardo D’Ascenzo è unanime nella condanna della guerra, anzi, di tutte le guerre, seguendo i passi di Papa Francesco. Del resto, il pensiero di Bergoglio e quello della Chiesa è ben sintetizzato nel titolo dell’ultimo libro del pontefice, Contro la guerra. E nell’analizzare i punti della dottrina sociale della Chiesa cattolica, mons. D’Ascenzo evidenzia la necessità di passare dal “cainismo” attuale allo “schema della pace”. Seguiamo papa Francesco, seguiamo le parole dell’enciclica Fratelli tutti e cambiamo prospettiva, paradigma. La Chiesa, afferma D’Ascenzo, segue la logica del Vangelo. Anzi, lo sguardo di Dio, che è simile a quello di una madre che mai “armerebbe il figlio più fragile, più debole, perché si possa difendere dall’altro fratello nel corso di un litigio”. L’invito è a essere, conclude D’Ascenzo, “pacificatori”, perché saranno beati tutti i costruttori di pace.

Rosa Siciliano, giornalista di “Mosaico di Pace”, rivista di Pax Christi