Appunti, scatti fotografici, ricordi e dialoghi. Il progetto itinerante “Il gioco dell’oca” racconta, attraverso volti, nomi e storie, le principali rotte dei migranti che dall’Africa subsahariana al Medio Oriente e all’Asia si snodano fino al cuore d’Europa.
Una ricerca “a passo lento”, sviluppatasi nell’arco di circa dieci anni, cominciata dai campi sfollati della Siria e proseguita a Claviere, Kharkiv, al passo del Brennero e per due volte lungo la rotta balcanica. Poi Calais, le enclave spagnole di Ceuta e Melilla, Lampedusa, Senegal.
Le immagini ne ritraggono frammenti simbolici: quotidianità dimenticate all’interno dei campi sfollati; singoli e comunità in cammino. Gli scatti inquadrano volti dagli occhi che interrogano.
Così il sorriso di Ieda, 24 anni, e Mohamed, 31, genitori di Jood, 6 mesi, provenienti dal campo profughi di Yarmouk (periferia di Damasco, Siria) e accolti dalla Caritas nel villaggio di Bilisht, frazione del comune di Devoll, 9 chilometri dal confine greco.
O gli sguardi di Baran, 23 anni e di Beyan, 58, mentre preparano il Babaganoush, tipica crema araba a base di melanzane aromatizzate con menta, aglio e limone mostrano la quotidianità all’interno del campo profughi di Vagiochori, allestito per i profughi e i migranti di passaggio, in maggioranza siriani, curdi e afghani, provenienti dalla Turchia via terra.
Attenzione e premura che ritrovi in Bosnia, in una vecchia casa della gioventù ormai fatiscente, chiamata Daçki Dom, usata come centro d’accoglienza per centinaia di profughi e migranti di passaggio nella città di Bihac, dove Bilal, un ragazzo pakistano di 27 anni, cucina il pranzo all’ultimo piano della struttura.
Oppure la speranza di una salvezza cercata oltre il filo spinato del centro d’accoglienza “Voenna Rampa Camp”in Bulgaria, lo scorso agosto 2024.
Come nel gioco dell’oca, basato unicamente sulla fortuna (o destino) e dove la casella di arrivo va raggiunta con un lancio di dadi esatto, altrimenti si retrocede o si ricomincia daccapo.
Ciò può riflettere la circolarità della Storia, le guerre costanti, le spirali di violenza che spesso tornano a galla tra propagande, opportunismi, fili spinati. Sembra voler dimostrarlo una donna quando anni fa mostrava la fotografia della sua casa distrutta nei pressi di Sloviansk, Donbass.
Allo stesso modo potrebbe essere stata realizzata oggi in decine di luoghi la scritta apparsa a Claviere, confine italo-francese, nel maggio 2018.
Non mancano i corpi, che testimoniano direttamente un vissuto difficile da raccontare: tra le fotografie selezionate vi è quella di una bambina che porta un cappello con la scritta “Happy”. Amira non sorride, non piange, ma guarda e chiede, forse, di vedere.
Matthias Canapini, scrittore, giornalista e fotografo, è nato a Fano nel 1992 e dal 2012 viaggia per raccontare storie con taccuino e macchina fotografica, documentando aree di conflitto, i viaggi della speranza di migranti e richiedenti asilo, le memorie partigiane lungo Alpi e Appennini. “Il gioco dell’oca” è diventato anche un libro per i tipo di Prospero editore
Pubblicato lunedì 9 Settembre 2024
Stampato il 07/10/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/servizi/migranti-se-la-salvezza-e-un-gioco-delloca-con-la-morte/