Il primo erano andati a prenderlo a Little Elm, in Texas, a neanche due ore di macchina da casa, vicino a Dallas. Elmer Stewart Rhodes, capo dei miliziani Oath Keepers, parlava al telefono con uno dei suoi legali: “Avvocato, siamo l’Fbi, arrestiamo il suo cliente per cospirazione sediziosa”.

Quel giorno, il 13 gennaio, la narrazione dell’assalto al Campidoglio è cambiata. E così la percezione di quanto stia davvero succedendo nella destra trumpista americana dopo quattro anni di presidenza e oltre uno di opposizione monoclonale, il cui solo argomento è “mi hanno rubato le elezioni”. Perché in modi diversi ma politicamente affini, quell’assalto al Campidoglio è ancora in corso.

Il presidente Usa, Joe Biden (Imagoeconomica)

Esattamente una settimana prima, il presidente americano Joe Biden aveva tuonato contro “il pugnale puntato alla gola della democrazia americana”, commemorando l’arrembaggio al Parlamento del 6 gennaio di un anno fa. Nessun repubblicano era a Capitol Hill a ricordare le cinque vittime, tra cui un poliziotto: tutti in Georgia al provvidenziale funerale di un senatore, scomparso in dicembre e inumato al rallentatore. Ma tutti hanno commentato che non c’è stata alcuna insurrezione. Il senatore della Florida Marco Rubio l’ha detto proprio al Senato: “Non mi interessano tutte le veglie con musica e candeline, non convincerete mai gente sana e normale che il governo sia stato quasi rovesciato da un tizio con elmo vichingo e braghette da ciclista”. E il mezzobusto di Fox News Brits Hume: “Consideriamo il 6 gennaio un’insurrezione sulla base di quanti sono stati accusati di insurrezione. Cioè nessuno, fino ad oggi”.

Tre ore dopo questi commenti, l’Fbi si presentava a casa di Elmer Rhodes e di altri dieci Oath Keepers sparsi per gli Stati Uniti. Sul mandato d’arresto c’era scritto seditious conspiracy. Quell’assalto era una gigantesca squadraccia fatta di milizie armate e qualcuno la dirigeva.

Formalizzare accuse è una cosa ma provarle è tutt’altra. Questo è particolarmente vero per gli Stati Uniti e per il reato di cospirazione sediziosa, desueto capo d’accusa prebellico, cugino del Sedition Act del 1918 e dello Smith Act del 1940 con cui gli Stati Uniti estirparono il sindacato radicale di sinistra che agitava l’industria delle forniture di guerra.

In tempo di pace, la cospirazione sediziosa è servita più che altro a seppellire in galera gli indipendentisti di Puerto Rico. Gli eredi di Pedro Albizu Campos presero novant’anni a testa nel 1980, per un centinaio di attentati in cui non morì né venne ferito mai nessuno – e dopo “soli” 18 anni Bill Clinton graziò la portoricana Carmen Perez, su intercessione di Tutu e Jimmy Carter. La cospirazione sediziosa funzionò anche contro il gruppo comunista United Freedom Front, una ventina di bombe e nove rapine in banca tra il ’75 e l’85. Al massimo splendore il gruppo contava su 8 (otto) membri, non proprio le Brigate Rosse: erano tre coppie moglie-e-marito e due scapoli, spararono a bruciapelo su un agente del traffico che li aveva fermati: 50 anni di galera anche a loro.

Più recentemente, la cospirazione sediziosa è stata imbracciata contro lo “sceicco cieco” Omar Abdel-Rahman, l’islamista egiziano che ordinò il primo attentato contro il World Trade Center, quel furgone pieno di esplosivo fatto saltare nel parcheggio sotterraneo delle Torri Gemelle nel febbraio del 1993. Arrestato quattro mesi dopo e condannato all’ergastolo in isolamento, morto in carcere per le coronarie nel 2017, a 78 anni. E più o meno basta.

Uno dei gruppi suprematisti bianchi

Il reato di sedizione ha funzionato persino meno contro le formazioni fasciste e razziste, che pure fioriscono negli Stati Uniti. Negli ultimi ottant’anni ne sono state incriminate solo quattro, sempre assolte. Nel 1987 furono incriminati 14 suprematisti bianchi di un gruppo del Michigan chiamato The Order, con piani che andavano dalle bombe negli edifici del governo al cianuro nell’acqua di New York e Washington: tutti assolti – due o tre di quei gentiluomini finiranno in seguito all’ergastolo o all’iniezione letale come assassini di neri ed ebrei. Nel 2010 i procuratori federali piombarono su una milizia di fondamentalisti cristiani e “patrioti” chiamata Hutaree, che lottava contro l’Anticristo progettando l’omicidio di qualche giudice: nove arrestati tra Michigan, Ohio e Indiana, tutti rilasciati sulla parola e poi assolti. E così ogni altro caso.

Il problema, all’epoca, furono gli informatori: quasi tutti miliziani essi stessi, una volta arrestati parlavano a raffica per guadagnare sconti di pena o nascondere peccatucci (chi era poligamo in una setta cristiana, chi si era fregato i soldi della sua milizia…). Da allora la procura federale è stata sempre molto reticente con il reato di cospirazione sediziosa, e il procuratore generale Merrick Garland lo ha anche detto esplicitamente di recente a chi lo criticava per aver incriminato oltre 700 assaltatori del Campidoglio, ma per reati comuni e con sentenze decisamente miti – l’85% subito scarcerati, una frequenza doppia della media. Tra le eccezioni c’è lo sciamano con le corna in testa Jacob Chansley detto “Jake Angeli”: 41 mesi di prigione.

L’assalto al Capitol Hill il 6 gennaio 2021

Ma le milizie c’erano e ci sono, anzi sono state protagoniste della jacquerie a Capitol Hill, e agli atti ci sono centinaia di messaggi social in cui gli Oath Keepers raccomandano di portare le armi, di salire la scalinata, di togliere la parola al vicepresidente Mike Pence prima che potesse dichiarare Biden vincitore.

L’era di Trump ha fatto fiorire i miliziani come mai prima. Sono un fenomeno carsico, i “patrioti” armati, che affiora in occasione delle crisi, e quella scatenante questa volta si chiama Barack Obama: il nero alla Casa Bianca e la crisi economica del 2008 sono stati stato troppo da sopportare. E dalle catacombe dei monti Appalachi, dove il fucile d’assalto Ar-15 è appoggiato a fianco dell’alambicco clandestino, o dalle periferie de-industrializzate del Michigan, sono riemersi e hanno trovato il loro volto istituzionale: Donald Trump.

Elmer Rhodes, fondatore degli Oath Keepers

Elmer Rhodes ha fondato gli Oath Keepers (“quelli che mantengono il giuramento”, forse 5.000 membri) nel 2009, poco dopo l’elezione di Obama. È un uomo massiccio e barbuto di 57 anni, un ex militare che ha puntato senza successo ai Berretti Verdi, con la mimetica sempre addosso e una benda da pirata all’occhio sinistro – si è sparato in faccia da solo quando gli cadde la pistola. Non è il dropout che ha cura di sembrare: è laureato in legge a Yale e per un po’ ha esercitato nel Montana (“qualità Ivy League senza il costo dell’Ivy League”), praticando anche come poco conosciuto blogger dell’ultradestra. Fino agli Oath Keepers, diventati col tempo una delle poche milizie distribuite in tutti gli Stati, persino incaricate il 6 gennaio di fare da scorta a un consigliere speciale di Trump. Con questo pretesto i capi del gruppo si erano riuniti in un albergo vicino a Washington, pianificando di intervenire a mano armata come “forza di reazione rapida”. Lo hanno fatto su Signal, una app che permette di scambiarsi messaggi cifrati, non leggibili nemmeno dalla piattaforma che li trasmette. Subito dopo il 6 gennaio, Signal è diventata per un breve periodo la app più scaricata negli Usa, e parte del merito va a Elon Musk, che sdegnato con i grandi social twittò “Usate Signal” – ma mise il link sbagliato e rese ricca la piccola applicazione sanitaria Signal Advance. Mentre i big della Rete chiudevano le stalle dell’odio dopo che i buoi erano scappati, e per quella irresponsabile ma lucrosa disattenzione i capi di Facebook, Whatsapp e Google sono stati convocati dalla commissione di inchiesta che indaga sull’assalto a Capitol Hill.

Ma usare Signal non è bastato. Esponenti delle altre milizie “nazionali” come i Proud Boys e i Three Percenters erano già stati incriminati per l’assalto al Campidoglio, ma per reati comuni e come singoli individui.

La pure complicatissima accusa di sedizione contro Rhodes e i suoi Oath Keepers ha cambiato l’intero quadro.

Enrique Tarrio, numero uno dei Proud Boys, è stato arrestato e dovrà rispondere di cospirazione sediziosa

E ora con l’accusa di sedizione arriva l’arresto di Enrique Tarrio, 38 anni, leader dei Proud Boys, che non aveva partecipato all’assalto, perché arrestato due giorni prima per aver incendiato uno striscione di Black lives matter, a Washington, e liberato con l’obbligo di restare fuori dalla capitale americana.

Con l’eccezione di Aryan Nation, che però è una gang carceraria di forse 10mila membri, l’ultradestra americana di rado è nominalmente fascista – e non sarebbe reato, a differenza che in Italia.

Le milizie che George Washington volle per affrontare gli inglesi si sono evolute in gruppi suprematisti bianchi, fondamentalisti religiosi, antisemiti, anti-governisti ed evasori fiscali politicamente motivati, nemici del “Nuovo Ordine Mondiale” come descritto da mazzi di teorie complottiste. Sembrano matti, e spesso lo sono. Ma sono tanti.

La sede centrale del Southern Poverty Law Center a Montgomery, Alabama

Il Southern Poverty Law Center è uno studio legale no profit fondato nel 1971 da un avvocato progressista bianco dell’Alabama, Morris Dees. Che nel periodo dei diritti civili ebbe un’intuizione: facciamoli pagare. Le sue letali cause di risarcimento hanno fatto chiudere per bancarotta una quantità di gruppi razzisti e suprematisti con molta più efficienza degli agenti federali. Il Splc non si fa pagare dai suoi clienti, ma un’intensa attività di raccolta fondi l’ha reso ricco (oggi ha quasi mezzo miliardo di dollari di finanziamenti garantiti) e in grado di svolgere un’attività che confina con lo spionaggio: censire i gruppi d’odio.

Il rapporto annuale del centro di Montgomery, Alabama è la più completa radiografia dell’ultradestra americana, viene saccheggiato da ogni media degli Usa ed è adoperato anche dall’Fbi. Non a caso si chiama Intelligence Project. L’ultimo censisce accuratamente 566 “gruppi estremi antigovernativi”. Di questi, 169 sono milizie, cioè gente armata. Molti sono gruppuscoli di contea o di paese, ma i più diffusi e pericolosi sono gli Oath Keepers, i Three Percenters e un pugno di propagandisti delle cospirazioni come John Birch Society, World Net Daily e InfoWars, il giornale online fondato da Alex Jones, “il teorico della cospirazione più prolifico dell’America contemporanea”, secondo il South Poverty Law Center. Queste sigle hanno una particolarità: sono state tutte usate o richiamate da Donald Trump nella sua terrificante campagna elettorale del 2020 e nel programma “Save America” dell’anno successivo.

Superata l’ondata di sdegno, infatti, settimana dopo settimana Trump ha reso i partecipanti alla sua “Marcia per salvare l’America” degli eroi, semplicemente ricandidandoli. Il prestigioso giornale online Politico ha individuato almeno 57 partecipanti all’assedio che hanno già preso parte a elezioni per i parlamenti statali o altri incarichi pubblici nel 2021, altri 24 concorrono per i seggi federali di Camera e Senato che si voteranno nelle elezioni di midterm in novembre, e 5 aspiranti governatori di stati pesanti come la Pennsylvania o il Michigan.

Sembra che non ci siano più una destra eversiva (le milizie) e una destra rappresentativa (il partito repubblicano). C’è una destra sola, negli Stati Uniti. E non è mai scesa dalle scale del Campidoglio.