Corso nazionale del Fronte della Gioventù nel 1981. Da sinistra: Gianfranco Fini, Giorgio Almirante, Maurizio Gasparri e Almerigo Grilz

Era maggio quando è stato istituito il Premio giornalistico Almerigo Grilz, celebrato a 70 anni dalla nascita come “primo inviato italiano caduto su un campo di battaglia nel dopoguerra” (venne ucciso in Mozambico nel 1987 a soli 34 anni). Il riconoscimento, rivolto a giovani reporter di guerra under 40, è stato presentato in pompa magna a Milano alla presenza del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, amico di Grilz, che era stato militante del Fronte della Gioventù e, forse per questo passato inglorioso, considerato come “l’inviato ignoto”, per usare le parole di Toni Capuozzo, presidente della giuria che assegnerà il premio (membri sono Maurizio Belpietro, Fausto Biloslavo, Giovanna Botteri, Gian Marco Chiocci, Peter Gomez, Mauro Mazza, Gian Micalessin, Gabriele Micalizzi, Gianfranco Peroncini, Gabriella Simoni e Francesco Semprini).

Fortunato Depero, “Marinetti temporale patriottico”. Opera sulla home del sito dell’associazione Centro Studi Primo Articolo che nel manifesto di presentazione scrive: “(…) è la proiezione delle ambizioni di una comunità che vuole darsi un’organizzazione e annunciarsi alla Storia. Si impernia sulla sovranità, sull’identità e sul lavoro, quali tre espressioni di una schietta visione del mondo”

Il riconoscimento è stato ideato dall’associazione culturale “Centro Studi Primo Articolo”, un gruppo di destra sovranista che nel suo manifesto pone come obiettivi la sovranità e l’identità. Peccato che a questo sparuto gruppetto di pubblicisti hanno tenuto bordone, come membri della giuria, giornalisti del calibro di Giovanna Botteri della Rai e Peter Gomez del Fatto Quotidiano.

La morte in Mozambico. Colpito da un proiettile vagante”, Almerigo Grilz non morì in Mozambico per salvare la vita a un bambino, come i tre inviati Rai Marco Lucchetta, Saša Ota e Dario D’Angelo, a Mostar il 28/1/94; né fu ucciso come Ilaria Alpi e Miran Hrovatin a Mogadiscio il 20/3/94 in esecuzione di un ordine emanato da chi temeva che l’inchiesta condotta dalla giornalista scoperchiasse il verminaio che era in corso in Somalia.

Il logo bandiera di Renamo

Negli anni 80, mentre i pediatri triestini dell’Irccs materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste erano impegnati in Mozambico in una missione umanitaria di cooperazione, le bande antigovernative del Renamo terrorizzavano la popolazione con attentati e uccisioni, arrivando persino a sparare alle assistenti sanitarie che portavano le vaccinazioni nel territorio.

Terroristi finanziati dai razzisti della Rhodesia e del Sudafrica. Si trattava di tagliagole prezzolati con il compito di sabotare, con attentati e uccisioni, il governo mozambicano: la maggior parte delle azioni erano rivolte contro la popolazione civile con stupri, massacri e mutilazioni, per non parlare dell’incendio di scuole e di ospedali. Il Dipartimento di Stato statunitense riferì di almeno 8.000 bambini uccisi o fatti morire di stenti. Non risulta che Grilz abbia mai fatto parola di quelle stragi di civili, dimostrando di essere stato non solo privo della necessaria pietas, ma anche omissivo: un perfetto reporter di guerra! Quale esempio per i giovani inviati da premiare…

Il passato squadrista. Inutile ricordare il passato neofascista di Almerigo Grilz che nelle scorribande violente del Fronte della Gioventù amava esibirsi nel saluto nazifascista. Espulso dall’Università di Trieste per aver mandato all’ospedale a colpi di bottiglia quattro studenti (uno rischiò di perdere un occhio e un altro riportò venti punti di sutura alla testa), fu poi a capo della spedizione punitiva (camuffata da comizio) nella frazione triestina di Longera nel 1983. In compagnia di Roberto Menia (attualmente senatore in quota FdI), di Paris Lippi (poi vice-sindaco di Trieste) e dell’attuale consigliere comunale di FdI Antonio Lippolis, con una colonna di camerati del Msi, al grido di “morte ai s’ciavi comunisti”, Grilz provocò una serie di aggressioni nei confronti dei residenti, compresa  l’antifascista Emilia (Milka) Kjuder (arrestata e torturata, sedicenne, nel corso di un rastrellamento nazifascista nel marzo 1945), colpita con un cric e poi ricoverata al pronto soccorso. Un bell’esempio per i giovani giornalisti, non c’è che dire!

“Inviato ignoto”? Nel proporre il premio, Fausto Biloslavo e Gian Micalessin si sono lamentati perché, a loro dire, su Grilz c’è un colpevole silenzio, dimenticando che dopo la sua morte, la giunta di centro-destra triestina gli dedicò una via nella turistica e sempre affollata zona di Barcola: una vergogna per Trieste democratica.

Addirittura nel mese di maggio 2017, dopo un bombardamento mediatico finalizzato a glorificare la figura di Grilz, definito «il primo giornalista italiano caduto su un campo di battaglia dalla fine del Secondo conflitto mondiale», la giunta triestina di centro-destra sponsorizzò una mostra agiografica a lui dedicata, “I mondi di Almerigo”, nel palazzo comunale Costanzi. Successivamente seguì l’installazione di un’altra mostra (anche questa sponsorizzata dall’amministrazione comunale), in cui l’associazione Gli occhi della guerra espose foto di Grilz e dei suoi ex camerati del Fronte della Gioventù triestino, con lui fondatori dell’Agenzia di stampa Albatross (sempre Biloslavo e Micalessin) con tanto di commemorazione istituzionale nell’aula consiliare per la «figura e la vicenda umana, politica e professionale di Almerigo Grilz».

Ma quali meriti giornalistici ebbe Grilz, oltre a pubblicare sulla “Rivista Italiana di Difesa”? Vediamo assieme alcuni passaggi tratti da un suo articolo, scritto quattro anni prima della sua morte. “L’unica terza via possibile, quella creata da Benito Mussolini, si leva prepotentemente in contrapposizione ai miti falliti del Socialismo reale e alle bare dorate dei modelli capitalistici e social-democratici. Una terza via, quella fascista, che non fu ristretta al nostro Paese ma seppe estendersi e dilagare in tutta Europa, e persino fuori di essa. (..) Non basta proclamarsi continuatori del Fascismo a parole. Scorriamo le fotografie di allora: gli squadristi che bruciano l’Avanti, il Duce alla testa delle camicie nere, la trasvolata di Italo Balbo, le bonifiche, i volontari in Spagna contro il comunismo. Tutto è movimento, lotta, mobilitazione, entusiasmo. (..) Benito Mussolini ci ha lasciato qualcosa di immensamente grande: un’Idea. Facciamola vivere e marciare, nell’Italia di oggi, verso il futuro”. L’autore di questo farneticante programma politico è proprio il celebrato giornalista Almerigo Grilz, in un pezzo pubblicato su “Trieste Domani” nel febbraio 1983: per i forti di stomaco l’articolo completo è facilmente reperibile in internet.

La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, negli Usa (Imagoeconomica via Palazzo Chigi)

Sì, proprio il camerata Grilz commemorato di recente dai consiglieri comunali triestini che sostengono il sindaco Dipiazza e omaggiato col saluto nazifascista nella centrale via Paduina (ex sede del Fronte della Gioventù) da un gruppetto di nostalgici camerati, presente anche l’assessore regionale all’ambiente del Friuli-Venezia Giulia, Fabio Scoccimarro. Quel camerata Grilz, onorato persino dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, anche negli Usa con le seguenti parole: “Voglio onorare coloro che proprio facendo questo lavoro sono caduti e il mio omaggio non può che non andare in particolare a uno dei pionieri di questa professione, Almerigo Grilz (..) che rappresenta un riferimento per ogni inviato di guerra. E sono molto felice che alla sua memoria sia stato nei giorni scorsi dedicato un premio giornalistico”.

Chissà se Meloni si riferiva anche all’articolo inneggiante a Mussolini, un esempio di delirante revisionismo nostalgico per i futuri reporter under 40: più che di giornalismo, si tratta di vera e propria apologia di fascismo. Che è ancora un reato.

Pierpaolo Brovedani, presidente della sezione Anpi-Cgil Trieste