«Spero che il mio libro metta fine all’abitudine di parlare di strategia o agenda trumpiana, come se il Presidente agisse in base a una visione delle cose. Non è così», è in questo modo che la psicologa Mary Trump, figlia di Fred jr., fratello di Donald, vuole che si intenda il suo libro. Libro che racconta una serie di spietati ricordi e situazioni familiari che sono all’origine di una personalità malata di narcisismo e di imbroglione sistematico. Leggiamo così l’analisi psicopatologica di un Presidente che non ha nessuna capacità di comprensione dell’altro e nessuna capacità di accettare il dissenso; allo stesso tempo si tratta di un uomo che manca di qualsiasi visione o idea su come si governa una nazione. Insomma un libro sulla mente di Trump e la sua assurda presidenza, con pagine di miseria umana che ricordano le Vite dei Cesari di Svetonio.

Mary L. Trump, Too much e never enough: How my family created the world’s most dangerous man, Simon & Schuster, New York 2020

 

Fiore di roccia racconta le vicende di quelle donne di montagna che, durante la Grande Guerra, aiutarono l’esercito italiano portando cibo e altro per impervi sentieri, le cosiddette ‘portatrici’. Con le loro gerle capienti e pesanti, sottoposte ai tiri dei cecchini austriaci, trasportavano viveri, medicinali e armi. Il personaggio centrale di questo romanzo, Lucia, è ispirato alla friulana Maria Plozner Mentil, uccisa da un cecchino nel 1916, unica donna decorata con Medaglia d’Oro al Valor Militare. Ilaria Tutti racconta una storia di coraggio, resistenza e di abnegazione: «Anin, senò chei biadaz ai murin encje di fan – Andiamo, altrimenti quei poveracci muoiono di fame». E ancora, come dice un ufficiale, il capitano Colman, a Lucia: «È questo che siete. Fiori aggrappati con tenacia a questa montagna. Aggrappati al bisogno, sospetto, di tenerci in vita».

Tuti, Fiore di roccia, Longanesi, Milano 2020

 

Secondo Carlo Fruttero questo era uno dei libri più belli sugli anni ’43-’45. Lodovico Terzi (classe 1925), di famiglia fascista, a 18 anni si arruola nell’esercito della Repubblica di Salò. Ma è una scelta senza convinzione, non dovuta a fede ideologica ma inerte a fedeltà familiare. Una volta tra i repubblichini, rimane a guardare gli eventi di fronte a un’altra Italia, quella della Resistenza, che seppe scegliere la parte giusta. Due anni senza gloria è dunque il racconto di quella zona grigia di leviana memoria, cioè dell’Italia che in molti casi non ebbe il coraggio etico di scegliere. Nel dopoguerra Terzi incontrerà Giulio Bollati, si iscriverà al Pci e svolgerà l’attività di traduttore per Einaudi. Tutta la confusione del giovane Terzi traspare in queste parole: vuole arruolarsi ma così, solo per fare esperienza, il suo professore di italiano e latino gli risponde: «Il desiderio di fare esperienza è sterile, non produce esperienza. Un’autentica esperienza della guerra la fa solo chi ci va costretto, oppure mosso dal sentimento nazionale».

Terzi, Due anni senza gloria 1943-45, Torino, Einaudi 2011