La scomparsa di Franco Citti è una sorta di colpo di grazia alla purezza. Seppure strafottente, macchiata di espedienti ruberecci, “ma eravamo ladri de frutta no de banche, eravamo innocenti”, come sottolineò in un’intervista del 1985. La scomparsa di Franco Citti è l’ultimo grido d’amore e bellezza di Pier Paolo Pasolini, con cui il nostro ebbe un sodalizio che durò fino all’orrore dell’Idroscalo. L’attore romano è morto nella sua casa di Fiumicino, a 80 anni, dopo una lunga malattia, con la consueta povertà materiale ad accompagnarlo, e le sequenze ossessive di una carriera dove vita e finzione avevano le stesse vene, dove il sangue del mondo “di sotto” stava inesorabilmente smettendo di scorrere. E così Accattone, Mamma Roma e in parte gli altri film di Pasolini, con Franco sempre nei panni di una figura centrale, si sono innestati nella memoria di tanti come la tenera sfida della terra alle avvisaglie di sterminio del “progresso”.
“Semo rimasti in due” fu la risposta dell’attore a Carmelo Bene nel corso di una puntata del Maurizio Costanzo Show, come a testimoniare l’avvenuto disastro e la difficoltà di sintonizzarsi con un mondo quotidianamente in corsa, ambizioso, smemorato, con i baci programmati, le carezze violente, le strade da vendere. La difficoltà di un momento di riscatto per i “poveracci”, i “ricchi de core”. Era solo. Col sogno ingrigito di ricostruire una borgata, di sorridere di nuovo in trattoria, con Pier Paolo e l’amato fratello Sergio. E immaginando ora il corpo inerte di Franco, mi viene in mente un passaggio della prefazione di Alfonso Gatto al suo Il Capo sulla neve (1947): “…chi non s’è visto assediato dalla propria faccia in tutta la terra, in tutto il gelo, in tutti i morti incredibili fissati quasi senza pietà per quel cuore duro che dentro ingrandiva, in ogni alba, in ogni notte (…) non potrà mai dire di essere esistito, di aver lottato come un uomo offeso”. Ciao “Accatto’ ”!
Pubblicato venerdì 15 Gennaio 2016
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