È il Giorno della Memoria, le iniziative si susseguono e ci si interroga sempre più sul modo di esercitare la memoria che, purtroppo, non potrà più contare sul contributo straordinario e doloroso che generosamente i sopravvissuti allo sterminio del nazifascismo hanno dato in vari modi per anni. La loro testimonianza diretta è insostituibile, anche se i loro racconti resteranno su pagine, e non solo, intense e strazianti.
Il libro delle due giovani storiche Francesca Druetti e Benedetta Rinaldi ci porta dentro il progetto degli Stolpersteine, le pietre d’inciampo, che ha coinvolto e continua a interessare le strade e le piazze di tutta Europa e che, nel 2017, è giunto anche in Argentina. Gli Stolpersteine dell’artista tedesco Gunter Demning, nate per ricordare le vittime del nazifascismo, sono il “più grande monumento diffuso d’Europa” e sono uno degli esempi più alti di memoria attiva, una risposta al quesito sul come esercitare la memoria. Il libro Le pietre della memoria ha un approccio storico importante e al tempo stesso coinvolgente e permette al lettore di comprendere un “agire” della memoria che gli Stolpersteine interpretano con grande forza e che il libro sottolinea bene.
Il libro è diviso in tre parti e colpisce già dal formato quadrato, che ricorda le pietre d’inciampo. Nella prima parte si ricostruisce la nascita del
progetto artistico di Gunter Demning, le radici, le ragioni, il modo in cui si è sviluppato, a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso, a Colonia, dove tutto è iniziato. Un progetto che coinvolge comunità e scuole, istituzioni e singoli cittadini, proseguendo, in questi giorni, con nuove pose. Gli Stolpesteine diventano elementi d’identità condivisa che trasformano strade, piazze e quartieri. Ogni aspetto di questi quadrati d’ottone inciso che ci capita di incontrare camminando nelle nostre città è stato pensato da Demning. Si parte dal nome, il cuore pulsante delle pietre d’inciampo perché – come recita il Talmud – “una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome”. Racconta infatti Demning: «sono sempre inorridito ogni volta che incido i nomi, lettera dopo lettera. Ma questo fa parte del progetto perché così ricordo a me stesso che dietro quel nome c’è un singolo individuo. Si parla di bambini, di uomini e di donne che erano vicini di casa, compagni di scuola, amici e colleghi. E ogni nome evoca per me un’immagine. Vado nel luogo, nella strada, davanti alla casa dove la persona viveva. L’installazione di ogni Stolperstein è un processo doloroso ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della memoria di qualcuno». Nelle parole dell’artista tedesco c’è tutto il senso profondo di questo progetto. Questi “richiami” della memoria hanno conosciuto anche terribili atti di vandalismo che Druetti e Rinaldi ricostruiscono nel capitolo Chi ha paura delle Pietre d’Inciampo? attraverso pagine che restituiscono tutta l’importanza e l’urgenza di una memoria attiva, che agisca sulle coscienze combattendo l’indifferenza.
La sezione centrale del libro ci porta in un percorso storico nei vari Paesi europei, che dagli anni del fascismo e del nazismo, degli orrori, delle occupazioni, delle deportazioni e degli stermini arriva a oggi, attraverso il rapporto con la memoria e con gli stessi Stolpersteine. Ne esce una mappa spesso disomogenea che costituisce un importante elemento di riflessione sulla storia, ma anche sull’attualità e che ci dice molto su chi eravamo e su chi siamo. L’ultima parte si sofferma invece su alcune storie, divise per i vari Paesi, che le pietre della memoria evocano. Quelle storie che rendono la memoria vibrante, che trasformano quei nomi, quei luoghi e quelle date incisi sulle targhe d’ottone, in racconti, ricordi, esistenze che possiamo provare a ricordare, immaginare, rendendo tangibile l’astrattezza di un nome e una data.
È un libro che si legge d’un fiato, ricco e intenso, che chiede di essere letto e riletto, rivelandosi anche un eccezionale strumento didattico. Demning stesso, come ci ricordano Druetti e Rinaldi, coinvolge da sempre le scuole “prima, dopo e durante la posa delle Pietre”. Tanti sono i percorsi, gli spunti, le fonti che questo libro suggerisce. Come per gli Stolpersteine «possiamo fermarci, scegliere di vedere le tracce, leggerle. Inciampare, insomma, col pensiero, e decidere di comprendere. Agire». Diversi possono essere i modi in cui insegnanti, studenti e studentesse possono scegliere di agire: questo libro è, da questo punto di vista, un materiale di stimolo eccezionale.
Druetti e Rinaldi ci ricordano inoltre che la memoria non è “neutra”, non può e non deve esserlo e, come sottolinea Silvia Antonelli nella prefazione «ricordare le vittime della Shoah non può slegarsi al rifiuto perentorio di una società basata proprio sulla stessa visione del mondo che condusse a quella tragedia. Significa, infatti, rifiutare la dialettica del noi e del loro, del dentro e fuori i confini; rifiutare di dividere l’umanità tra coloro che godono di diritti e coloro che alle libertà principali non hanno accesso. Semplicemente, vuol dire fare dell’antifascismo la lente attraverso cui guardare alla contemporaneità».
Amalia Perfetti, insegnante e presidente sezione Anpi Colleferro “La Staffetta Partigiana”
Ci sembra doveroso, a titolo di cronaca, proporvi Mi chiamo Cesira Sed, l’elaborato audiovisivo realizzato dalle studentesse Alice Guglielmetti ed Eleonora Riccardi della classe IV M del Liceo “G. Marconi” di Colleferro (RM), con la partecipazione della piccola Elisa R., dopo la lettura del libro Le Pietre d’Inciampo. Il video sottolinea la necessità della memoria attiva, di un impegno costante e che non si limiti solo alle celebrazioni del Giorno della Memoria, ma che sappia attingere ai più alti valori e porre le basi di una società basata “sul principio del rispetto reciproco”, come si augurano le studentesse nella conclusione dell’elaborato.
Pubblicato mercoledì 27 Gennaio 2021
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