Morte, macerie, disperazione. I Grant You Refuge è la mostra fotografica che mette tutti di fronte alla drammatica quotidianità della popolazione di Gaza attraverso lo sguardo di sei fotoreporter palestinesi. Un racconto per immagini itinerante che sta attraversando l’Italia, prodotto dal Comune di Ravenna nell’ambito del Festival delle Culture, e che noi abbiamo visto a Ortona, in provincia di Chieti, grazie all’organizzazione della sezione Anpi “Dario Serafini”, dello Spi-Cgil Chieti, della Consulta Giovanile della città abruzzese Medaglia d’Oro al Valor Civile, con il patrocinio del Comune di Ortona, della Provincia di Chieti e l’associazione dei Comuni Autonomie locali italiane.

Nella foto di gruppo, al centro, il fotoreporter palestinese Shadi Al-Tabatibi, accanto il presidente della sezione Anpi di Ortona, Antonio Pellegrini

«Essere palestinesi è una storia intrecciata di resilienza, dolore e speranza», sottolinea Shadi Al-Tabatibi, fotoreporter che, con Mahdy Zourob, Mohammed Hajjar, Saeed Mohammed Jaras, Omar Naaman Ashtawi e Jehad Al-Sharafi, rappresenta le decine di reporter che vivono e lavorano in Palestina. Unici professionisti a poter testimoniare uno dei conflitti più cruenti del nostro tempo con numeri, per la loro categoria, noti e inaccettabili: oltre 210 giornalisti uccisi dall’ottobre 2023, secondo l’organizzazione Committee to protect journalists, in “un tentativo sanguinario e intenzionale di mettere a tacere e uccidere i giornalisti” condotto da Israele.

«Ogni fotogramma catturato porta il peso di una nazione che lotta per la giustizia e la pace – ha aggiunto Al-Tabatibi –. I fotografi non sono immuni alla violenza che documentano, stando quotidianamente sulla linea di fuoco sono presi di mira proprio come le persone tra cui si trovano. Ogni clic delle loro macchine fotografiche potrebbe essere l’ultimo, ma continuano nel proprio lavoro perché le loro storie, le loro voci e la loro esistenza contano. Attraverso l’obiettivo si sforzano di preservare la verità e l’umanità – continua –, sperando che le immagini possano rompere le barriere dell’indifferenza e accendere la solidarietà. A Gaza, dove la vita e la morte sono spesso separate da singoli istanti, i fotografi non scattano solo foto, le vivono». Gli attacchi delle Forze di difesa israeliane (Idf) alla stampa palestinese sono stati denunciati a tutti i livelli, in tutto il mondo, e alcuni casi sono stati portati all’attenzione della Corte Internazionale di Giustizia.

Denuncia, memoria, testimonianza. Queste immagini raccolgono l’intimità di una morte nella loro struggente potenza evocativa e ci parlano del crimine più indicibile: il genocidio. Come ha documentato, tra le altre, Amnesty International nel rapporto “Ti senti come se fossi un subumano: il genocidio di Israele contro la popolazione palestinese a Gaza”, durante l’offensiva militare lanciata dopo gli attacchi mortali del 7 ottobre guidati nel sud di Israele da Hamas, Israele ha scatenato inferno e distruzione contro la popolazione palestinese di Gaza senza freni, in modo continuativo e soprattutto nella totale impunità.

Gli scatti più crudi e disturbanti: donne e bambini soprattutto, e a loro, alla loro infanzia negata sono dedicati: 40mila orfani, 10mila amputati e almeno 20.000 che hanno perso la vita, come riporta l’organizzazione Save the Children. Un dato che si traduce – fino a questo momento di pace sospesa, come potremmo chiamarla – in più di un bambino palestinese ucciso ogni ora dall’ottobre 2023, in una statistica vergognosa in un territorio devastato con scuole e ospedali distrutti e carestia che mette a rischio di morte oltre 132.000 bambini sotto i cinque anni.

“Ti concedo rifugio nell’invocazione e nella preghiera” è un verso della poesia “I grant you refuge”, ti concedo rifugio, poetessa palestinese Hiba Abu Nada, uccisa a 32 anni da un raid israeliano il 20 ottobre 2023 nella sua casa nel sud della Striscia di Gaza. Poesia che conferisce il titolo a questa mostra collettiva che trasmette scene di vita quotidiana e di apparente normalità in un contesto che ha tutto fuorché la normalità. “Le nostre foto di famiglia: un sacco di brandelli, un mucchio di cenere, cinque sudari avvolti l’uno accanto all’altro di dimensioni differenti. Le foto di famiglia a Gaza non sono come tutte le altre” scriveva ancora Hiba Abu Nada. Mentre gran parte dei governi occidentali, Italia inclusa, continua a mantenere il commercio di armi da e per Israele, la popolazione civile manifesta per la pace.

Mariangela Di Marco, giornalista