Niki de Saint Phalle, Una delle Nanas (wikipedia)

Un’artista dal carattere irrequieto e tenace, tormentato e brillante, una donna capace di pensare in grande e di realizzare importanti progetti. È Catherine Marie-Agnès Fal de Saint Phalle (1930-2002), per tutti solamente Niki de Saint Phalle, artista visionaria fra le più apprezzate della nostra contemporaneità che, con le sue opere avanguardistiche, ha veicolato messaggi ambientalisti e femministi. “La prima donna libera che abbia mai visto dipingere in vita mia”: così la definì Gloria Steinem, giornalista e attivista, leader del femminismo degli anni Sessanta e Settanta in America.

23 agosto 1967, allestimento della prima personale di Saint Phalle allo Stedelijk Museum di Amsterdam (wikipedia)

Numerosi i temi di impegno sociale che Saint Phalle ha affrontato nel corso della sua carriera: dalla guerra all’alterigia del potere e alle discriminazioni razziali, proponendo una visione quanto mai progressista della società e della vita. Dotata di personalità eccezionale e attitudine giocosa, l’artista è l’unica donna del gruppo dei “nuovi realisti”, il movimento francese della seconda metà del Novecento che riuniva pittori e scultori del calibro di Klein, César, Arman, Villeglé, Tinguely, tutti accomunati dalla predilezione di materiali di uso quotidiano, impiegati spesso come metaforica opposizione al dilagare del consumismo.

Tir (Shooting altar), 1970

Al centro della ricerca artistica di Saint Phalle ci sono i colori: il verde per l’odio, il rosso per l’amore, il giallo per la gioia, il blu per la paura e il viola per l’affetto. Un codice cromatico con cui decifrare e trascrivere i propri pensieri, in un arcobaleno di emozioni spesso mutabile.

Parigi, 26 giugno 1961 – Impasse-Ronsin-©-2008-Niki-Charitable-Art-Foundation-Photo © Roy Lichtenstein Foundation

Con audacia l’artista si fa largo nel mondo dell’arte e lo fa senza paura, nei primi anni Sessanta, in un angolo di Montparnasse a Parigi, sparando con una carabina calibro 22 carica di vernice colorata su una struttura di gessi bianchi (il primo dei suoi “tiri” della serie Shooting actions) come protesta per la violenza subita dal padre a undici anni. La traduzione artistica delle emozioni umane e la critica alla società dei consumi prosegue con le sue Nanas, figure femminili tonde e colorate, simbolo di vita e allo stesso tempo di opposizione all’ideale estetico imperante, promotrici di “messaggi di gioia dalla società matriarcale”, come dichiara la stessa artista.

Il “Golem” a Rabinovitch Park, Gerusalemme (wikipedia)

Sono l’archetipo della donna, ispirate alle sculture variopinte di Antoni Gaudí e realizzate, nella loro struttura interna in ferro, con la partecipazione dell’artista Jean Tinguely, che sposerà in seconde nozze nel 1971. “Le Nanas simboleggiano per me le donne libere, serene, sicure di sé: sono donne che hanno conquistato il proprio potere… ma anche il lato femminile di ognuno di noi, donna o uomo”, afferma l’artista nel 1966.

Hon/Elle, “Nanas” esposta al Moderna Museet di Stoccolma

Attraverso la realizzazione di queste enormi opere, Saint Phalle scopre per la prima volta la scultura su scala monumentale e, per il Moderna Museet di Stoccolma, con l’aiuto di Tinguely e Per Olof Ultvedt, realizza un’opera pubblica gigante: Hon/Elle: una “Nanas” incinta alta sei metri e larga nove, una dea della fecondità, stesa sul dorso al cui interno i visitatori possono accedere dalla vagina. Nel seno sinistro, l’artista costruisce un piccolo planetario e in quello destro un bar che porta a un cinema e a un’esposizione di quadri falsi. Convintamente femminista, l’artista propone al grande pubblico una accorata denuncia della condizione delle donne nella società, sognando di vivere in un mondo senza discriminazioni né frontiere.

E non solo: Niki de Saint Phalle infatti è vicina a diverse problematiche sociali e lo dimostrerà disegnando, ad esempio, le illustrazioni per il libro Aids: You Can’t Catch It Holding Hands, opera di sensibilizzazione alla prevenzione di una malattia feroce che aveva colpito anche i suoi più stretti collaboratori.

Una delle sculture de “Il giardino dei tarocchi” in località Garavicchio, Capalbio (GR) chiuso per restauri fino all’1 aprile 2022 (giardino dei tarocchi.it)

Il suo lavoro più significativo e conosciuto si trova a Gravicchio, vicino Capalbio, in Toscana: si tratta del grande parco immaginifico chiamato il Giardino dei tarocchi, un’imponente installazione scultorea aperta al pubblico nel 1998, rivisitazione fantastica di quella tradizione cinquecentesca dei giardini mostruosi, che annovera fra i più noti quello di Bomarzo.

La scultura ispirata all’arcano maggiore dell’appeso nel Giardino dei tarocchi (wikipedia)

Il Giardino dei tarocchi è l’esempio di come per Niki de Saint Phalle l’arte possa alterare la percezione della realtà: attraverso la metafora dei 22 arcani maggiori presenti nel mazzo, realizza altrettante sculture, creando uno spazio visionario e giocoso che ancora oggi attira la curiosità di numerosi visitatori e li trasporta in un viaggio in perfetta simbiosi fra territorio e arte.

Niki de Saint Phalle (romeguides.it)

“Se la vita è un gioco di carte – afferma l’artista – noi nasciamo senza conoscerne le regole. Nonostante ciò siamo tutti chiamati a giocare una mano. I tarocchi sono solo un gioco o indicano una filosofia di vita?”, si domanda in una dinamica dove fantasia e casualità intrecciano il destino di tutti. Ispirato al parco Güell di Gaudí, a Barcellona, questo bosco artistico è frutto di anni di studio, autofinanziato, nato non soltanto con l’idea di essere “una sorta di paese della gioia” ma anche dal “bisogno urgente che anche una donna può lavorare su scala monumentale”.

Una scultura “percorribile”: Geroglifici su un vialetto di cemento del Giardino dei tarocchi (wikipedia)

E così Saint Phalle riesce a realizzare il suo grande sogno plasmando uno spazio dove visionarietà, naturalismo e mitologia convergono in un’unica dimensione carica di fascino, uno spazio “a curve ondulate senza nessun angolo che (mi) spaventi”, come dichiara lei stessa.

L’artista è consapevole del suo lavoro e con grande determinazione rompe gli schemi con quella tradizione che vedeva la donna ai margini della scena artistica: “Avete accettato ciò che vi era stato trasmesso dai vostri genitori: la religione, i ruoli maschili e femminili, le idee sulla società e la sicurezza. Invece io passerò la vita a farmi domande, mi innamorerò del punto interrogativo”, afferma con convinzione. Del resto Saint Phalle vuole “essere superiore: avere i privilegi degli uomini e inoltre conservare quelli della femminilità, continuando a portare dei cappelli”.

La sua opera, tuttavia, non può essere ricondotta esclusivamente a queste grandi sculture: occorre puntare l’attenzione sulla pluralità dei mezzi con i quali l’artista si è rapportata nell’arco della sua vita, dall’assemblage – la tecnica che prevede la giustapposizione di oggetti e materiali per realizzare composizioni tridimensionali ancorate a un supporto – alla pittura, dalla scultura alle performance fino ai progetti di architettura, cinema e teatro e ai suoi quadri mobili, che si attivano quando ci si passa davanti. Denominatore comune della sua poetica è una grande immaginazione e una visione unica del mondo capace di trascendere lo spazio riservato alle donne e affermarsi come una delle artiste più importanti del XX secolo. Per lei l’arte ha una funzione terapeutica, strumento con il quale toccare le emozioni più profonde del proprio essere e, come in un viaggio catartico, rinascere.

Bottiglia di profumo

Da subito, Niki de Saint Phalle sfida le convenzioni artistiche creando opere femministe, performative e monumentali. Il suo è un approccio interdisciplinare legato alle questioni sociali e all’ideazione di nuovi modi di abitare il mondo: i suoi progetti includono libri, stampe, film, scenografie teatrali, abbigliamento, gioielli e anche un profumo. In ogni gesto colpisce il suo forte impatto visionario: sculture utopiche e ideazioni di case, parchi e campi da gioco fantastici, tutti luoghi pronti ad accogliere una società sperimentale nella quale ognuno di noi “potrebbe avere un nuovo tipo di vita, per essere semplicemente libero”.

Il suo lavoro riceve importanti riconoscimenti, a cominciare da quando, nel 1961, alcune opere vengono incluse nella prestigiosa mostra di New York The art and assemblage al Museum of Modern Art. Conoscere la sua opera ci permette di pensare alle cose del mondo senza limiti imposti, cominciando anche noi a ideare luoghi fantastici dove abitare i nostri pensieri, progettando un mondo più bello e giusto.

Francesca Gentili, critica d’arte