Musico, ingegnere, scultore, architetto e pittore: Leonardo da Vinci (1452-1519), il genio del Rinascimento, è l’artista italiano più noto al mondo. Quest’anno ricorrono i cinquecento anni dalla sua morte e tanti sono gli eventi organizzati in molte città italiane che ripercorrono il suo lavoro. Alle Scuderie del Quirinale a Roma, ad esempio, fino al 30 giugno, andrà in scena Leonardo da Vinci. La scienza prima della scienza; l’esposizione racconta l’attività del maestro sul fronte tecnologico e scientifico. Si potranno ammirare dieci disegni originali appartenenti al Codice Atlantico, custodito dalla Biblioteca Ambrosiana e raramente esposti al pubblico, ma anche manoscritti, stampe cinquecentiste illustrate e dipinti.
A Milano invece sono numerose le iniziative organizzate per omaggiare Leonardo, da Palazzo Reale con la mostra Il meraviglioso mondo della natura (fino al 7 luglio), dedicata appunto al rapporto fra l’artista e la natura lombarda, al Castello Sforzesco dove sarà proposta Leonardo e la Sala delle Asse fra natura, arte e scienza.
Sarebbe riduttivo parlare di Leonardo da Vinci unicamente come di un artista. Leonardo, infatti, ha esplorato molteplici aspetti del sapere umano, indagando ogni settore dello scibile umano. È stato pittore e disegnatore, ma anche studioso di idraulica, ottica, urbanistica, ingegneria e anatomia. Ha inventato macchine da guerra, ideato scenografie teatrali e scritto trattati di arte. La sua formazione, cominciata a Firenze nella Bottega del Verrocchio, lo porta a lavorare per i Medici, per gli Sforza a Milano e per il re di Francia Francesco I, lasciando in eredità una enorme mole di opere, soprattutto disegni e codici manoscritti. Fra le sue opere pittoriche, la Gioconda è divenuta, nel tempo, l’opera più conosciuta al mondo e la sua Ultima Cena, per la complessa costruzione spaziale, è l’esempio più concreto di come dietro il lavoro di Leonardo ci sia sempre uno studio dettagliato delle scienze in generale.
Ancora oggi, nella storia della cultura moderna, Leonardo continua ad essere un punto di riferimento, esempio di come con costanza e curiosità si possa ricercare la “verità delle cose” nella natura e nella storia.
Il suo operato si è contraddistinto per un ostinato spirito critico, che lo ha sollecitato a condurre ricerche in territori e ambiti poco noti. Le sue scoperte, difatti, hanno aperto la strada alle invenzioni di secoli dopo, dal paracadute al cannone a tre canne.
In particolare, Leonardo ha intuito il valore del “mezzo” della visione, di un ampio sguardo sulla realtà fisica che lo circonda, dove la persona non è più considerata in sé, ma è legata al suo spazio-ambiente. Leonardo non si accontenta della teoria, e grazie al suo carattere critico e antidogmatico, ha sempre voluto indagare la realtà delle cose per scoprirne i segreti. “I contemporanei – scrive E. H. Gombrich – lo consideravano un essere bizzarro. Principi e generali vollero impiegare questo straordinario mago come ingegnere militare per costruire fortificazioni e canali, nuove armi e altri ritrovati. In tempo di pace, Leonardo li intratteneva con giocattoli meccanici di sua invenzione e ideava nuove scenografie per spettacoli e feste. Era ammirato come un grande artista e ricercato come musicista abilissimo. Nonostante Ma, con tutto ciò, pochi seppero intuire l’importanza delle sue idee e l’ampiezza delle sue conoscenze, anche perché Leonardo non pubblicò mai i suoi scritti e la loro esistenza era quasi da tutti ignorata”.
Leonardo era mancino e si era abituato a scrivere da sinistra a destra: i suoi appunti non erano facilmente fruibili, e per leggerli c’era bisogno dell’ausilio di uno specchio. Forse per la voglia di mantenere segrete le sue ricerche o forse per la paura di essere tacciato come eretico, Leonardo non diffuse mai i propri manoscritti. Tuttavia, nel tempo, i suoi lavori vengono trovati, studiati e catalogati nei famosi Codici. Scopriamo così che il maestro aveva già anticipato le teorie di Niccolò Copernico, poi approfondite da Galileo Galilei, affermando che “Il sole non si muove”. Per alcuni studiosi, invece, le ricerche di Leonardo non erano mosse da ambizioni scientifiche, bensì dalla necessità di nobilitare il proprio lavoro. Leonardo avrebbe così considerato l’esplorazione della natura unicamente un tramite per acquisire la conoscenza del mondo visibile di cui aveva bisogno per la sua arte. L’artista, ponendo su basi scientifiche le sue creazioni, poteva nobilitarle e dimostrare che anche il lavoro manuale del dipingere doveva essere considerato alla stregua delle cosiddette e più alte arti liberali (grammatica, dialettica, retorica, geometria, musica, astronomia, aritmetica). Autonomo e determinato, Leonardo ebbe l’ambizione di dimostrare che la pittura era un’arte liberale, affermando di fatto che il lavoro manuale era importante e impegnativo come il comporre poesie.
Leonardo non era solito completare i suoi lavori, nonostante le sollecitazioni dei committenti. E anche se le poche opere terminate negli anni della maturità ci sono arrivate in cattivo stato, sono da considerarsi delle pietre miliari della storia dell’arte. Esempio fra tutti, il famoso affresco dell’Ultima Cena, ideato per il refettorio dei frati del convento adiacente al santuario di Santa Maria delle Grazie a Milano. Leonardo aveva amplificato lo spazio del refettorio, dipingendo un’altra sala dove Cristo stava cenando con i suoi apostoli. È un’illusione attinente al reale: ogni particolare viene dipinto con fedeltà, dai piatti sulla tovaglia alle pieghe dei panneggi. Un testimone del tempo racconta di come Leonardo rimaneva per ore seduto su una impalcatura ad osservare ciò che aveva dipinto. Mai prima di allora un episodio sacro era apparso così vicino al reale. E non solo. Leonardo aveva rappresentato l’episodio evangelico in modo innovativo: se nelle iconografie tradizionali gli apostoli erano sempre stati raffigurati con pose composte con Cristo che somministra il Sacramento, Leonardo aveva donato alla composizione pathos e drammaticità, mostrando il momento in cui Cristo pronuncia le parole “In verità vi dico che uno di voi mi tradirà” e gli apostoli, stupiti, domandano “Son forse io, o Signore?”. L’artista, quindi, aveva deciso di dare vita alla composizione giocando sui cenni che animano l’episodio. Tutti gli apostoli sono ritratti mentre gesticolano, protestano, chiedono spiegazioni. Solamente Giuda, seduto fra Pietro e Giovanni, non fa domande ma si china in avanti con un’espressione di rabbia, in contrasto con la figura calma di Cristo.
Anche un’altra opera, la più famosa di tutte, dimostra quanto l’arte di Leonardo sia stata innovativa, attenta non soltanto alla resa puntuale del reale ma anche completa di suggestioni provenienti dalle altre scienze. Si tratta della Gioconda, il ritratto di una dama fiorentina di nome Lisa. La sua fama ha cavalcato ogni secolo, il suo fascino l’ha resa il personaggio più riprodotto nella contemporaneità. “Ciò che colpisce – commenta Gombrich – è l’intensa vitalità con cui Lisa ci appare: essa sembra veramente guardarci e pensare. Come un essere vivente, sembra mutare sotto i nostri occhi e risultare un po’ diversa ogni volta che torniamo a guardarla”. E questo accade perfino con le fotografie del quadro. L’espressione della Monna Lisa è per noi un enigma, che non ci rende mai sicuri del suo stato d’animo. Malinconica nel sorriso o ironica e sagace, la Gioconda regala ancora oggi impressioni misteriose. Ci riesce grazie alla sapienza di Leonardo, che, da grande osservatore della natura, conosceva molto bene il meccanismo dell’occhio umano e aveva studiato un modo per rendere più naturali i soggetti ritratti: lo “sfumato”. In questo modo la figura veniva dotata di una libertà emotiva e misteriosa sconosciuta prima di allora.
L’artista e scienziato, come un abile mago, utilizza tutte le conoscenze che possiede per infondere vita alle sue opere, creando un precedente che ancora oggi stupisce e incanta. A cinquecento anni dalla sua scomparsa, è bene conoscere la lezione di Leonardo non soltanto per dare gioia ai nostri occhi, ma anche per comprendere quanto l’impegno, lo studio e la competenza siano dei valori imprescindibili dal saper e dal poter fare. Leonardo, con il suo fare dubbioso, senza tradire l’esattezza del disegno e l’armonia della composizione, è riuscito a rinnovare la tradizione, fornendo ai posteri un nuovo modo di vedere le cose.
Francesca Gentili, critica d’arte
Pubblicato martedì 23 Aprile 2019
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