Apollo e Dafne

Il sette dicembre 1598 nasce a Napoli Gian Lorenzo Bernini, l’artista che più di tutti è riuscito a cambiare l’arte del suo tempo e il volto di Roma. Ed è proprio la Capitale che lo rende protagonista di una interessante mostra allestita nelle sale della Galleria Borghese. Fino al 4 febbraio 2018, Bernini, questo il titolo della rassegna a cura di Anna Coliva e Andrea Bacchi, racconta la parabola artistica del re del Barocco, l’artista più ricco e potente dell’Italia del Seicento. Circa ottanta opere ripercorrono la carriera di Bernini, da quelle realizzate insieme al padre Pietro, anche lui scultore, a quelle più celebri, come Apollo e Dafne, Enea e Anchise, il busto di Paolo V della Borghese e quelli del Museo di San Giovanni dei Fiorentini, raramente visibili al grande pubblico e anche alcuni modelli della Fontana dei Fiumi, sia quello in bronzo che arriva da Madrid sia quello in legno proveniente dall’Accademia delle belle arti di Bologna. Per l’occasione è stata anche restaurata la prima opera pubblica di Bernini, Santa Bibiana (1624–1626), che ha lasciato il luogo che da sempre la conserva, la chiesa omonima nel Rione Esquilino, per mostrarsi nella freschezza ritrovata all’ingresso dell’esposizione. Santa Bibiana è un’opera preziosa e raffinata; a commissionarla a Bernini, in previsione del Giubileo del 1625, è papa Urbano VIII, che dell’artista dirà: «Huomo raro, ingegno sublime, e nato per disposizione divina, e per gloria di Roma a portar luce al secolo».

Bernini è un artista a tutto tondo, scultore, pittore, architetto e scenografo. Inizia a maneggiare lo scalpello a soli otto anni, quando realizza una piccola testa di un puttino, purtroppo perduta, talmente bella da indurre il padre a favorire la crescita artistica del giovane Gian Lorenzo, creando con lui un dialogo positivo, che presto porterà a un ribaltamento dei ruoli. Le biografie dell’artista, infatti, raccontano che all’età di circa dieci anni, Bernini si cimenta nella realizzazione di “picciole statue”, fra le più mirabili quella della Capra Amaltea, esposta alla mostra capitolina, che Annibale Carracci, il più importante artista presente a Roma a quel tempo, ne è talmente impressionato da commentare che Bernini a quell’età è già arrivato al punto in cui gli artisti sperano di arrivare in vecchiaia.

Busto di Scipione Borghese

È il 1606 quando la famiglia Bernini arriva nella Capitale: Pietro cerca fortuna nei cantieri appena aperti da papa Paolo V, al secolo Camillo Borghese. Ed è proprio grazie a Paolo V che Gian Lorenzo Bernini comincia ad ottenere grandi commissioni. Lavorare per la famiglia del papa equivale in realtà a operare per suo nipote, il “cardinal padrone”, cioè il primo ministro dei Borghese, Scipione, che agli inizi del Seicento si era fatto costruire una grande villa, Villa Borghese appunto, allora suburbana, primo teatro per i lavori di Bernini. «Ed è per questo – commenta Coliva – che la mostra di Bernini non poteva che essere allestita qui. L’evento si ricollega idealmente all’esposizione del 1998, che faceva luce sulla nascita del Barocco in Casa Borghese, raccontando le commesse del cardinal Scipione al giovane scultore per i celebri gruppi marmorei, in cui Bernini si confronta con l’antico, dando vita ad un linguaggio plastico nuovo e dinamico. Ora al Bernini scultore si affianca la grandezza della sua pittura, e soprattutto il ruolo di regista nell’ideazione e realizzazione degli straordinari progetti architettonici voluti da papa Urbano VIII».

Particolare del David

In pochi anni l’artista conquista le simpatie e la stima dei più potenti signori del continente, che se lo contendono nella speranza che Bernini lavori per loro. L’artista, nel corso della vita, ottiene commissioni da nove papi e dalle personalità più influenti del suo tempo: Francesco I d’Este gli invia la ragguardevole cifra di tremila scudi per il suo busto in marmo, compenso pari a quello offerto da Innocenzo X per la realizzazione della Fontana dei Fiumi a Piazza Navona; Filippo IV di Spagna per un crocifisso paga mille scudi e una collana d’oro e Luigi XIV, il Re Sole, per un ritratto dell’artista si impegna con un anello da ben trentatré diamanti, di cui sette preziosissimi. Il cardinale Scipione, suo primo committente, lo vuole autore di gruppi marmorei autonomi, per dare «figura di immaginazione» allo spazio di ogni stanza; il successivo committente, papa Urbano VIII Barberini, lo vuole far diventare il «Michelangelo del suo tempo» e lo designa scultore integrato in una costruzione globale dello spazio dove architettura, luci, colori, illusioni dimensionali e proporzionali dialogano fra loro.

La Verità

Urbano VIII è il papa che apre le porte della città a Bernini, facendolo lavorare prima nella chiesa di Santa Bibiana, poi nella sua residenza romana di Palazzo Barberini e infine nella Basilica di San Pietro, dove Bernini realizza lo splendido Baldacchino che sovrasta l’altare e la tomba del primo apostolo, la crociera della basilica e la tomba del papa. Papa Innocenzo X Pamphili, gli permetterà infine di completare la trasformazione di Roma, commissionandogli oltre alla Fontana dei Fiumi ed anche la realizzazione di gruppi scultorei teatrali, come la Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo e l’Estasi di Santa Teresa in Santa Maria della Vittoria. Bernini è l’inventore di incredibili creazioni scenografiche, sperimentatore di soluzioni inedite e spettacolari. Fin dagli inizi, l’artista è in grado di plasmare la durezza del marmo a proprio piacimento, mostrando emozioni e sensazioni di un naturalismo pittorico impressionante. Quella di Bernini è una storia di passioni e libertà creativa, una libertà che gli permetterà di toccare le più alte vette della storia dell’arte e di regalare ai posteri capolavori di incredibile bellezza e attualità.

Francesca Gentili, critica d’arte