Dopo il numero di Patria Indipendente speciale antologico sulle leggi razziali e sul razzismo, in occasione del 75° anniversario del rastrellamento del Ghetto di Roma, pubblichiamo la riproduzione del primo numero della rivista La difesa della razza. Riprendiamo così la pubblicazione avvenuta sul primo numero di Patria Indipendente cartacea del 2007, con l’editoriale dell’allora direttore Vladimiro Settimelli. Il primo numero della rivista La difesa della razza uscì il 5 agosto 1938 sotto la direzione di Telesio Interlandi e con le firme di accademici e di politici. Fra le tante, non si può sottacere quella di Giorgio Almirante.

Il razzismo propugnato dalla rivista era quello biologico, vale a dire una visione gerarchica dell’umanità divisa in gruppi in base a quello che veniva definito “un criterio naturalistico”, per cui per esempio – si legge a firma di Guido Landra, assistente di antropologia alla regia Università di Roma – “l’uomo che appartiene a una razza creatrice di una grande civiltà, ha in se stesso, nel proprio plasma e nel proprio germe, dei tesori immensi. Questi tesori mancano e mancheranno sempre a uomini di altra razza, anche se per ragioni contingenti parlassero la stessa lingua, professassero la stessa religione ed avessero la stessa nazionalità”. Nella realtà quotidiana il razzismo fascista univa al “biologico” anche l’aspetto culturale e sociale.

Le aberrazioni antropologiche e le teorie pseudoscientifiche andavano ovviamente di pari passo con la legislazione: è infatti dello stesso periodo l’avvio della promulgazione delle leggi razziali. Era il tempo del fascismo ma anche del nazismo. Il circuito persecutorio che si innestò, com’è noto, passava dall’ideologia (il razzismo) alla legislazione e quindi alla negazione dei diritti (le leggi razziali), ed infine alla negazione della vita (i campi di sterminio). E fu l’Olocausto. Ma non furono cancellati solo milioni e milioni di ebrei; furono cancellati uomini e donne perché slavi, omosessuali, testimoni di Geova, Pentecostali, Rom e Sinti (il Porrajmos, “il grande divoramento” in lingua romanì), i prigionieri di guerra sovietici (più di un milione e mezzo), i prigionieri politici (comunisti, socialisti, sindacalisti), i mulatti, i disabili, i malati di mente.

In Italia, come scrive Vladimiro Settimelli nell’editoriale in pdf, le leggi razziali “portarono alla morte migliaia di ebrei e provocarono sofferenze indicibili, paura, terrore, angoscia e miseria”. D’altra parte tali leggi furono anche il portato del razzismo latente e patente delle guerre coloniali fasciste che causarono efferati massacri e furono sorrette e “giustificate” da un innegabile pensiero di superiorità etnica. Analogamente avvenne dopo, quando nel 1941 l’Italia fascista invase la Jugoslavia rendendosi responsabile di inenarrabili atrocità al cui fondo c’era comunque una visione gerarchica nei confronti delle “barbare” popolazioni slave.

Il razzismo contemporaneo non è necessariamente biologico, come illustrato nel recente passato proprio su queste pagine, e si nutre di pregiudizi e luoghi comuni che – non lo si può negare – stanno avendo una certa presa su alcuni strati popolari, e si contamina con l’odio verso il diverso, che comunque viene espunto dal popolo o perché “esterno” (lo straniero) o perché “viola le leggi della natura” (l’omosessuale), o perché in quanto tale è “ladro e parassita” (il rom o il sinti), solo per fare gli esempi più frequenti.

Il razzismo contemporaneo – che altro non è che il volto attuale dell’“eterno razzismo” – ha contaminato in forme e con sfumature diverse una parte rilevante dell’Europa ed è connesso ai vari “sovranismi” di moda, essendovi una relazione fra ogni nazionalismo (il sovranismo in sostanza è questo) e l’esclusione dell’altro. È evidente a qualsiasi persona di buon senso la natura razzista delle aggressioni, delle violenze e degli omicidi che da diverso tempo avvengono nel nostro Paese. Allo stato delle cose gli anticorpi della società e delle istituzioni garantiscono una reazione, seppure non sempre sufficiente. Ma il quadro può peggiorare in modo imprevedibile e imprevisto, anche in rapporto alla stagione politica del tutta inedita che sta vivendo il nostro Paese. D’altra parte le forze vive democratiche del nostro Paese, per quanto indebolite dagli eventi della politica e dai grandi cambiamenti sociali, ci sono e sono forti, come dimostrato da una sequenza di iniziative e di eventi tutt’ora in corso. Il grande successo della marcia Perugia Assisi e per ora l’ultimo anello di una catena che si sta ricostruendo. Per questo oggi è il momento non solo di alzare la guardia, ma di organizzare una difesa e se possibile un contrattacco quanto meno sul piano culturale e sociale. È l’impegno dell’Anpi e di tanta parte dell’associazionismo. E naturalmente di questo periodico: per contrastare l’aberrazione bisogna farla conoscere.

Questo nuovo speciale (un pdf ) può essere scaricato o letto cliccando qui:

Patria Indipendente Speciale L’ABERRAZIONE RAZZISTA – Il primo numero de La difesa della razza

Buona lettura