
Fame, mercato nero, malattie, disoccupazione, criminalità, delinquenza minorile, prostituzione, città ridotte a cumuli di macerie dai bombardamenti, caro vita aggravato dalla robusta emissione delle Am-lire. E il lascito tedesco: 2.623 vittime, di cui l’86% civili – tutti dovuti alla Wehrmacht, la forza armata regolare germanica, perché nelle regioni meridionali (tranne l’Abruzzo) non sono presenti reparti SS, cui si aggiunge l’altrettanto sanguinosa esperienza della popolazione del Lazio, con 1.060 morti. In una sola parola: disperazione.

L’arrivo degli Alleati – sbarcati in Sicilia a luglio e a Salerno il 9 settembre – non è sempre liberatorio e pacifico, specie dove si abbatte la furia delle truppe che si abbandonano a stupri e violenze, che passano alla storia come “marocchinate” per il coinvolgimento dei reparti coloniali francesi nel Lazio. Le donne pagano infatti uno scotto altissimo. Molte sono sole, spesso con prole, mentre padri, mariti, fratelli e figli più grandi, chiamati alle armi, sono morti o dispersi al fronte, prigionieri o bloccati nell’Italia settentrionale sotto la Repubblica sociale.

L’assenza degli uomini è decisamente gravosa, poiché oltre a lasciare le donne sole o più esposte al pericolo di subire violenze, spesso fa venire meno l’unica o la principale fonte di sostentamento dei nuclei familiari, gettandole in una miseria nera. Questo le spinge ad arrangiarsi con attività di ogni tipo, diventando, per esempio, contrabbandiere di sigarette, come Sophia Loren nel film di Vittorio De Sica Ieri, oggi e domani. Per molte di loro la fame non lascia alternativa alla prostituzione.

Dalle relazioni di sesso o d’amore a volte nascono bambini “meticci”, i cosiddetti brown babies, stigmatizzati più di altri dal razzismo di cui la società è intrisa e difficilmente accettati, divenuti il tema della celebre Tammurriata nera del 1944. Uno dei più noti testimoni di queste vicissitudini è il sassofonista James Senese, figlio di una donna napoletana e di un soldato afroamericano. “Si’ nnire, sei nero, questo era – racconta in un’intervista riportata nel saggio –. Mia madre scriveva lettere che tornavano indietro (…). Mio padre era un uomo sposato, aveva scelto la sua vita”.

E ancora, il ruolo della mafia e della camorra nella ricostruzione, nella gestione dell’ordine pubblico e nel ricambio delle amministrazioni. Una malavita che trova un’ulteriore occasione per incunearsi e consolidare la presenza nella sfera pubblica, nonostante la tanto propagandata azione del regime fascista di averle colpite. Si trattava, infatti, solo dei livelli più bassi della criminalità. Nell’interessante saggio viene inoltre affrontato il tema della ricostruzione di organizzazioni fasciste che ebbero un ruolo attivo nel sobillare alcuni movimenti di protesta. È in questo contesto che nasce il famoso ritornello “si stava meglio quando si stava peggio”.

Avagliano e Palmieri dimostrano altresì che in questi due anni il Sud inizia un percorso di discontinuità rispetto al passato, manifestando un primo “abbozzo di Resistenza”, sia attraverso i numerosi casi di militari che in molti centri – Napoli, Bari, Matera e tanti altri – all’indomani dell’armistizio rifiutano di consegnare le armi ai tedeschi e ingaggiano combattimenti contro le truppe della Wehrmacht, sia attraverso i numerosi episodi di resistenza spontanea e popolare. Si costituiscono anche diverse bande partigiane, soprattutto in Campania e in Abruzzo, come affrontato anche nel pionieristico convegno promosso dall’Anpi nazionale nel 2015 sul contributo del Meridione alla lotta contro l’occupante nazifascista, avviando un progetto il cui esito, nell’anno successivo, è stato il volume “La partecipazione del Mezzogiorno alla Liberazione d’Italia”.

In questo periodo vengono ripristinate anche le radio libere, soffocate dal fascismo, da cui sono diffuse soprattutto notizie di carattere militare e musica americana per le truppe alleate o spettacoli teatrali e concerti di musica classica. Dai microfoni di Radio Bari parla il giovane Aldo Moro, aggregato all’ufficio stampa del governo del Regno del Sud, pronunciando, all’indomani dell’8 settembre, un appassionato discorso per incitare alla lotta i giovani universitari, affermando che “voi siete, di questo tempo di riscossa, non solo gli artefici insostituibili, ma gli anticipatori”.

Sempre a Bari, si tiene il primo congresso dei Comitati di Liberazione Nazionale, aprendo sezioni nel territorio e tenendo affollati comizi nelle piazze, a testimonianza di una società civile vitale e dalla volontà di riaggregarsi attorno a strutture alternative al vecchio regime fascista.
«A più di 70 anni di distanza, mi colpisce una promessa non mantenuta –ha detto il presidente nazionale Anpi Gianfranco Pagliarulo nel corso di una delle presentazioni del saggio –. Nel volume si riferisce che alla Conferenza di Mosca dell’ottobre 1943 viene approvata una dichiarazione alleata in cui si prevede per il nostro Paese, tra l’altro, la defascistizzazione dello Stato. Già da queste pagine si intende come questa defascistizzazione in realtà non avvenne o non avvenne pienamente – ha aggiunto Pagliarulo –. Gli anni e i decenni successivi confermano questo limite insuperato nella costruzione della repubblica democratica e ci pongono a maggior ragione oggi, qui e ora, la stessa urgenza e per alcuni aspetti la stessa emergenza. Non soltanto per i gruppi neofascisti e per la straordinaria gravità delle loro gesta, mi riferisco anche alla pullulante presenza in tante istituzioni, a cominciare dai Comuni, di eletti nelle liste sovraniste, di esplicita cultura fascista. Questo è l’allarme, perché, per dirla con Primo Levi, “ogni tempo ha il suo fascismo”. E oggi viviamo in un tempo gravido di rischi per la democrazia».
Mariangela Di Marco
Pubblicato venerdì 22 Luglio 2022
Stampato il 01/10/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/cornuto-e-come-voleva-vincere-il-mezzogiorno-e-laltro-dopoguerra/