“Nacqui leggerissima”: questo l’incipit che lascia incantati. Non è solo un dato reale, di certo l’autrice si riferisce al suo peso alla nascita, ma è il rimando all’astratto che affascina, consolidato dalle immagini che seguono, sempre nella prima pagina: “Coniglietti e carote, noci e scoiattoli, arcobaleni e farfalle furono i miei primi ninnoli”. Il lettore è agganciato, ormai, da questo inizio di fiaba e pagina dopo pagina si scioglie e dipana la vicenda di Nina, è questo il piccolo e dolce nome che l’autore sceglie e che, giustamente, non appartiene a nessuna delle narratrici reali. Lei vive una vita normale, attraversando l’Italia del secondo Novecento con le sue contraddizioni ed energie.
La semplicità della vita in campagna, la difficoltà dell’inserirsi nella grande città, l’amore tanto desiderato e l’ingiusta delusione, la famiglia e l’attaccamento ai figli – a tratti troppo forte da sopportare – la depressione e la malattia, l’impegno politico costante e la vecchiaia vengono descritti con lineare bellezza, a volte con sfrontata sincerità, nella consapevolezza che mai, nessuno mai, avrebbe letto queste loro parole.
“Certe volte/ vorrei non sentire niente/ Solo le voci della natura/ solo il silenzio della natura/ E immergermi così profondamente in essa da divenirne una parte/ inscindibile/ Come gli alberi/ le rocce/ l’acqua del ruscello/ Solo così potrei trovare la pace/ E la saggezza”. Così leggiamo mentre ancora una volta ci chiediamo quale differenza ci sia davvero tra prosa e lirica e quanta bellezza si nasconda nei cassetti delle nostre case, tra i quaderni delle nostre nonne e dei nostri nonni, quanta meraviglia nei bauli in soffitta o tra i ricami degli antichi corredi.

“Nonostante tutte” di Filippo Maria Battaglia racconta la storia della nostra vita. Delle nostre madri, nonne, zie, ma anche delle nostre figlie e, perché no, nipoti: la storia di famiglie uniche e irripetibili ma tutte identiche nelle loro meschinità e invidie, sincerità e affetti, miracoli e drammi.

“Sono ancora io che scrivo dopo aver riletto con le lacrime agli occhi le ultime pagine di questo quaderno. Mi sono accorta che non ho messo alcune date. Forse è meglio così: vivere senza tempo. È tardi. Qualcosa però posso ancora fare. Scrivo la mia storia. Scrivo perché si faccia qualcosa. Non so se è poco o tanto. È il mio atto d’amore”.
Eccoci al finale, tanto naturale quanto sofferto, nella consapevolezza che solo nella memoria che si fa parola scritta, si racchiude l’essenza stessa della vita, il solo atto d’amore che valga la pena lasciare a chi resta. Narrandoci il suo passato, tanto uguale al passato di tutte noi, Nina ci prende per mano e ci libera dall’egoistica certezza di avere vissuto tragedie solo nostre, gioie solo nostre, paure solo nostre. Senza tempo né spazio, senza data di nascita né di morte, universale nella sua normale quotidianità, Nina ci fa sentire le eroine che siamo e che, spesso, dimentichiamo di essere.
Elisabetta Dellavalle, giornalista, collabora anche con La Stampa
Pubblicato venerdì 10 Marzo 2023
Stampato il 30/09/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/donne-la-memoria-di-tante-diventa-la-memoria-di-tutte/