Adolf Hitler cancelliere tedesco

Se Hitler non fosse diventato il capo della Germania nel 1933  e se il suo partito non avesse mai conseguito il vasto consenso elettorale dopo la crisi economica mondiale del ’29, questo articolo non sarebbe mai stato redatto. Infatti il Mein Kampf sarebbe stato obliato, come obliate, tranne dagli storici, sono le centinaia di libri e opuscoli della destra razzista e nazionalista usciti in Germania dopo la catastrofe della Prima guerra mondiale. Invece, come sappiamo, le cose sono andate diversamente.

La prima edizione del Mein Kampf

Hitler scrive il suo libro mentre è in prigione a Landsberg, dopo il fallito colpo di stato in Baviera del 1923. Il primo volume, pubblicato dalla casa editrice del partito nazista, la Franz Eher-Velarg di Monaco, è di contenuto autobiografico ed esce il 18 luglio 1925, il secondo esce nel novembre del 1926 (il futuro dittatore è già fuori di prigione) e contiene il programma del partito e la visione del mondo del leader nazista. Come è noto, il Mein Kampf circolò tra gli aderenti al partito: nel 1929 il primo volume aveva venduto solo 23 mila copie, il secondo 13 mila. Ma dopo l’inaudita impennata elettorale del Partito nazista, dal 1930, le vendite dei due volumi aumentano, fino a raggiungere numeri enormi con l’ascesa al potere di Hitler.

1º aprile 1924. Gli imputati nel processo del putsch della birreria. Da sinistra a destra: Pernet, Weber, Frick, Kriebel, Ludendorff, Hitler, Bruckner, Röhm e Wagner. Solo due degli imputati (Hitler e Frick) indossavano abiti civili. Tutti quelli in uniforme portano sciabole, che indicavano lo stato di ufficiale

Negli Anni 30 le copie vendute erano milioni: ne esisteva una versione in braille; si regalava a ogni coppia di sposi; fu tradotto in sedici lingue. La prima edizione italiana, con una notevole riduzione della parte biografica, viene pubblicata nel 1934 da Bompiani in un unico volume, con una prefazione di Hitler stesso in cui sottolineava la parentela ideologica di fascismo e nazismo. In ogni caso, le ultime fonti certe sulla diffusione del libro risalgono al 1944: 12.450.000 copie vendute nella sola Germania.

Una coppia di sposi riceve in dono il Mein Kampf

Mein Kampf, “La mia battaglia”, è un’opera indigesta e ripetitiva, ma in cui sono chiari e reiterati – ed è questa la sua forza – i punti centrali del pensiero hitleriano: il razzismo come chiave interpretativa della storia, l’antisemitismo viscerale, la rappresentazione del bolscevismo come nemico da distruggere, la teoria dello spazio vitale (lebensraum) e la concezione del capo (führer), la fanatica esaltazione delle tradizioni popolari, “sangue e suolo”. Da questi obiettivi Hitler non si allontanerà mai.

Il pensiero dominante è l’antisemitismo: il linguaggio usato per gli ebrei tedeschi e l’ebreo in generale (compresa  la teoria complottista del loro dominio mondiale) era già allora un linguaggio nevrotico e violento, non differente – del resto – da quello usato dalla destra nazionalista tedesca. Resi simili a batteri perniciosi, gli ebrei devono essere sterminati così come si debella una malattia, si tratta di ‘rimuovere’ l’ebreo in quanto agente patogeno. Visti dal futuro cancelliere come i responsabili, tra le altre cose, della sconfitta nel Primo conflitto mondiale, si afferma che se 12-15 mila ebrei tedeschi fossero stati eliminati prima della guerra «il sacrificio di milioni di soldati al fronte non sarebbe stato inutile». Certo, l’Hitler degli Anni 20 non aveva ancora in mente Auschwitz, ma le premesse del genocidio c’erano già tutte. Trionfo delle contraddizioni, l’ebreo è associato da un lato al bolscevismo mondiale, ma dall’altro anche al capitalismo delle banche e della finanza internazionale.

Nulla di nuovo, a dire il vero, rispetto alle torbide convinzioni che serpeggiavano già nel fanatismo nazionalista tedesco. Così per quanto riguarda il concetto di “spazio vitale”. Occorreva giustificare l’allargamento a est della Germania, a spese di popoli inferiori, e riunire tutti i tedeschi sparsi per l’Europa orientale. Nel 1926 era uscito un romanzo di Hans Grimm dall’eloquente titolo Volk onhe Raum, “Popolo senza spazio”, che volgarizzava il concetto di spazio vitale: la distruzione della Russia quale maggiore ostacolo alla potenza della futura Germania nazista.

I due volumi della saga razzista di Hans Grimm

Quello che ancora stupisce leggendo il Mein Kampf è la sconfinata fiducia di Hitler in se stesso: convinto di essere una figura guidata dal destino allo scopo di rimettere in sesto le sorti del popolo tedesco, grande teorico, grande leader politico e incomparabile agitatore di masse. In poche parole si sentiva investito di una missione, guidato dalla ‘Provvidenza’ e da pochi ed elementari principi che si conserveranno immutati fino alla fine della sua vita. Anche la parte biografica in cui Hitler ripercorre la sua esistenza è dominata da una specie di Destino: persino i suoi fallimenti da studente e artista altro non erano che prove da superare per più grandi compiti, un po’ come gli eroi wagneriani. Nel Mein Kampf sono palpabili anche un certo rancore e astio tipici dell’autodidatta, dell’escluso dal mondo ufficiale della cultura borghese; è noto il suo doppio fallimento nel tentativo di entrare all’Accademia di belle arti viennese: finalmente assurto al supremo potere politico, è come se esclamasse: “Vedete? Ce l’ho fatta! E voi non avete mai creduto in me”.

Sicuramente uno dei pochi lettori del primo volume fu abbagliato dal presunto genio hitleriano: «Chi è quest’uomo? Metà plebeo e metà Dio! Cristo stesso o solo Giovanni?» (Goebbels, dal suo diario, 14 ottobre 1924). Certo, il pensiero hitleriano non si fermerà al Mein Kampf – che comunque rimarrà un unicum, ovvero il tentativo da parte di Hitler di una sistemazione teorica: per ricostruire il percorso della  delinquenziale ideologia nazista bisognerà seguirne i discorsi, gli atti di governo, le vicende militari e altri testi, per esempio Mito del XX secolo (1930) di Alfred Rosenberg.

Dopo il crollo del nazismo, l’opera di Hitler ha avuto una sua vita clandestina, amplificata negli ultimi decenni dal web: non di rado ci si può imbattere, naturalmente in siti neonazisti, in citazioni o pdf scaricabili dell’intero libro, orrenda base ideologica di nuovi razzisti e nazifascisti. Anche per questo, per il Mein Kamp non bastano gli strumenti dello storico e della storiografia: sfogliarlo, sapendo che cosa è successo a causa del nazismo, vuol dire anche mettere in atto un salutare giudizio di disprezzo  e orrore.