Eduardo De Filippo davanti a un palazzo sventrato (il Teatro San Ferdinando), la torre del Maschio Angioino sfregiata, imbarcazioni affondate nel porto di Napoli, binari divelti dalle bombe nella Stazione Centrale. Sono alcuni degli scatti in bianco e nero che fanno parte della galleria fotografica (con un nutrito corredo di foto rare dei bombardamenti del ’43) del libro di Ciro Raia, presidente del comitato provinciale dell’Anpi Napoli e coordinatore regionale, “Le Quattro Giornate di Napoli (quasi un diario)”, Guida Editori, 2023.

Eduardo De Filippo davanti alle rovine del Teatro San Ferdinando bombardato. Galleria fotografica del libro di Ciro Raia (foto della famiglia Lembo)

Un libro importante, quello di Raia, prima di tutto perché offre al lettore una dettagliata ricostruzione storico diaristica della grande rivolta popolare di Napoli (settembre 1943) contro le truppe naziste che per ordine diretto del führer occuparono la città dopo l’armistizio dell’Italia con gli Alleati. “Hitler – si legge nel libro di Raia – particolarmente arrabbiato per il voltafaccia italiano, rilasciò una dichiarazione alla radio: le misure adottate per la salvaguardia degli interessi tedeschi in Italia sono severissime e vengono attuate con successo e conformemente ai piani. Il destino dell’Italia deve essere una lezione per tutti gli altri popoli. Napoli non doveva essere ceduta al nemico e ai traditori italiani. I soldati tedeschi, per Hitler, non avrebbero dovuto cedere neppure un metro di territorio della città del Vesuvio se non prima di ridurre la città a “fango e cenere”. Aiutati dai fascisti, i tedeschi occuparono infatti la città per giorni, ma alla fine furono sconfitti.

Palazzo bombardato in zona del Carmine (galleria fotografica libro Raia)

L’altro motivo che rende importante questa ricostruzione storica delle Quattro Giornate (quasi un diario perché si sviluppa cronologicamente per date) riguarda proprio il soggetto centrale, il protagonista della storia: il popolo napoletano. A combattere con le armi e con tutti i mezzi possibili contro l’invasore nazista sono scesi infatti in campo tutti: operai, donne, studenti, commercianti, intellettualii. Quelle Quattro giornate (27-30 settembre 1943) furono un importantissimo episodio storico di insurrezione popolare (spesso trascurato o sminuito dalla storiografia). I civili, senza distinzione di censo e sesso, lottarono a fianco di poliziotti (allora facevano parte dell’esercito) e altri militari italiani rimasti fedeli al Regno del Sud e nemici del fascismo della Repubblica sociale per liberare la città che infatti fu consegnata agli alleati con le truppe tedesche sconfitte e in fuga. Si è trattato di un grande esempio di eroismo popolare che valse a Napoli il conferimento della medaglia d’oro al valor militare. Quando le forze alleate arrivarono a Napoli dopo lo sbarco a Salerno trovarono una città in festa ripulita dai soldati nazisti.

Ciro Raia

Nelle pagine di Ciro Raia (preside in pensione e saggista, oltre che presidente provinciale Anpi) torna dunque l’indimenticato evento che partito da Napoli dette origine alla Liberazione di tutto il Sud d’Italia. Un libro che fa piena luce su quegli eventi drammatici e al tempo stesso smentisce una superata visione “nord centrica” della storia che assegna al nord tutta una serie di operazioni per cui anche la Resistenza sarebbe stata solo una Resistenza del Nord. Ciro Raia spiega invece che la Resistenza è partita dal Mezzogiorno e in particolare da Napoli. Quando Badoglio decise di continuare la guerra nonostante l’Armistizio, Napoli insorse e volle dire “basta”. La città divenne teatro di scontri, strada per strada, quartiere per quartiere, e la Resistenza partigiana si unì alla lotta di un intero popolo povero, disperato, abbandonato alla sua fame, umiliato, stanco, prigioniero dei nazifascisti.

Il Maschio Angioino sfregiato dalle bombe

L’autore ha scelto di tornare a raccontare i famosi episodi storici attraverso la cronaca dei fatti e le biografie dei protagonisti, alcuni già molto noti alla ricerca storiografica, altri pressocché sconosciuti. E questo è un altro importante merito del lavoro di Raia, quello di aver ridato un nome ai tanti professori, ai medici, alle casalinghe, ai femminielli, insomma a tutti coloro che formarono le squadre dei partigiani partenopei e che erano rimasti finora nell’anonimato. “Mi è sembrato opportuno, parlare di quelle quattro giornate – ha spiegato Raia durante una delle presentazioni del suo libro – raccontando anche tutto quello che la città di Napoli aveva sofferto, oltre 100 bombardamenti, la distruzione della città, la fame, la sete, la vita nei ricoveri e 20 mila morti tra cui tanti bambini e donne che sono passati sotto silenzio”.

Binario del tram di via Crispi dopo il bombardamento di Napoli

Nato a Somma Vesuviana, Ciro Raia ha lavorato per più di un quarantennio nella scuola, in qualità di docente di lettere, preside e formatore. L’ultimo incarico, prima della pensione, la direzione del Liceo Sbordone di Napoli. Oltre a collaborare con vari giornali e riviste Paese Sera, Il Manifesto e Il Corriere del Mezzogiorno, Patria Indipendente, ha scritto numerose pubblicazioni e antologie scolastiche edite da Mursia, Ferraro e Simone. Raia ha sempre avuto una forte passione per la ricerca storica. Tra i suoi saggi e biografie, ricordiamo: “Gaetano Arfé, Un socialista del mio Paese” (Piero Lacaita Editore, 2003), “Socialisti a Napoli” (Dante & Descartes, 2006), “Per Gaetano Arfé” (Dante & Descartes, 2008), “Breve storia di re Ferrandino” (Guida,2020), “Giovanna d’Angiò – donna e regina dolorosa” (Guida, 2016), “Storia di una Rivoluzione: il 1799 a Napoli” (Guida, 2019). Attualmente continua a collaborare con giornali e riviste specializzate di pedagogia, didattica e storia.

Oggi, con il suo “quasi diario”, Raia ci regala uno strumento prezioso per conoscere meglio la storia del nostro Paese e nello stesso tempo lancia un messaggio importante. “Le Quattro Giornate – scrive – sono passione, partecipazione, presa in carico dei problemi che sembrano irrisolvibili, sono responsabilità, identità di un popolo, senso di appartenenza a un luogo e alla sua Storia. Ragion per cui la ricorrenza civile di ogni fine settembre non può rischiare di impantanarsi in un esempio di nostalgia, in un epicedio, in parole non seguite da azioni. Lo pretendono a viva voce soprattutto i giovani (da sempre e a torto additati come poco recettivi o poco interessati alle conoscenze storiche), che specialmente in questi ultimi tempi sono scesi nelle piazze di Napoli e d’Italia per invocare il rinnovamento della scuola, la difesa dell’ambiente, del lavoro e della pace. E lo fanno da nuovi partigiani, con determinazione e coraggio, avversando camarille, avvelenatori della Terra, consolidate posizioni di potere”.

Paolo Andruccioli