Giovanni Mari, giornalista al Secolo XIX di Genova, con i libri “Il governo Goebbels, Trenta ore di morte e menzogne” e “La propaganda nell’abisso, Goebbels e il giornale nel bunker” (con la prefazione di Alberto Giordano), entrambi pubblicati, nel 2023 l’uno e nel 2021 l’altro, da Edizioni Lindau, grazie a un’accurata ricerca racconta il ruolo del braccio destro di Hitler nelle trenta ore successive al suicidio del fuhrer, e la storia del Panzerbär l’ultima creazione propagandistica di Goebbels prima della fine del Terzo Reich. Due vicende poco conosciute nel panorama italiano.

L’artiglieria sovietica apre il fuoco durante la battaglia di Berlino

Aprile 1945, Berlino è cinta d’assedio dall’Armata Rossa, tuttavia Paul Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, decide di non rinunciare comunque all’arma della propaganda politica.

Il bunker di Hitler, costruito sotto la Cancelleria

Nella capitale tedesca ormai tutti i quotidiani tradizionali hanno già smesso o stanno per cessare le pubblicazioni, a causa del fatto che le strutture sono andate distrutte o perché non riescono a raggiungere la capitale dalle altre città. Così Goebbels, dal bunker sotto la Nuova Cancelleria, decide di creare e stampare un nuovo giornale, con sede della redazione proprio nel bunker, chiamato il Panzerbär, letteralmente “l’orso corazzato”, tra l’altro è  un orso il simbolo della città di Berlino.

Il simbolo del quotidiano, ben visibile in alto a sinistra, è proprio un orso con una corona in assetto di guardia, che impugna e appoggia sulle spalle sia una pala, per scavare la trincea urbana, sia il panzerfaust, lanciagranate monouso adatto a mettere fuori uso un carro armato e facile da usare per ragazzini e anziani. Il giornale stesso precisa come vada letto e distribuito tra i cittadini. Sono otto i numeri, quattro pagine per otto in formato ridotto, usciti dal 22 al 29 aprile 1945, diffusi gratuitamente da bande di ragazzini che lo portano dalle tipografie alle strade, con tutte le difficoltà dovute al fatto che la città è assediata.

L’autore ricostruisce la pubblicazione de il Panzerbär riproducendo per la prima volta tutti gli otto numeri del giornale con le traduzioni dei principali articoli e ripercorre ogni giorno in cui è uscito il quotidiano facendo il confronto tra la propaganda nazista e la vera realtà della guerra.

Il nuovo giornale nazista ogni giorno riferisce il bugiardo bollettino di guerra e ospita feroci editoriali dei gerarchi nazisti, inoltre spinge i berlinesi tutti, dai più giovani ai più anziani, a combattere senza quartiere contro i sovietici perché “la vittoria è vicina”, “i rinforzi sono in arrivo” e “gli occidentali stanno cambiando alleanza”.

L’autore raggiunge gli obiettivi per entrambi i libri anche attraverso una magistrale contestualizzazione storica.

L’altro libro di Giovanni Mari, grazie anche a una ricerca di documenti d’archivio, si concentra sul nuovo governo nazista guidato dal nuovo cancelliere Joseph Goebbels e sul tentativo di tregua con i sovietici, raccontando una storia ben poco conosciuta.

Il 30 aprile 1945, fra le 15,15 e le 15,30, Adolf Hitler si suicida, con la moglie Eva Braun, nel bunker. Il grand’ammiraglio Karl Dönitz, che l’8 maggio firmerà la resa nazista e guiderà l’ultimo governo del Terzo Reich fino all’arresto del 23 maggio, è stato nominato presidente del Reich e comandante supremo delle forze armate da Hitler nel suo testamento scritto il giorno prima di morire. Tuttavia Dönitz viene a sapere della morte del Führer solo il 1° maggio e ricevette il testamento assieme a quello di Goebbels, scritto la mattina del 29 aprile subito dopo quello di Hitler, e il certificato di matrimonio con Eva Braun, solo dopo essere stato arrestato.

La Bandiera della Vittoria sul Reichstag, celebre foto scattata da Evgenij Chaldej il 2 maggio 1945.

Il governo di Goebbels durerà solo trenta ore, perché il 1° maggio, poco prima delle ore 21, il nuovo cancelliere nazista fa uccidere i suoi sei figli per poi, dopo le ore 21, suicidarsi assieme alla moglie Magda. Queste trenta ore di governo, poco studiate, sono però molto importanti perché Goebbels invia Hans Krebs, capo di stato maggiore e successore di Heinz Guderian (stratega della guerra lampo), a trattare una tregua con i sovietici, che stimano Guderian per i successi bellici precedenti. Le trattative, che vanno a buon fine, sono condotte con il generale dell’Armata Rossa, Ciuikov, che rimane in contatto con Stalin per aggiornarlo.

Si tratta di due libri, frutto di accurate ricerche storiche, molto importanti in quanto ci fanno conoscere episodi storici fino a oggi poco studiati e raccontati. L’obiettivo dell’autore di “Il governo Goebbels, Trenta ore di morte e menzogne” è quello di far luce nonché di dimostrare quanto quelle trenta ore del governo Goebbels siano state importanti, quindi non siano da mettere in secondo piano o da relegare nel dimenticatoio, bensì da far conoscere e studiare. Così con “La propaganda nell’abisso” Mari intende valutare il significato, il linguaggio, le caratteristiche giornalistiche e il suo impatto sull’opinione pubblica, di quest’ultimo giornale nazista. L’autore raggiunge gli obiettivi per entrambi i libri anche attraverso una magistrale contestualizzazione storica.

Il giornalista e scrittore Giovanni Mari

Abbiamo raggiunto Giovanni Mari, per porgli alcune domande.

Quanto tempo ha impiegato per compiere le ricerche e scrivere entrambi i libri?
A livello tecnico i due libri sono frutto di due anni di lavoro intenso, tuttavia rappresentano il coronamento di anni e anni di studio dei sistemi di propaganda in genere e dei sistemi di propaganda totalitaria nel dettaglio. Io penso che il compito di un giornalista, come io sono, sia quello di capire quando la propaganda diventa insopportabile e quando fa danni, ed è chiaro che la propaganda totalitaria è l’apice del male dell’informazione/comunicazione. Io ho studiato questo filone di opere e di studi, imbattendomi più volte nella figura di Goebbels ed è stato inevitabile per me studiarlo a fondo. Mentre stavo studiando le sue carte e i suoi scritti ho trovato il Panzerbär che è stato come una miniera d’oro, per due motivi: il primo perché rappresentava la summa “dell’arte negativa” di Goebbels a causa della sua tensione semantica; il secondo è l’ostinazione con cui, nonostante le condizioni di Berlino, Goebbels trova la forza criminale di scrivere quest’ultimo giornale. Da questo studio mi è venuta la curiosità e la voglia di studiare le prime trenta ore dalla morte di Hitler, quindi il governo Goebbels, che pur essendo un episodio molto importante trova poco spazio nella letteratura della seconda guerra mondiale.

Joseph Goebbels si congratula con un giovanissimo soldato della Gioventù hitleriana

Perché Peter Longerich, biografo di Joseph Goebbels, non ha trattato il suo ultimo giornale il Panzerbär?
Secondo me perché non vide il Panzerbär o ne vide solo una copia, e quindi non ebbe la strumentazione utile per studiarlo e darne conto. Longerich è un monumento e io non voglio certo essere paragonato con la sua sapienza, ma lui facendo un libro monumentale ha bisogno di atti, di documenti, di testimonianze, di prove, e forse quando scrive il suo lavoro non ha a disposizione quest’ultimo giornale che era stato requisito dai sovietici. Infatti il suo libro si ferma un giorno prima della morte di Hitler. Inoltre le documentazioni sul governo Goebbels erano e sono molto scarne, io ho dovuto lavorare molto con gli archivi russi, e forse quando Longerich, lavorava alla sua opera, erano meno aperti e meno disponibili. Comunque il materiale resta molto esile. Io trovando questo vuoto ho cercato di riempirlo vestendomi da storico in questo caso. Tuttavia teniamo i due piani ben distinti, perché Longerich è un monumento mentre io sono un piccolo studioso.

C’è un episodio in particolare che l’ha colpita nelle trenta ore del governo Goebbels?
Sicuramente quando i tedeschi e i russi decidono di srotolare un cavo telefonico da Tempelhof, quartier generale dell’Armata Rossa a Berlino, fino al bunker di Hitler, dove quest’ultimo era già morto. Quest’opera fisica di srotolamento di cavo telefonico, per la quale diversi militari muoiono, rappresenta in maniera plastica questo ultimo disperato tentativo di un dialogo/trattativa che però finisce male. Quando il cavo raggiunge il bunker, Goebbels e Ciuikov hanno appena il tempo di insultarsi per poi chiudere le telefonate. Questo racconto tragico mi ha particolarmente impressionato, e secondo avrebbe bisogno ancora di essere studiato e raccontato.

Andrea Vitello, storico e scrittore