“Raccontare la storia di Teresa Mattei, la più giovane partigiana dell’Assemblea Costituente, pedagogista sciolta, impegnata dal dopoguerra per decenni, fino alla sua scomparsa, all’età di 92 anni, nelle battaglie per la conquista dei diritti civili delle donne (dal quello al voto all’ingresso in magistratura) e dei bambini, in questo complicato momento storico, si rivela di grande utilità per le donne, soprattutto delle generazioni più giovani, affinché comprendano come i diritti di cui godono siano frutto dei sacrifici di donne coraggiose che le hanno precedute e quanto sia fondamentale custodirli e difenderli”.

In alto: 22 dicembre 1947, votazione finale della Costituzione della Repubblica Italiana. Alle spalle di De Gasperi si vede Teresa Mattei. In basso: 27 dicembre 1947, la consegna della Costituzione al Presidente De Nicola (foto tratte dal libro “Chicchi la resistente”)

Lo scrive Anita Ginella, già docente di discipline nell’area di Storia contemporanea nella facoltà di Scienze della Formazione a Genova (ora Disfor), scrittrice e pro-cugina di Teresa Mattei, alla quale ha dedicato il suo ultimo lavoro: Chicchi “la resistente”, patrocinato dall’Anpi provinciale Genova e presentato in anteprima nazionale nella città della lanterna, nel Tempio laico del Cimitero monumentale di Staglieno, insieme a Luca Borzani. La parentela con Teresa, ha raccontato Anita, le ha consentito di restare in affettuoso contatto con Chicchi per tutta la vita. E da Chicchi, lei ha imparato dalle piccole cose pratiche a quelle grandi, etiche e politiche, nonché a essere breve e sintetica quando parla in pubblico, pur se ammette: “non sempre ci riesco”. Come riporta anche nella prefazione: “Mi ha più volte riempito di orgoglio dicendomi alla lettura dei miei scritti di storia: Ma sei brava, scrivi bene, sei un’attenta ricercatrice. Quel ma mi lasciava un poco perplessa, come se non se lo fosse aspettato e se ne meravigliasse, però non importava, aveva comunque apprezzato il mio lavoro”.

Genova 2001. Cariche durante uno dei cortei contro la riunione del G8

Tante le esperienze vissute insieme, fino a quella più recente e traumatica del G8 di Genova (19–22 luglio 2001), quando la cugina è stata sua ospite, insieme al figlio Rocco, per una decina di giorni: “eravamo entrambe angosciate per la gravità e la metodicità delle violazioni dei diritti inviolabili sanciti dalla nostra Costituzione […]. Teresa ha affermato che le botte agli inermi, le cariche sui cortei autorizzati e pacifici, l’uccisione di Carlo Giuliani, la notte cilena nella scuola Diaz, le torture di Bolzaneto, non avranno mai una giustificazione”.

I fratelli Mattei: con Teresa, la terza da destra, Camillo, Gianfranco, Nino, Ida, Andrea e Mario (foto tratta dal libro)

Teresa Mattei era nata a Genova nel 1921 ed è scomparsa a Usigliano (Pisa) nel 2013, ma Anita, che avverte forte la sua mancanza, ha nostalgia della sua voce e delle sue intonazioni “sempre delicatamente dolci ma ferme”, stanca delle inesattezze che passano inesorabilmente da uno scritto all’altro su una delle più note Madri Costituenti, ha deciso di renderle giustizia con il suo libro. “Soprattutto però, trattando di Teresa, che è sempre stata una ribelle disobbediente, anticonformista e fuori dagli schemi, si compone troppo spesso un falso ritratto, accettabile, di femminista – come osserva il figlio Gianfranco Sanguinetti – ex costituente allineata all’ideologia dominante, parlando solo di mimosa, di violette e altre lepidezze politically correct, innocue e rassicuranti, come si fa quando la si celebra. Teresa era una donna decisa, pragmatica, rigorosa, coraggiosa e soprattutto libera: «La mia legge me la faccio da me»”.

Festa in famiglia nel 1941 (foto tratta dal libro)

Ancora l’autrice: “Una donna che non ha mollato mai, come le aveva insegnato il padre Ugo, e ha superato grandi lutti, dolori (ndr: per esempio, quello per l’amato primo marito Bruno Sanguinetti o per la figlia Antonella, suicida), distacchi, senza mai venire meno al suo impegno civile, fino all’ultimo. Chicchi la resistente non si è mai arresa”. Nella seconda parte della sua vita, troppo spesso trascurata, come “pedagogista sciolta” ha messo la sua creatività al servizio dei più deboli e ha realizzato iniziative che hanno avuto risonanza mondiale, da “Una treccia intorno al mondo”, alla richiesta del premio Nobel per la pace per i bambini di Sarajevo. Rocco, il figlio purtroppo scomparso, che la aiutava nei progetti e le è stato accanto sino alla fine, si inquietava molto per questa trascuratezza nei confronti della parte più lunga della vita della madre, 58 anni dedicati a grandi progetti pedagogici e a importanti battaglie per i diritti di tutti, segnati da incontri illuminati con personaggi di grande rilievo.

Continua Ginella: “Basta leggere i nomi delle persone insignite del Premio Bambino Permanente da lei inventato e realizzato con l’aiuto di Rocco, per comprendere in quali contesti nazionali e internazionali sapesse muoversi con eleganza e savoir-faire, da Cesare Zavattini a Sandro Pertini, da Michail Gorbaciov a Tiziano Terzani, passando per Rita Levi Montalcini… Con un po’ di presunzione, come storica e consanguinea, ho voluto scrivere di lei, cercando, con l’aiuto di suo figlio Gabriele, di fare chiarezza sulle tante inesattezze riscontrate e ridisegnare un ritratto veritiero”.

Cimitero monumentale di Staglieno. Custodisce le tombe di personaggi storici importanti, tra cui Ferruccio Parri

Il testo, precisa, accanto ai ricordi familiari e personali, nonché ai racconti della stessa protagonista Chicchi, si basa prevalentemente su citazioni integrali di sue interviste e scritti, raccontati in maniera fluida, tanto da farla diventare una breve biografia romanzata. Teresa (Teresita Sofia Ida all’anagrafe) ormai novantaduenne, ancora intellettualmente vivace, ripercorre la sua vita, poco prima di abbandonarla. E così il racconto si snocciola tra i ricordi di infanzia e di adolescenza, partendo dalle personalità che frequentavano la casa dei genitori a Bagno a Ripoli: Giorgio La Pira, Piero Calamandrei, Natalia Ginzburg, Carlo Levi, Adriano Olivetti, don Primo Mazzolari, Ferruccio Parri (politico, partigiano, presidente del Consiglio nel 1945, riposa nel Cimitero Monumentale di Staglieno) con molti altri, e della sua prima esperienza di partigiana, quando, giovane adolescente, fu investita di fiducia e inviata dal padre in treno da Firenze a Nizza, per consegnare del denaro ai fratelli Rosselli, antifascisti impegnati nella guerra civile spagnola. Fermata a Mantova dai fascisti, fu interrogata e rinchiusa insieme a delle prostitute. Toccante il ricordo delle compagne di scuole “polverizzate” a Mauthausen a seguito delle leggi razziali emanate nel novembre 1938, quando, per essersi ribellata in classe all’ascolto della propaganda razzista del professor Santarelli contro gli ebrei: “Io esco perché non posso assistere a queste vergogne”, fu espulsa  dal Liceo Michelangelo di Firenze e radiata da tutte le scuole del Regno. Così come è intensa e travagliata la storia con il partigiano Bruno Sanguinetti, suo primo e grande amore, che morirà a soli 41 anni.

Con i fratelli maggiori Camillo e Gianfranco nel 1941. Gianfranco sarà detenuto e torturato in via Tasso dalle SS

Sulla mia pelle di donna

Un’esperienza estremamente traumatica segnerà la vita di Teresa. Suo fratello Gianfranco era stato catturato dalla SS, detenuto e torturato in Via Tasso e così lei aveva deciso di recarsi a Roma per essere vicina ai genitori, chiedendo un passaggio a un autocarro, il cui autista, a seguito di un mitragliamento, era stato ucciso. Aveva pertanto chiesto un passaggio a due soldati austriaci, dicendo loro che aveva un fratello molto malato da raggiungere. Questi si fermarono in un campo di nazisti per portare un messaggio, senza che lei se ne rendesse conto. Quando una pattuglia di tedeschi la scoprì nascosta nel retro del camion, i due conducenti, temendo rappresaglie, negarono di sapere della sua presenza. I nazisti pensarono allora a un’azione partigiana: la arrestarono, seviziandola e stuprandola tutta la notte in un loro posto di polizia a Perugia.

Racconta Chicchi: “La violenza dei tedeschi l’ho pagata sulla mia pelle di donna. Mi ruppero dei denti e mi lesionarono un rene con il calcio di un fucile… Io conosco il tedesco e capii che la mattina dopo mi avrebbero fucilato. Fortuna volle che la notte lasciarono di guardia un italiano, un repubblichino. Aveva una figlia della mia età, non voleva credere che fossi comunista, che fossi una partigiana con la faccia perbene che avevo. Mi ricordo che si mise a piangere. Mi disse che avrebbe dovuto allontanarsi per un po’ e che non voleva trovarmi al suo ritorno, indicandomi da quale parte fuggire. Riuscii a scappare saltando da un muro molto alto. Arrivai a un convento dove per un caso trovai una suora grande amica di mia madre, Sofia Idelson che dirigeva un orfanotrofio a Messina. In lei ritrovai una mamma. Dopo qualche giorno mi imbattei in un carbonaio che mi portò via su un camion. Raggiunsi a Roma i miei genitori, ma dei terribili avvenimenti di Perugia non dissi loro alcunché. Non ne volli parlare perché non volevo dare loro un altro colpo doloroso. Al mio arrivo mi vedevano disperata e io non osavo raccontare quello che mi era successo. Non ho mai detto niente alla mia famiglia per non aggiungere altro dolore oltre a quello dell’arresto di Gianfranco. Inoltre, c’era un forte pudore da parte mia. Io non ho mai parlato della mia storia più tragica, la pudicizia mi vietava di farlo. Non l’ho mai raccontata neanche ai miei figli. E poi quel che stava sicuramente patendo Gianfranco in Via Tasso sotto gli aguzzini nazisti era la nostra priorità, tutto passava in secondo piano, anche la mia pena. Papà e mamma erano disperati, incapaci di reagire”.

Un articolo del Messaggero del 26 giugno 1946 su Teresa Mattei, la più giovane deputata del Parlamento repubblicano

Servono tante Chicchi per far vivere la nostra Costituzione

Riportiamo un estratto dell’appassionata prefazione al libro firmata da Massimo Bisca, presidente provinciale Anpi Genova. “Ho letto questo libro tutto d’un fiato, e naturalmente le parti relative all’esperienza dei mesi di lotta armata mi hanno coinvolto totalmente. Alcuni passaggi poi, condensavano in poche frasi l’insieme di rapporti umani, emozioni, timori, paure, ma anche tanto coraggio”. E ancora sottolinea Bisca il passaggio in cui Chicchi racconta: “ …però partecipavo anche alle azioni più rischiose, come far deragliare i treni che trasportavano o armamenti o milizie naziste, mettere bombe e far saltare depositi di munizioni. Si dovevano fare, si doveva sconfiggere la paura e agire. Io non credo agli eroismi senza paura. Credo che l’unico eroismo sia di vincere la paura e fare lo stesso quello che si è deciso di fare. Anche di usare le armi avevo orrore, ma era indispensabile! Riuscii a farmi consegnare da un gerarca fascista la sua arma, che divenne quindi la mia prima pistola, con la quale però non ho mai sparato un solo colpo. Un’altra volta, invece, sono riuscita a sequestrare una partita di prosciutti.
Entrai in una fabbrica di vestiti per prendere tutti i maglioni, perché erano necessari per combattere. Le scarpe erano il problema più grosso oltre il mangiare. Ricordo anche una fame terribile… poi il freddo, l’umido, il bagnato, i piedi gelati… Erano tante cose messe insieme, ma c’era un’incapacità di essere stanche: eravamo determinate dalla voglia di andare avanti malgrado le difficoltà.
Così sono passata dalla lotta armata all’impegno politico per costruire un’Italia diversa e democratica, più libera e più giusta, secondo quel che mi aveva insegnato mio padre”.

Un momento del Congresso di fondazione dell’Udi, Unione Donne Italiane nel 1944

L’emancipazione femminile

Si sofferma Bisca su un altro evento tra i tanti narrati: “La nascita dell’Udi, volta a riunire donne appartenenti a tutte le fedi politiche e classi sociali per perseguire il comune obiettivo dell’emancipazione femminile”. Il presidente provinciale Anpi Genova rievoca “la sua preparazione e partecipazione, anche con una relazione a un convegno dal titolo: ‘Le donne nella partecipazione alla vita pubblica, nella lotta, nella ricostruzione’. Piene di significato e fanno riflettere, le parole che scrive: “Avevamo tutte un bagaglio di esperienza politica, forgiato nella lotta antifascista ed eravamo tutte culturalmente preparate, non solo quelle di noi che avevano frequentato scuole e università, ma anche quelle che avevano studiato autonomamente, da autodidatte, e affrontato compiti politici e sociali. Le nostre differenze ideologiche non furono un ostacolo poiché, pur da schieramenti opposti, ci trovammo alleate per affermare insieme un’idea avanzata dell’emancipazione femminile. Le donne sono state chiamate l’altra metà del cielo, ma invece hanno i piedi saldamente sulla terra e vogliono che questa terra sia di pace. Noi cercavamo affannosamente di portare avanti un discorso sulla specificità femminile, riconoscendone i valori e la forza non esclusivamente all’interno della famiglia, ma per la società”.

Foto di gruppo di partigiane. (Archivio fotografico Anpi nazionale)

È quello che mi sono sentito dire da tante donne – aggiunge Bisca – sui comportamenti maschili, già dalla Resistenza, ma ancor di più finita la guerra, sia in fabbrica, dove ho lavorato, sia nel quartiere. Rileggendo certe frasi, il testo di Ginella mi ha fatto ricordare, pochi lo sanno, che a molte di loro non fu concesso sfilare coi partigiani dopo il 25 aprile e, tanto meno, indossare divise maschili (questo lanciavano gli Alleati), né tenere le armi, molte volte prese in azione ai nazifascisti, “Perché non stava bene vedere una donna così. E poi chissà cosa avrebbero potuto pensare (sic)”. A Genova, invece, dopo uno scontro verbale molto duro, il 1° maggio ’45 la Brigata di donne, comandata da donne, sfilò, tutta orgogliosa, forte della loro unicità.

A chi pensa che possano esservi periodi di grave travaglio e di trasformazione, nei quali non vi sia posto per una “questione femminile”, si incarica di dare torto la storia. E la storia non dà minore torto a chi crede che si possa realizzare un movimento reale per l’emancipazione della donna indipendentemente dai processi generali dello sviluppo della democrazia e della lotta per il progresso. Donne che maturarono la loro scelta antifascista con il rafforzamento del regime o appena vennero instaurate le leggi speciali che abolivano ogni libertà. Accade che, mano a mano che ogni problema della vita democratica si pone in modo più largo e concreto e si sviluppano gli aspetti organizzati della lotta armata o della vita civile, la presenza femminile diventa più evidente e significativa. Con la fine della guerra le donne non hanno sicuramente smobilitato il loro impegno.

1945. Governo Parri

Quanto viene descritto sull’esperienza politica e dentro lo stesso Partito Comunista, è tutto molto chiaro nel dimostrare quante battaglie abbiano dovuto combattere. Teresa Mattei era una Costituente…ma pensiamo a quelle donne che non avevano certi incarichi e che dovevano fare i conti, tutti i giorni, con certe culture maschiliste e retrograde. Esse conquistarono sul campo il diritto al voto: pochi sanno che venne assegnato nel febbraio del ’45 da un decreto luogotenenziale, e che non potevano essere elette, ma soltanto votare. È il governo Parri nel marzo del ’46 a rendere possibile la loro elezione, e così furono 20.000 le Consigliere comunali elette nel ’46 alle amministrative e 21 le Deputate alla Costituente (9 della Dc, 9 del Pci, 2 del Psi e 1 dell’Uomo Qualunque). Alcuni non capirono subito la portata storica di quella conquista, ma la compresero in seguito; e lo si è visto nelle battaglie per la Costituente e per la Repubblica, nelle lotte per la vita e la difesa delle Istituzioni: lì si è rivelato appieno lo spirito delle donne.

Nel ’48, con l’entrata in vigore della Costituzione, grazie al lavoro delle Costituenti gli articoli 3, 29, 31, 37, 48 e 51 sanciscono la parità tra uomini e donne. Nel ’50 viene promulgata la legge per la tutela delle lavoratrici madri. Nel ’51 la Dc Angela Cingolani è la prima donna Sottosegretario. Nel ’56 le donne sono ammesse alle giurie popolari e ai tribunali minorili. Nel ’60 compare l’eliminazione dai Contratti di Lavoro Nazionali (CCLLNN) di tabelle paghe differenti tra uomini e donne, ma ci vorrà una sentenza della Cassazione nel 1969 per applicarla (allora erano oltre 5 milioni quelle che lavoravano) e salterà anche la clausola del nubilato.
Nel 1963 il matrimonio non sarà più ammesso come causa di licenziamento. Nel 1964 le donne sono ammesse in Magistratura secondo il Disegno di Legge Moro…

Le loro battaglie sono continuate in altri momenti cruciali della vita del Paese, non solo per la legge sul divorzio o sull’aborto o nel nuovo diritto di famiglia. Battaglie che in tanti casi le hanno viste protagoniste, questo sì, come sempre, in conflitti interni anche alle stesse forze politiche progressiste e democratiche, ben prima dei confronti più generali nel Paese, per far valere la loro specificità, il loro essere donna, senza condizionamenti opportunistici e di facciata. Del resto, lo stesso mondo femminile è sempre stato in prima linea nelle lotte in difesa della democrazia da quando si sono tentati i golpe in Italia, da quando i fascisti hanno messo bombe nelle piazze o sui treni, oppure quando il terrorismo voleva “colpire al cuore lo Stato”. E molte donne erano con la Mattei a Genova, nei giorni tremendi e drammatici del G8, dove trovò la morte Carlo Giuliani, e si vissero dei giorni in cui si uccise anche la democrazia e lo stato di diritto, non solo alla caserma di Bolzaneto, e dove alla scuola Diaz ci fu davvero una “Macelleria messicana”.

Questo libro disegna tutti questi eventi attraverso le vicende di Chicchi, la più giovane delle Madri Costituenti. Ricordarlo non significa rievocare una storia lontana. Guardare e intendere con chiarezza ciò che è stato, significa al contrario, comprendere bene il presente e pensare al futuro. Stiamo vivendo una fase delicata nella vita del Paese. Serve una nuova avanzata della democrazia, e personalmente credo serva ancor di più sapersi far influenzare meglio dalle sensibilità delle donne, dalla loro acutezza e dalla necessità, ormai inderogabile, di applicare sino in fondo il secondo capoverso dell’Articolo 3 della nostra Carta fondamentale. Ancora una volta serve la memoria, servono le nostre radici per non smarrire il senso della storia e la lezione che ne deriva. Dobbiamo ripartire dalle nostre radici. Ecco perché bisogna partire dalla Costituzione, da quei valori per i quali i nostri padri e tante nostre madri non hanno potuto vivere la loro giovinezza e molti dei loro compagni hanno sacrificato la vita. In questo c’è la strada per la ricostruzione, non solo dell’unità nazionale, ma anche di una nuova moralità ed etica pubblica.

Ci sono, nel solco della prima parte della Costituzione, nuovi diritti da affermare, e più che altro serve applicare fino in fondo quegli articoli che, dopo tanti anni, non sono ancora applicati. Ancora oggi essa rappresenta un’arma formidabile per affermare uguaglianza, solidarietà, democrazia. Le forze antifasciste nell’immediato dopoguerra furono in grado di metter insieme idee, culture, storie molto diverse, sulle quali costruire compromessi alti, che sono la sostanza della nostra Costituzione e che ancora mostrano il loro valore e la loro grande attualità. Gli italiani sono un popolo che è stato capace di “creare” il fascismo, di farlo arrivare al potere con “libere” elezioni; ma che è stato capace di liberarsi, anche con le proprie forze, e non solo con l’azione degli Alleati. La nostra è la Costituzione di un Paese che non ha lasciato solo ad altri il compito di liberarlo, ma ha impegnato se stesso, ha combattuto, e per questo si è dato una Costituzione come quella attualmente in vigore.

Alla presentazione del libro

Una donna moderna

Ancora Anita Ginella: “Le pagine del libro, scritte quasi sotto dettatura, restituiscono l’immagine di una vita d’impegno civile, di una “donna non storica”, ma attuale. Non solo le mimose, scelte da lei per la festa della donna, ma la fondazione dell’Udi; “il cinema fatto dai bambini”; la treccia intorno al mondo; Radio Bambina; la testimonianza al processo militare a Priebke; la campagna referendaria del 2006 contro la riforma costituzionale “anticostituzionale”. Come non ricordare le sue battaglie per una sinistra coraggiosa e non legata a pregiudizi, gli scontri all’interno del Partito Comunista? O le battaglie da deputata in Parlamento, tra cui quella per consentire alle donne l’ingresso in Magistratura?

28 maggio 2025. Il Presidente Mattarella incontra i magistrati ordinari in tirocinio. Tra loro molte donne (Imagoeconomica, Francesco Ammendola)

“Il 26 novembre io e la compagna Maria Maddalena Rossi – si legge nel libro che racconta la biografia di Teresa Mattei – spalleggiate dalla democristiana Maria Agamben Federici, presentammo l’esplicito emendamento, «Le donne hanno diritto di accesso a tutti gli ordini e gradi della Magistratura». Si scatenò l’atteggiamento di sufficienza, di insofferenza e di arroganza della grande maggioranza dei Padri Costituenti che consideravano inammissibile l’ingresso delle donne nelle funzioni giurisdizionali. […] Si disse che le donne erano troppo emotive, non sapevano bene le cose, non erano in grado di dirigersi. Fu veramente una grossa offesa, che forse rinfocolò il nostro nascente femminismo, ma purtroppo non arrivò ad avere una giusta vittoria. In quei giorni feci un discorso sulla parità di accesso in magistratura. Si alzò un deputato liberale: “Signorina – mi disse – non onorevole, ma disse proprio signorina – ma lei lo sa che in certi giorni del mese le donne non ragionano? E io gli risposi: Ci sono uomini che non ragionano tutti i giorni del mese”. “Allora fummo sconfitte, il nostro emendamento fu bocciato. L’Assemblea scelse di mantenere il silenzio su questa specifica questione, decise di non decidere, rinviando la scelta a leggi future”. La legge che avrebbe consentito alle donne l’accesso a tutte le cariche, professioni e impieghi pubblici, sarebbe stata finalmente approvata solo nel 1963.

Floriana Mastandrea e Anita Ginella

Una vita intensa quella dell’antifascista Chicci, costellata di incontri importanti: da Palmiro Togliatti ad Alcide De Gasperi, Sandro Pertini, Piero Calamandrei, Bruno Munari, Cesare Zavattini, Roberto Rossellini, Franca Rame, Rossana Rossanda, Nilde Iotti, Danilo Dolci, a Giovanni Battista Montini, per citarne solo alcuni. L’affascinante e scorrevole volume polisensoriale (si può leggere, guardare e ascoltare) contiene molte immagini – testimonianza della vita di Teresa Mattei e approfondimenti audio e video fruibili con l’App Vesepia. Anita Ginella ha anche curato, assieme ad altri, la mostra storico documentaria “Teresa e le altre. Partigiane genovesi e Madri della Costituzione”, di cui la sezione genovese dell’Anpi Teresa Mattei, ha recentemente pubblicato il catalogo.

Floriana Mastandrea, direttivo Comitato provinciale Anpi Avellino