Si dichiarano afascisti, diffondono messaggi di stampo chiaramente fascista, promulgano norme discriminatorie e, nel mentre, si scagliano contro coloro che si dichiarano antifascisti. Saranno ben contenti se questi ultimi stessero zitti; ma zitti, invece, non ci stanno mai. “Ma tu eri antifascista?”, “Oh piano coi termini, sono sempre stato un afascista moderato”, dice la copertina di “Afascisti”, una raccolta delle denunce dell’inconfondibile tratto del vignettista Mauro Biani, XXXV Premio Satira Politica Forte dei Marmi,­ il più importante premio di satira in Italia­, e soprattutto antifascista che, per nostra buona sorte, zitto non ci sta mai.

“Questa sgangheratezza ideologica – scrive in una nota People, la casa editrice che ha pubblicato questa straordinaria raccolta – è diventata nel frattempo patrimonio comune della quasi totalità del patrimonio politico contemporaneo, il che ha consentito in nome di una supposta necessità di pacificazione, di memoria comune, di superamento degli steccati ideologici, una progressiva normalizzazione del fascismo, dei suoi richiami, delle sue parole d’ordine”. E così, “Io ritorno, ma a pezzetti, brani, un po’ qui, un po’ lì, un po’ là. Un po’ tu, un po’ lui, senza dare troppo nell’occhio” recita una potente vignetta contenuta nel libro, diviso in sezioni.

In quella dedicata agli Afascisti, Biani mette in evidenza con arguzia “distinguo, banalizzazioni, amnesie: una rassegna quotidiana e perciò infinita, dalla destra che è andata al governo alla destra che è rimasta all’opposizione, dei più deboli”. Perché in quella alfa privativa di afascisti, c’è quell’Italia che ha vinto le elezioni. “È una a che funziona a meraviglia da distanziatore – sottolinea il giornalista Carlo Verdelli nella prefazione – che spinge lontani i richiami della Storia, li affossa nella noia del culturame, li dissolve in una specie di trapassato remotissimo, sciogliendoli coi potenti acidi della rimozione fino a ridurli a rimbrotti, predicozzi, futilità morali”.

La raccolta Afascisti induce a riflettere su quanto questo neologismo sia il simbolo di un Paese guidato per la prima volta da una donna dove, però, ha votato meno della metà degli aventi diritto, con un’astensione record del 36,6% e con Fratelli d’Italia primo partito con il 26%. Ovvero meno del 16% del corpo elettorale. “Fratelli d’Italia… ma che davvero?” avrebbe detto secondo Mauro Biani, il partigiano e Presidente della Repubblica Sandro Pertini.

Quando Giorgia Meloni sintetizzò il doppio incarico di presidente del partito di maggioranza e del Consiglio dei Ministri, disse: “Vogliamo restituire a questa Nazione l’ottimismo e l’orgoglio che merita. Perché c’è un’Italia che vuole credere, combattere al nostro fianco, alzare la testa, andare avanti e crescere”. Ci mancava solo obbedire. “Ma sì, chiamatemi pure centro-destra” dice il duce impettito. E ancora, “Non fate di tutto un fascio un fascio”, afferma in un’altra vignetta Giorgia Meloni dalla sua ormai nota comunicazione d’impatto.

Biani ironizza anche sull’ossessione permanente della destra per il presepe. Ricordiamo che la senatrice Lavinia Mennuni di Fdi ha annunciato di aver depositato il testo per una norma che prevede anche provvedimenti disciplinari contro presidi e docenti che vietino iniziative promosse da genitori, studenti o dai competenti organi scolastici, volte a perpetuare le tradizionali celebrazioni legate alla Pasqua cristiana e al Natale, come l’allestimento del presepe e recite, al fine di ricordarne il profondo significato di umanità e il rapporto che le lega all’identità nazionale italiana.

Chissà, ci chiediamo noi in questi giorni, se ricorda che la Pasqua è connessa stretta stretta alla Pace, mentre quotidianamente si rinnova una tragedia in Palestina, dove a Betlemme, Cisgiordania, è nato Gesù. Comunque, per tornare alla proposta Mennuni: prevede procedimenti disciplinari contro quel personale degli organi scolastici che tuttavia periodicamente smentisce di voler censurare le tradizioni natalizie e, visto il periodo, pasquali, tentando di far capire quanto sia difficile, e allo stesso tempo doveroso, destreggiarsi nella scuola multietnica.

La sezione Smemorati del libro Afascisti denuncia la negazione e la rimozione di ogni elemento che possa nuocere alla retorica patriottica: “Nessun trascorso coloniale, nessuna responsabilità, se non la critica di chi si ostina a ricordare e a dichiararsi antifascista”. E ancora, quella dedicata alla guerra in Ucraina e ai “razzisti del ma”, dove “tutto serve per negare ciò che nell’attualità ci porterebbe a un sussulto di dignità di chi non ammette mai un trattamento del genere per sé e invece lo trova concepibile per chi viene da lontano”. Sono tutte forme di accettazione di forme di potere che democratiche sono sempre meno che in questo libro diventano puntini di infiniti singoli episodi che delineano un preciso disegno e che scuotono, invitano a non smettere di opporci e ribellarci. E che ne fanno “un Biani da conservare come pietra d’inciampo”.

Mariangela Di Marco, giornalista