Anne Sylvestre nel 1974

L’amore è tutto. Una ragione, un mezzo, un’arte di vivere. Un miracolo dell’incontro. Anne Sylvestre

 

Anne Sylvestre, cantante, cantautrice francese, nata il 20 giugno 1934 nel 6 ° arrondissement di Lione con il vero nome di Anne-Marie Thérèse Beugras, è mancata a Parigi, il 30 novembre 2020.

“Il lavoro di Anne Sylvestre – scrive il giornalista Jean Monteaux, nella redazione parigina di Elle dal 1946 al 1976 – è una trappola da cui non puoi scappare: quando ci hai messo l’orecchio, sei costretto a metterci anche gli occhi”. Perché le sue composizioni sono nello stesso tempo canzoni e poesie, in cui le parole hanno il potere di suggerire immagini, anche alla sola lettura. Figura centrale nel contesto culturale francese degli anni Sessanta, pur non avendo frequentato Saint-Germain-des-Prés, fulcro dell’esistenzialismo, come studentessa alla Sorbonne, è stata influenzata da quell’atmosfera. Ha conosciuto quel movimento di pensiero, ha studiato Jean-Paul Sartre, Albert Camus, Simone de Beauvoir. Sembra aver sorvolato quel tempo, in realtà ha dominato quell’epoca che ha visto la nascita della canzone d’autore” [Jean Monteaux, Anne Sylvestre, Paris, Segners Editeur, 1971, p. 6].

Di lei avevamo parlato con Beppe Chierici, in una recente intervista su Daisy Lumini.

Il manifesto degli ultimi concerti in programma. Sylvestre è scomparsa all’età di 86 anni nel novembre 2020

«Anne Sylvestre, donna coltissima, era idolatrata da Brassens – raccontava Beppe –, veniva chiamata ‘la Brassens in gonnella’ e lui stesso l’aveva soprannominata ‘la duchessa in zoccoli’. Fu lui a presentare il suo primo disco e a lanciarla. Era famosa come Barbara, le due cantautrici contemporanee più interessanti della scena francese. Barbara era una musa eterea, Anne una combattente. C’è stata un po’ di competizione: il fatto che a un certo punto Barbara fosse più famosa di Anne ha irritato quest’ultima al punto di rompere con Brassens, che alla fine l’ha lasciata perdere. Si era esibita in quattro o cinque delle prime parti dei suoi concerti. Lei scriveva testi di estremo valore poetico e di grande impegno, ma non politici, più sociali. Contro la borghesia, storie di figure femminili che si ribellano alle regole borghesi. Siccome ero molto amico di Anne, decisi di preparare questo spettacolo per Daisy su alcune delle sue canzoni che avevo tradotte […]. È stata una cantante estremamente tormentata che passava dall’amicizia alla rivalità in modo rapidissimo».

Uno degli ultimi concerti. Sempre il tutto esaurito al botteghino per le esibizioni di Anne Sylvestre

Figlia di Albert Beugras, braccio destro di Jacques Doriot, durante l’occupazione a capo del Partito popolare francese, il principale partito di ispirazione fascista, da cui Anne prenderà le distanze, è la sorella della scrittrice Marie Chaix, la quale anch’essa nei suoi romanzi ha raccontato l’esperienza politica del padre e di come in famiglia per lungo tempo le sue azioni vennero tenute nascoste.

Trascorre la sua infanzia a Tassin-la-Demi-Lune vicino a Lione. La sua famiglia si trasferisce poi a Parigi, dove Anne studia letteratura, che abbandona per dedicarsi alla canzone.

“Sono nata a Lione – dice – ma non sono lionese”. Il nonno materno era alsaziano, quello paterno della Borgogna. Un uomo che a quattordici anni lavorava in fabbrica, ma amava la lettura e aveva frequentato corsi serali per apprendere e migliorare la sua cultura. Per diverso tempo durante le vacanze Anne frequenta la sua casa di Fontainebleau. Verso di lui proverà sempre un po’ di timore, per i suoi andirivieni in giardino, nei corridoi, davanti alla porta della sua camera. Un clima di inquietudine, anima quelle vacanze. Soprattutto perché lei è sola, lontana dalla famiglia, dalla sorellina, dalla madre verso cui prova una nostalgia che Anne rievocherà nelle sue canzoni [Monteaux J. p. 11].

Come anche il nonno e le sue radici borgognone, in Mon grand-père Louis (1967).

I genitori di Anne si sono adorati tutta la vita. “Mio padre era un uomo meraviglioso, intransigente ma tenero, capace di perdere ogni cosa, compresa la libertà, pur di difendere un’idea. Aveva un carattere di grande solidità, continuamente messo alla prova. Mia madre era una donna molto dolce, e sotto il suo fascino e la sua malizia nascondeva una volontà di ferro, una forza di carattere insospettabile” [Monteaux, J. p. 9]. Il padre ha proseguito sulla strada del nonno: ingegnere chimico, è diventato uno dei migliori specialisti in materie plastiche. Più tardi, venuta a sapere della sua posizione politica, Anne proverà un forte senso di vergogna, espressa nella canzone Roméo et Judith: Sur moi la honte s’accumule/Le sang que je porte me brûle/ Su di me la vergogna si accumula/Il sangue che porto mi brucia.

Nell’ambiente famigliare, comunque, Anne vive un’infanzia gioiosa, anche se lei non è mai veramente serena. Due fratelli, Paul e Jean, completano il quadro e condividono l’infanzia di Anne. La sorella Marie, arriverà più tardi, quando Anne ha otto anni. In famiglia c’è anche una governante, Juliette, considerata una seconda madre.

Fino a quell’età la famiglia vive nella banlieu lionese, a Tassin-la-Demi-Lune, in un’abitazione con giardino. In questa zona frequenta la scuola. Anne ama leggere. Quando qualcosa non le interessa smette anche di ascoltare, si perde nei suoi pensieri. Dirà di non essere mai stata una scolara brillante. Chiusa in se stessa, spesso isolata, “Ero troppo ombrosa per avere degli amici” [Monteaux, J. p. 13]. Molto sensibile, Anne sembra stare bene solo in famiglia. Ci vuole poco per farla piangere, e questo aspetto del suo carattere, questa sensibilità speciale, l’accompagnerà per tutta la vita.

Ma ci sono anche ragioni molto concrete per piangere e per provare spavento. Il 1941-’42 sono gli anni dell’occupazione. “Avevo paura della radio che diffondeva solo parole di terrore, e allora mi rifugiavo nei miei sogni” [Monteaux, J. p. 14]. Anne impara a immaginare, a evadere dalla paura attraverso le storie che si racconta, l’invenzione di un mondo che la rassicura.

A otto anni possiede già la qualità immaginativa che si ritroverà in Le femme du vent:

Maman le vent me fait la cour/ Le vent me trousse et m’eparpille/Le vent me souffle des discoursMamma il vento mi corteggia/Il vento mi insegue e mi disperde/Il vento mi soffia discorsi.

Il sogno, le visioni, l’invenzione, le suggestioni, gli amici immaginari sono il materiale che sostanzia l’arte e la scrittura di Anne.

Per la musica, ci sono le lezioni di pianoforte, sua madre ravvisa per lei un avvenire artistico.

Poco tempo dopo la famiglia si trasferisce. Prima a Suresnes, dove nasce l’ultima sorella, e poi a Parigi.

Anne Sylvestre in un recente scatto (da Facebook, pagina ufficiale)

Suresnes è un quartiere di piccole strade dove tutti si conoscono, da qui nasce forse l’atmosfera tipica di molte della canzoni di Anne, quella del villaggio, del cantone, del borgo fuori da ogni collocazione geografica e temporale.

Suresnes è una tappa importante nella sua vita di bambina che diventa adolescente. Per la prima volta Anne ha dei compagni veri, non immaginari È il 1944 e con loro si gioca “alla guerra” e “agli indiani”. Ma il suo carattere non cambia: si arrabbia per un nonnulla e gli amici si divertono a provocarla per vedere le sue reazioni. Mette il broncio, si isola, niente è cambiato.

Al Liceo si appassiona alla letteratura francese, nasce in lei l’amore per le parole, l’interesse per la musicalità dei versi. Non ha ancora pensato di scrivere canzoni, ma scrive comunque, pagine e pagine in cui racconta la sua adolescenza piena di spine. Anne si sente brutta, stupida, goffa, ed è possibile che alcune canzoni riflettano questo periodo tormentato. Come La chanson de toute seule:

Moi je suis pas comm’les outres/ Ce son eux qui me l’ont dit…/Quand j’ai mal ou de la peine/Au lieu de m’en consoler/Je vais voir couler la Seine/Et je ma’amuse à pleurer. Io, non sono come gli altri/Son loro che me lo hanno detto … /Quando provo dolore o pena/Invece di consolarmi/Vado a vedere la Senna scorrere/E mi diverto a piangere. [Monteaux, J. p. 23].

Poi arriva la musica a darle scampo. Inizialmente il jazz. In famiglia il fratello ha una collezione di dischi che girano tutto il giorno: Amstrong, Mezz Mezzrow. Grandi artisti la cui musica ben si adatta allo spirito malinconico di Anne.

La seconda grande salvezza è la chitarra, presa in prestito un giorno ad alcuni amici, che restituirà con rimpianto. Una nuova chitarra subentrerà e resterà sua fedele compagna per sempre.

La terza è la grande passione per la natura che esplode nell’amore per il mare, il vento, la sabbia. Elementi essenziali per la sua anima e che saranno il nutrimento della sua scrittura.

La musica, lo strumento, la natura sono le grandi rivelazioni che a diciotto anni conducono Anne fuori dalla sua solitudine e la mettono in connessione col mondo e soprattutto con la parte più fragile di sé. Rivelazioni che la curano e le permettono di provare per sé e per gli altri il sentimento dell’amore. Che si manifesta nella vita dell’adolescente Anne e nelle sue canzoni, diventando uno dei temi più presenti.

“Il mio primo amore è stato un vicino di casa che aveva due begli occhi e una grossa motocicletta […]. Ricordo la mia timidezza, l’imbarazzo, il veloce battere del cuore e nel momento di dirgli ‘buongiorno’, il mio guardare altrove. Mi ha fatto sognare, ho continuato a inventare storie” [Monteaux, J. p. 24].

Alla fine degli studi Anne pubblica le sue prime opere di scrittura in cui fa i conti con le sue paure, i suoi fantasmi, le sue angosce personali. “Non ho scritto per liberarmi, ma per il piacere di scrivere. È per me che io scrivo” [Monteaux, J. p. 25].

A diciotto anni è a Parigi con la famiglia. Un tirocinio presso la Scuola di vela Les Glénans in Bretagna le mostra la vivacità di una vita diversa: “Mi sono accorta che potevo avere veramente dei compagni, ridere, divertirmi con ragazze e ragazzi senza retro pensieri. E nello stesso tempo mi rendevo conto che mi era possibile vivere una vita piacevole” [Monteaux, J. p. 27].

Derivano da questa esperienza canzoni come Valse marine

o On s’est connus, canzone sull’amore raccontato con semplicità, un’affinità naturale: “On s’est connu comme ça, on était bien ensemble/Tu parlais mon langage et j’entendais ta voix

e certamente Les amis d’autrefois, il ricordo di una felicità fatta di amici, vento, mare e voglia di avventura.

Per la prima volta, davanti ai compagni del corso di vela, Anne si esibisce in una sua canzone, Maryvonne, storia triste di una giovane in lacrime a cui qualcuno ha portato via un amico, un amore, per il divertimento di vederla piangere. Confessa la sua fragilità Anne, in questa canzone, e la sua arte di cantautrice.

Tutti le dicono di presentarsi a un’audizione, ma lei esita, aspetta, tergiversa per almeno due anni.

Nel novembre del 1957 finalmente è ingaggiata a “La Colombe”, una delle caves dedicate alla canzone e ai concerti dal vivo. Ha già un suo solido repertorio di canzoni scritte negli anni, canzoni che esprimono la sua personalità: Madame ma voisine, storia di due giovani innamorati,

Les cathédrales, un tributo alle stupefacenti cattedrali gotiche con le vetrate istoriate, in cui risuona il canto dei trovatori medievali, Histoire ancienne, sul tema della guerra, una guerra che in ogni tempo condanna le figlie alla solitudine.

C’è l’ironia, la tenerezza, l’amicizia, l’amore, il mare, una realtà fantastica fuori dal tempo.

Scrivere, comporre, cantare sono ora il suo imperativo. Abbandona gli studi di letteratura e dedica due anni, dai ventitré ai venticinque, alla scrittura di canzoni. Compone e canta, tra le tante: Philomène, cuore stregato, donna che trascina a sé tutti quanti,

Tiens-toi droit, Porteuse d’eau, sull’acqua che fa rinascere e rinvigorire l’erba secca,

Quatre saisons, sull’amore che arriva in primavera e sparisce in inverno,

Grégoire ou Sébastien, qual è il nome del giovane bello e gentile che falcia i campi?

Canzoni come fiabe senza tempo che rappresentano il suo naturale anticonformismo. Lo stile, l’espressione, la scelta dei soggetti non possono appartenere a nessun altro che a lei. È impossibile ritrovare nelle sue composizioni un riferimento ad altri poeti in quel momento così popolari.

In Tiens-toi droit, partendo da un’espressione quotidiana Anne definisce il comportamento dell’uomo innamorato: “Perché l’amore duri, deve conservarlo in tutto il suo rigore, in tutta la sua irruenza, in tutta la sua esigenza e bandire ogni agio, compresa una certa forma di gentilezza più vicina al compiacimento che alla tenerezza” [Monteaux, J. p. 34].

Nel 1958-59 Anne Sylvestre, con le sue canzoni, rivoluziona il clima musicale dei suoi tempi.

L’aspetto poetico delle sue composizioni viene riconosciuto da più parti: Anne è un’artigiana. A sottolineare la forza di una scrittura che si compone di semplicità e in questo di assoluta meraviglia.

“Ci sono differenze molto marcate tra poesia e canzone – dice Jean Monteaux –. Per prima una differenza di linguaggio: l’autore di canzoni deve essere compreso al primo verso mentre il poeta dispone di più pagine. Poi una differenza espressiva: una canzone deve essere semplice, un poema può essere arduo. E ancora una differenza di forma: una canzone si inscrive in un cerchio, un poema si estende all’infinito. Ma le rime, l’equilibrio, a chi appartengono, allo scrittore o al cantautore? A tutti e due, io penso”. E chi più di chiunque altro sa far andare d’accordo le regole dell’arte poetica con la canzone è Anne Sylvestre.” [Monteaux, J. p. 8].

Cominciano le serate nelle caves di Parigi: a venticinque anni Anne è richiesta ovunque, al “Cheval d’Or”, “La Contrescarpe”, al “Port du Salut”, al “Chez Moineau” e al “Trois Baudets”. Qualcuno la paragona a Brassens per la notevole qualità dei suoi testi e perché si accompagna come lui alla chitarra.

Da https://es.wikipedia.org/ wiki/Anne_Sylvestre#/media/ Archivo:Fanclub1965 AnneSylvestre.jpg

Dopo un primo disco “diciassette centimetri” e un “venticinque centimetri” nel 1961, Anne pubblica il suo primo 33 giri. Per le sue canzoni, riceverà il premio internazionale dell’Accademia della Canzone francese Charles-Cros, quattro volte, tra il 1963 e il 1967.

Nel 1962, si esibisce per la prima volta al “Bobino” introducendo Jean-Claude Pascal e all’Olympia introducendo Gilbert Bécaud. Lo stesso anno, Georges Brassens, nella sua stessa casa discografica, scrive un testo elogiativo sul retro della copertina del suo secondo disco: “Cominciamo a renderci conto che prima del suo ingresso nella canzone, ci mancava qualcosa e qualcosa di importante”.

Quando Anne si esibisce è la sobrietà in persona, testo e melodia si rivelano nella loro franca nudità. Nessuna orchestra ad accompagnarla, perché a lei bastano un contrabbasso e la sua chitarra. È l’opera di Anne, nella sua essenzialità, che viene applaudita.

Da https://www.facebook.com/anne.sylvestre.officiel/

Il suo pubblico, la cui età media si aggira intorno ai venticinque anni, è composto per lo più di giovani, ventenni e trentenni, studenti, insegnanti, impiegati. Un pubblico che la ama per la sua semplicità, per l’ironia, per la sua verità, l’umanità e la bellezza dell’espressione poetica. E soprattutto per la possibilità di identificarsi nelle sue canzoni.

Nel 1966 la canzone francese è all’apice della sua elaborazione artistica e culturale divenendo canzone d’autore. Una particolarità esclusiva, nata dalla fusione tra le parole dei grandi poeti e le musiche di autori innovativi. Nascono anche i cantautori che sommano le due arti della scrittura poetica e musicale oltre che dell’interpretazione canora. La canzone francese non esprime uno stile unico ma quello vario di tante personalità diverse. L’ascoltatore, il pubblico ha la possibilità di scegliere: può detestare Jacques Brel e amare appassionatamente Charles Aznavour, adorare Juliette Grèco  e odiare Gilbert Bécaud, entusiasmarsi per Jean Ferrat e disdegnare Georges Brassens. La canzone francese di quel tempo è una canzone individuale, che esprime il punto di vista del singolo cantautore.

Anne Sylvestre è una delle più significative artiste individuali. Le sue canzoni non offrono alcun riferimento a scuole letterarie o musicali. “È impossibile – dice Jean Monteaux – collocare le sue opere in rapporto a qualcuno. Impossibile anche situarle in relazione alla nostra epoca” [Monteaux, J. p. 47]. Sono canzoni atemporali che sempre lasciano un segno in chi le ascolta.

In questi anni di successo artistico Anne si sposa, poco dopo divorzia (e si risposerà). Ma è la maternità l’evento sconvolgente. La nascita della figlia Alice le rivela una passione che la travolge. “Ero perdutamente innamorata di questa bambina – dice Anne -, è inspiegabile, ma questa passione esiste. Attraverso l’amore materno ho realizzato che l’amore non era una parola vuota e abusata. A partire da questo amore, una evoluzione si è innescata: ho compreso quale donna io sarei stata. L’amore – l’amore totale – prende a volte deviazioni bizzarre” [Monteaux, J. p. 35].

Non è un caso che Anne scriva così tante canzoni per l’infanzia. Creerà una propria etichetta discografica con cui inciderà “Les Pierres dans mon jardin” (1973).

Seguirà il racconto fantastico “Lala et le cirque du vent” (1993)

e l’album “Anne Sylvestre chante… au bord de La Fontaine”, che raccoglie testi originali liberamente adattati dalle Favole di La Fontaine (1997).

Poi ci sono le sue “Fabulettes” che combinano umorismo e serietà. Le canzoni dell’album “Les Mots magiques” sono piuttosto educative,

mentre “C’est un veau” o “Dans ma fusée” fanno appello all’immaginazione. Certe altre, affrontano temi più impegnati come quelle per gli adulti.  Tra queste Café au lait, sui diversi colori della pelle;

Le Bonhomme bleu marine riguarda l’inquinamento delle spiagge.

“Les Fabulettes” sono presentate solo su disco. Anne ha sempre rifiutato di eseguirle in pubblico, riservando i suoi concerti alle canzoni “per adulti”.

I personaggi che popolano le sue canzoni sono spesso donne, giovani o mature. Donne maghe, streghe, donne amanti, amate, seduttive, madri, piangenti, ribelli, ragazze nella nebbia. Luisette, Philomène, Elèonore, Marie, Jeanne, Marion, Cècile sono fissate in una quotidianità senza tempo, immerse nell’umile verità umana che le rende ugualmente antiche e contemporanee. Non portano il marchio di alcuna classe sociale. Anne ha saputo raccontare storie e donne eterne, con i loro sentimenti, le vicende quotidiane e semplici.

(da https://www.ciloubidouille.com/
2020/12/01/anne-sylvestre/)

“La donna del vento” (2013), album di Daisy Lumini e Beppe Chierici, è composto di traduzioni dei brani di Anne. Tra questi proprio Filomena, storia di una donna incantatrice e un po’ strega che incatena il cuore degli uomini. Se l’acqua ti bagna è una intensa poesia d’amore, come La donna del vento mentre La rosa dei venti è una canzone sull’amicizia. Tutte dal sapore popolaresco. “Faccio il mio lavoro da donna, la mia posizione è sempre quella di donna” [Monteaux, J. p. 65].

Anne ha sempre dichiarato, infatti, di essere una femminista. E ha cantato di donne in canzoni dove è prevalso di volta in volta l’umorismo, come La Faute à Ève, in cui Eva, stanca dello stereotipo della colpevole che ha ceduto al peccato, preferisce andare all’inferno dove forse il diavolo è meno misogino di Dio.

Mon mystère (1978), canzone sulle tante costrizioni a cui una donna si sottopone per dover sempre piacere agli uomini,

o La Vaisselle (1981) che ironizza sui mestieri domestici di cui sempre le donne devono occuparsi.

Oppure la tenerezza, come Une sorcière comme les autres (1975) in cui la donna è madre, strega, dea.

O la durezza, come in Rose (1981), storia terribile di una ragazzina che resta incinta, senza aiuto nell’allevare il neonato:

Elle ne savait pas, et vous devez me croire,/Quun enfant, ça diffère un peu d’une poupée / Lei non lo sapeva e tu devi credermi/Che un bambino è un po’ diverso da una bambola

Canta anche di uomini con i loro lati negativi, vanagloriosi e talvolta infedeli come in Petit Bonhomme (1977)

o li descrive con tenerezza come in Que vous sont beaux (1986).

Del 1977 è il suo album “Comment je m’appelle”.

Cantante impegnata, ma che ha sempre rifiutato questo aggettivo su di sé – denuncia questa etichetta nella sua canzone Chanson Dégagée -, firma molti testi mettendosi in gioco.

Nelle sue canzoni affronta temi sociali come lo stupro in Douce Maison, (1978),

l’aborto in Non, tu n’as pas de nom  (1973),

la miseria e la povertà in Pas difficile (1986),

o l’attualità e la guerra nella emozionante Un Bateau mais demain (1978). Un battello si spezza in mezzo al mare, i bambini cadono in acqua e muoiono, ci saranno solo disgrazie per la colpa di non averli potuti salvare.

Di nuovo la guerra in Berceuse de Bagdad (2003), canzone per una bambina appena nata sotto le bombe a Bagdad.

Si impegna anche sul fronte dei diritti civili, sul tema dell’omosessualità e dei pregiudizi a essa collegati, in particolare nella canzone Xavier

e sul matrimonio omosessuale, nella canzone Gay marions-nous.

Nel 1998 celebra i suoi quarant’anni di canto all’Olympia, dopo essersi esibita più volte in quel luogo sacro riservato alle grandi voci internazionali.

Incanta il suo pubblico all’Auditorium Saint-Germain per i suoi due successivi album: “Partage des eaux” nel 2000

e “Les Chemins du vent” nel 2003.

Nel settembre 2007 pubblica un nuovo album “Bye mélanco” sui ricordi d’infanzia e festeggia i suoi cinquant’ anni di canzoni con una serie di recital, andati tutti esauriti, al Trianon (Parigi). Intero concerto:

Nel 2018, celebra i suoi sessant’anni di carriera con un tour e un triplo CD “Florilège”, oltre a una raccolta dei suoi lavori intitolata “60 ans de chanson! Déjà?”

Non ha mai smesso di scrivere e di esibirsi, sempre adorata dal suo pubblico.

“Ora che sapete che Anne non legge poeti per proteggersi dalla loro influenza, che ama il vento, il verde, il mare e, appassionatamente, la vela; che ha una piccola preferenza per le canzoni dolci, e che scrivendo, componendo e cantando pensa al ruolo della donna che, in ogni momento, è di consolare, di farsi roccia, con le sue mani o con le sue canzoni, ecco allora potete comprendere più chiaramente il suo lavoro. Le sue canzoni hanno la seduzione della semplicità quando è pura” [Monteaux, J. p.69].

Resta l’immagine di un’artista piena di fascino che ha trovato la propria affermazione in una canzone fuori dai canoni, estranea al suo tempo, autrice e interprete di un mondo magico completamente suo, racchiuso in un sogno. Un’aura fantastica circonda i personaggi e le storie. Per sempre vive perché dentro ogni epoca. Un’artista che ha trovato il coraggio di esporsi nella sua nudità per sopravvivere all’infelicità e all’inquietudine interiore. E che ha poi saputo raccontare il presente tormentato, i drammi al di fuori di sé, con voce e melodie struggenti.

Una breve documentazione dagli archivi INA

Una lunga radio intervista per “Radioscopie”:

Chiara Ferrari, coautrice del documentario Cantacronache, 1958-1962. Politica e protesta in musica, autrice di Politica e protesta in musica. Da Cantacronache a Ivano Fossati, edizioni Unicopli