Una premessa e un’avvertenza. Premessa: non leggereste questa recensione se, all’uscita del film, il presidente degli Usa Donald Trump non avesse postato, sul sito ufficiale della Casa Bianca, un fotomontaggio in cui il suo volto compariva al posto di quello del protagonista, nel manifesto ufficiale. Da lì, avendo poi letto alcune recensioni, mi è venuta la curiosità di capire come un gesto così infantile si rapportasse al film. Avvertenza per gli spettatori di sinistra. Buona notizia: se vedendolo vi angosciate, ricordatevi che è solo un film. Cattiva notizia: è uno dei film più esplicitamente politici che ho visto negli ultimi tempi. Quel che racconta è, nell’essenza, terribilmente realista.

La locandina del film

Non di solo Bergman vive il critico è uno dei miei motti ricorrenti. È la giustificazione pronta quando vado a vedere un film come questo (insieme alla motivazione che, si, insomma, i gusti del grande pubblico vanno conosciuti…). Questa volta c’era anche l’idea di capire se potesse portare acqua al mulino dell’uomo che governa il mondo (almeno, una parte di esso) dalla Stanza Ovale.

Lo Studio Ovale della Casa Bianca

Il regista, e qui autore, James Gunn viene da una casa di produzione mitica nel campo del trash, la Troma Entertainment, e per essa ha scritto un paio di horror a basso costo che sono diventati oggetti di culto, Tromeo and Juliet (anche codiretto) e Terror Firmer. Da lì il salto nelle grandi produzioni della Marvel Comics (Spiderman, The X men, The Avengers e un sacco di altri personaggi), per cui ha realizzato I guardiani della galassia 1, 2 e 3, per farsi poi licenziare e approdare alla sua concorrente storica nell’ambito dei fumetti, la DC comics (Batman e Superman, appunto, e una serie nutrita di supereroi pure lei). Qui ha realizzato The Suicide Squad – Missione suicida per poi vedersi affidata una delle corazzate della DC, il personaggio del kryptoniano Superman, nelle vesti dimesse di Clark Kent.

Il regista James Gunn

Il compito era difficile, ormai certi filoni del cinema contemporaneo sembrano esauriti, storie già troppe volte raccontate: non basta aggiornare i cast, puntare sui sempre nuovi effetti digitali, aumentare il livello di spettacolarità (e di sempre minore verosimiglianza). Già qualche critico recita il de profundis del genere supereroistico, gli incassi calano, il pubblico sembra cominciare a stancarsi. Ricordiamoci che parliamo di veri e propri colossi produttivi, con budget stratosferici e strutture aziendali multinazionali. Gunn vince la sfida (anche in incassi con il prodotto Marvel sugli schermi in contemporanea), operando una rilettura dei personaggi, giocando su ironia e un po’ di sana demitizzazione e inserendoli in un contesto diverso. Un contesto molto contemporaneo, assai inquietante: almeno se corrispondete all’avvertenza di cui sopra.

Il Superman di Gunn è un buono anche un po’ sconcertante nella sua volontà di essere sempre corretto: ne busca di brutto, non è certo così invincibile, sanguina, si rompe le ossa. Fa diversi errori (lo ammette anche nella sequenza finale dopo i titoli di coda) e anche con la sua fidanzata Lois Lane non è propriamente irresistibile. Il suo supercane Krypto gli complica la vita, ma gliela salva almeno due volte (per un supereroe non è proprio il massimo). Nell’immaginario del film impedisce l’invasione di un Paese povero, ma ricco di risorse minerarie, il Jarhanpur, da parte di una nazione slava, la Boravia, alleata con gli Usa, con un dittatore borioso, aggressivo e bugiardo (Putin?). Ciò scatena la reazione del suo storico arcinemico, Lex Luthor, plurimiliardario a altissimo livello tecnologico con grandi interessi personali in quella guerra, che si serve dei social per demolire il personaggio pubblico di quello che, lo ricorda sempre con toni di disprezzo, sarà pure un supereroe ma resta un alieno, da cui guardarsi nel massimo pregiudizio. Il presidente Usa non compare nella vicenda (non a caso), ci sono i suoi collaboratori al governo: vengono ben presto irretiti da Luthor, il cui potere sembra assoluto e invincibile.

Bastano questi elementi a farne un film politico? A mio modesto parere sì. Nel mostrare un sistema di potere che si sostenta nella menzogna, falsifica dati e soggioga l’opinione pubblica nella violenza del denaro, prima ancora che delle armi, si ha la sensazione crescente di vedere un’analisi, sia pur elementare, del panorama odierno. Le scene in cui le truppe super attrezzate della Boravia attaccano l’inerme popolo del Jarhanpurn fanno salire l’angoscia, e l’immaginario si confonde con il repertorio informativo quotidiano.

L’attore David Corenswet nei panni di Superman

Difficile, quindi, mettervi in guarda dal disagio profondo nell’assistere alla sua prima parte. Solo un film, ti ripeti: ma non ti convinci. E Lex Luthor somiglia terribilmente, nei tratti caratteriali, a un signore che controlla una serie impressionante di sistemi satellitari nonché dei progetti sulla IA, pur non essendo propriamente un soggetto equilibrato… provate a indovinare a chi fa pensare ciò. Ma è un film: questo tipo di produzioni non prescrivono finali realistici, ma rassicuranti. Tranquilli quindi: finisce come speriamo. E non è scontato. Bisogna annotare che nel filone supereroistico i toni narrativi si sono fatti via via sempre più cupi, sempre più aderenti al sentire collettivo.

Batman

Se si guarda all’altra icona del cosiddetto DC universe, Batman, il personaggio è diventato sempre più duro, violento, nevrotizzato, e si muove in una società oscura e senza speranza. Nella riscrittura del personaggio operata, nei fumetti, dall’autore Frank Miller – quest’ultimo accusato a più riprese di essere islamofobo e sulle posizioni della destra statunitense – si può parlare di una politicizzazione del personaggio: nei film recenti questo non appare, ma introduco questo dato per dire che i personaggi dell’immaginario collettivo fanno fatica a mantenere un’autonomia sociale. Come li descrivi, li collochi in una dimensione storica, quindi politica (anche negli scenari distopici o di una linea temporale alternativa): l’universo simbolico degli X men è apertamente anti razzista, i mutanti divengono il simbolo delle minoranze avversate per una serie di pregiudizi. Del resto anche il Superman a fumetti fu schierato contro i nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Un altro grande fumettista, Alan Moore (V per vendetta, The watchmen: opere poi anche sugli schermi) è esplicitamente anarchico e si è messo in polemica con Miller. In effetti, 300, un romanzo a fumetti poi film a firma di quest’ultimo, dedicato all’episodio storico delle Termopili, un po’ fascista era…

Insomma, nemmeno con i fumetti ci si può rilassare. Non è vero che tutto è politica, però tanti aspetti della nostra vita sì: per quello che succede nel sistema mediatico certamente il peso del controllo delle fonti e la loro falsificazione sta diventando fondamentale per la tutela della democrazia. Anche questo nel film di Gunn c’è.

Nella vita reale Superman non esiste e noi dobbiamo sopportare guerre, cataclismi, ingiustizie globali, e una classe politica che ci lascia basiti e apparentemente impotenti di fronte ai suoi misfatti. Il mito del supereroe, che filosoficamente si può far risalire allo Ubermensch, l’oltreuomo di Nietzsche, che ha dato origine alla degenerazione nazista, ma anche a idee altrettanto malsane in ambito del socialismo reale, va letto ormai con senso radicalmente critico. Abbiamo bisogno di movimenti di persone consapevoli, libertarie, di grande capacità analitica e volontà di cambiamento: degli eroi – super o meno – che siano uomini soli al comando non dovrebbe interessarci più. Dobbiamo capire come esserlo a livello popolare e culturale, ammoniti dal grande Brecht e il suo classico beato quel popolo che non ha bisogno di eroi. Sinceramente io la penso ancora così. Detto ciò il Superman di Gunn è pop, colorato, ben realizzato a livello digitale, pieno di suggestioni e, a parte il disagio iniziale già descritto, allegro.

Trump vestito da papa (da Instragram della Casa Bianca)

Un personaggio positivo, irritante nell’essere troppo buono, ma vincente per questo: non è poco, come messaggio educativo. Uno degli eroi veri della vicenda narrata è un immigrato, che muore per mano di Luthor per salvare Superman. Fondamentalmente un film per un pubblico non adulto: ma ogni tanto staccare il cervello è legittimo. Soprattutto per vedere Elon Musk… oddio scusate: Lex Luthor, che le prende di santa ragione. Trump ci ha capito il giusto con la sua uscita, e non mi sembra una novità. Ma le sue tragiche buffonate non fanno per niente ridere. Dopo il Papa, Superman: chi altro? Ci arrabbiamo per queste sue uscite e forse ci distraiamo; infatti intanto governando fa cose orribili.

Non si tratta di invocare interventi metaumani: lo dobbiamo fermare noi.

Andrea Bigalli, docente di Cinema e teologia all’Istituto superiore di scienze religiose della Toscana