Quando frequentavo l’università, il professore con cui mi sarei laureata soleva dire che un intellettuale deve avere due requisiti: saper scrivere a macchina (il professore veniva da una militanza di dattiloscritti e ciclostili) e avere sempre domande da porre. Questo secondo aspetto mi sembrava il più intrigante e certamente il più difficile, perché comportava una inevitabile esposizione. C’è differenza tra il fare domande che danno per scontata la risposta, quelle che che ti fanno fare bella figura, e il fare domande per le quali non è possibile prevedere la reazione dell’interlocutore. Sia come sia, ho sempre tenuto presente questo insegnamento, imparando “a scrivere a macchina”, nelle declinazioni tecnologiche successive, e cercando di non cedere all’istinto di negarmi questioni e sfide difficili, che con caparbia ostinazione lo stare in un’associazione ti propone.
Questo per dire che la proposta di Gianfranco, di occuparmi del problema emerso al Congresso nazionale (Riccione 2022), ovvero in che modo lavorare per una maggiore integrazione dei giovani nell’Anpi, mi era parsa una sfida superiore alle mie capacità. La sola cosa che sapevo fare era “chiedere”, cioè farmi un’idea a partire dal confronto con tante e tanti, discutere, prendere una strada ed essere disposta a cambiarla.
La propensione all’ascolto è stata il motivo costante del lavoro occorso per arrivare all’organizzazione della due giorni di Riccione, a cui hanno partecipato 100 giovani dirigenti Anpi, il 2 e 3 dicembre scorsi. Era necessario sollecitare e interagire con le reazioni di tante persone diverse davanti ai problemi che abbiamo posto, e che sintetizzo fin troppo schematicamente: cosa puoi fare tu per l’Anpi? Cosa deve fare l’Anpi per te?
Il percorso era nato all’indomani del Congresso, al termine del quale la questione era stata sinceramente mal posta, e vivacemente contestata da tanti, giovani e non solo. Voluto con molta determinazione dal presidente Pagliarulo, era stato costituito un gruppo di lavoro, inizialmente formato da componenti del Comitato nazionale (Michela Cella, Mauro Magistrati ed io), e subito dopo allargato ad altre compagne e compagni, sia del Comitato nazionale (Paolo Papotti, responsabile nazionale della formazione e Claudio Maderloni, responsabile del Servizio civile) sia operanti in altri settori e territori (Giovanni Baldini, responsabile della collana “I libri di Bulow” e dell’osservatorio sull’estrema destra nel web, Gabriele Bartolini, Lucrezia Boari, Salvatore Borelli, Claudia Cammarata, Sara Cucciolito, Dario Melillo, Valentina Tagliabue).
La questione risultava spinosa: come affrontare temi riguardanti fasce generazionali diverse (avevamo “chiuso” tra i 18 e i 35 anni, pur sapendo che tra i 18 e i 35 anni passano mondi) senza ridurci a pensare per categorie? Di quale antifascismo parlano i giovani iscritti? Che cosa esprimono e in quali pastoie interne all’associazione sono eventualmente impigliati (oltre a quelle sociali dei lavori precari e frammentati, e in generale legate al fatto di vivere in un Paese che sembra permettere così poche occasioni di pieno sviluppo della persona umana)?
Alcuni dati li avevamo presenti: solo l’8% degli iscritti ha meno di 35 anni; e la nostra associazione ha un’età media di circa 60. Niente di sconvolgente, beninteso: non ci si allontana molto dal quadro demografico italiano. Però c’era altro, e siamo andati a cercare altro: quanti comitati provinciali hanno dato fiducia ai compagni e alle compagne più giovani? In quali ruoli li ha impegnati? Qui si sono aperti scenari abbastanza diversi tra loro, e inaspettati. A partire da queste analisi sommarie, e forniti solo di propensione all’ascolto, abbiamo deciso di incontrare, su e giù per l’Italia, quanti ci hanno dato la disponibilità di parlare con noi, partendo, con alcune eccezioni, dai giovani componenti dei Comitati provinciali.
Sono emersi elementi di criticità e di proposta; l’idea che sui territori si lavora in modo isolato, senza sapere cosa fanno le Anpi di città o regioni diverse dalla propria; la necessità di favorire la comunicazione, interna e verso l’esterno, con le modalità proprie dei media usati dalle fasce giovanili, senza trascurare le altre; l’esigenza di impegnarsi su intersezionalità, beni comuni, ambiente, spazi di socialità.
È emersa, soprattutto e in modo molto forte, la volontà di non essere “categoria”, ma di essere Anpi insieme.
Questo ci ha convinti che stavamo lavorando nella giusta direzione, rifuggendo per quanto ci è stato possibile dai paternalismi di chi in fondo coltiva la certezza, avendo più esperienza, di avere ricevuto il mandato dalle mani dei partigiani e di avere, di conseguenza, una linea da dettare e delle liturgie da imporre.
Insomma, siamo arrivati a Riccione con molti interrogativi e con l’idea di favorire un dibattito aperto (che c’è stato: ricco, pungente, non celebrativo, non retorico) e di lavorare su quattro tavoli tematici per una prima elaborazione critica e propositiva: conoscenza della nostra base associativa, formazione, periferie, capacità di attrazione.
Abbiamo aperto l’Assemblea con la dedica affettuosa a due donne che rappresentano l’alfa e l’omega per significato generazionale: la partigiana – e molto altro – Marisa Cinciari Rodano, la notizia della cui morte ci aveva raggiunti quel mattino, ed Elena Cecchettin, che ha offerto a un Paese colpevole e distratto la forza di trasformare un dramma individuale in un fatto politico. Abbiamo reso loro omaggio con accorato rumore perché è questo il punto che riguarda noi: guardarsi intorno e vedere oltre sé, e non tacere davanti alle relazioni malate, siano esse familiari o sociali. Opporre, senza eroismo, un passo avanti di civiltà di fronte alla disumanità non solo di chi usa violenza, ma di chi si volta dall’altra parte negando quella violenza e riducendola a eccezione.
Siamo partiti da qui, e dalla bella relazione di Gabriele Bartolini, che fra i numerosi punti toccati ha dedicato una ferma esortazione ai vari livelli della dirigenza: «Cara Anpi, valorizza le intelligenze e le passioni dei tuoi giovani, investi su di loro. Dedica tempo e risorse al percorso di maturazione politica e umana delle tue ragazze e dei tuoi ragazzi. Vivendoti ho trovato nei tuoi giovani, in tutta Italia, impegno, intelligenze e grandi passioni».
Abbiamo sentito parlare di questioni che ci interrogano indipendentemente dall’età, a partire dall’assioma, più volte ribadito, che i giovani non rappresentano il futuro, ma il presente. Il pregiudizio dei dirigenti che non valorizzano i militanti più giovani è lo specchio del valore che ai giovani attribuisce la società. Valorizzare le esperienze, aprirsi a nuove forze e nuove visioni, è precisamente il contrario che appuntarsi sul petto la medaglietta del “giovane” eletto nell’organismo dirigente facendo però in modo, gattopardescamente, che tutto resti com’è.
Con i circa 30 interventi in plenaria e i dibattiti sviluppati nei tavoli di lavoro, abbiamo percorso idealmente un giro abbastanza impegnativo, alla fine del quale ci siamo resi conto, con emozione, di essere abitanti della stessa casa comune, fatta di militanza antifascista, tensione etica, conoscenza storica, custodia e diffusione della memoria, bisogno di formazione, voglia di portare dentro a un’associazione talvolta un po’ irrigidita temi e modalità che la rendano parte attiva in una società che cambia.
Questa è la sfida, e non si può che affrontarla insieme.
Silvia Folchi, componente comitato nazionale Anpi
Pubblicato martedì 19 Dicembre 2023
Stampato il 14/12/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/in-anpi-il-futuro-e-adesso-con-i-giovani/