Erwin Schulhoff in una xilografia di Conrad Felixmüller del 1924

“L’arte libera è rivoluzione, richiede dei punti di vista straordinari affinché si sviluppi, porta a rovesciamenti per schiudere nuovi sentieri, cosa che con maggior forza si manifesta nel fare musica. Il processo di rivoluzione nell’arte si è evoluto per decenni in qualsiasi luogo della terra accumunando tutti gli uomini, questo non di meno singolarmente vero per la musica perché è la forma artistica più vivace, quindi riflette questa rivoluzione in maniera più profonda nella fuga completa dalle tonalità e dai ritmi imperialisti nelle arrampicate per un cambiamento estetico”.
Erwin Schulhoff

 

Erwin Schulhoff nasce a Praga nel 1894 da genitori tedeschi di origine ebraica, nipote del direttore d’orchestra Hermann Wolff e pronipote del pianista e compositore Julius Schulhoff. Suo padre Gustav è un commerciante di lana che durante l’inflazione degli anni Venti aveva perso praticamente tutto e viveva da tempo in condizioni di indigenza quando, nel 1941, viene deportato nel campo di concentramento di Theresienstadt dove troverà la morte nel 1942.

Sull’altopiano di Asiago

Grazie a una raccomandazione di Antonín Dvořák, Erwin comincia a prendere lezioni di pianoforte all’età di sette anni e a dieci entra al conservatorio di Praga. Continua gli studi a Vienna, Colonia e a Lipsia, dove studia composizione con Max Reger. Studente prodigio, vince diversi concorsi come il Wüllner-Preis nel 1913 e il Mendelssohn-Preis nel 1914. Ciononostante, come cittadino austroungarico, durante la Prima guerra mondiale viene spedito al fronte (combatte sull’altopiano di Asiago) da cui torna con diverse menomazioni dovute ai geloni e una mano offesa.

L’orrore della guerra desta nel giovane Erwin un forte desiderio di pace e così aderisce al movimento comunista. Comincia a scrivere anche canti di protesta e a dedicare pagine ai rivoluzionari combattenti per la libertà (la prima volta nel 1919 con la sinfonia vocale Menschheit op.28 dedicata all’assassinio di Karl Liebknecht su testi di Theodor Däubler).

Con la Repubblica di Weimar, in Gemania si assiste a una grande rinascita culturale che coinvolge anche il popolo

Nel primo dopoguerra ritorna a una vita normale in Germania come insegnante di pianoforte: a Saarbrücken, Berlino e soprattutto Dresda. Qui viene a contatto con il movimento dadaista e il fervore culturale della Repubblica di Weimar e fonda insieme alla sorella Viola, pittrice, e ad altri artisti di tutte le discipline come Otto Dix, Otto Griebel, Hermann Kutzbach, Theodor Däubler, il Collettivo “Werkstatt der Zeit” (la bottega del tempo) e realizza insieme a loro una serie di “Fortschrittskonzerten” (concerti progressisti).

Ritornato a Praga nel 1924 trova la sua strada come compositore: impressionismo, espressionismo, neoclassicismo, musica microtonale: sperimenta con profitto tutti i generi dell’avanguardia, integrando al loro interno non solo l’armonia classica ma anche quella antica, barocca e la musica popolare. La commistione dei generi sarà la cifra caratteristica della sua arte.

George Grosz, “Eclissi di sole”, 1926

È stato tra i primi compositori capace di integrare nei suoi lavori elementi ritmici e armonici del jazz e addirittura dei balli alla moda come il foxtrott o il charleston, creando un particolarissimo linguaggio sonoro fatto di luci e colori dalle mille sfumature.

Il brano In futurum del 1919 dalle 5 Pittoresken op.31 dedicate al suo amico George Grosz è un pezzo per pianoforte scritto esclusivamente con silenzi che anticipa di quarant’anni la sperimentazione della seconda metà del 900.

Copertina di una registrazione dell’op.82. Clicca qui per ascoltare

Comunista entusiasta, crede che l’arte debba essere comprensibile a tutti e dagli anni Trenta la sua estetica prende sempre più convintamente la via del realismo.

Mette in musica nel 1932 il Manifesto del Partito Comunista op.82 in forma di cantata e dedica all’Armata Rossa la sinfonia nr.6 Symfonie svobody (Sinfonia della libertà) op.94.

Nel 1931, si unisce al Fronte di sinistra cecoslovacco organizzando collettivi artistici che integrano professionisti e compagnie artistiche operaie. Nel 1933, mentre tiene concerti a Mosca e Leningrado, viene delegato a un congresso dei teatri operai dell’Unione Sovietica.

Con l’ascesa del nazismo la sua carriera in Germania è fermata: le sue opere vengono proibite perché “arte degenerata” e la prima della sua opera Plameny prevista a Berlino è vietata.

Già nel 1931, su pressione dei nazisti, la casa editrice Universal interrompe il contratto stipulato nel 1924. Quando nel 1938 la Cecoslovacchia viene occupata, Schulhoff prende un nome falso e sopravvive in uno stato di semilatitanza; molti gli pseudonimi che è stato costretto a usare durante la sua carriera: Hanuš Petr, Jan Kaláb, Georg Hanell, Eman Baizar, Franta Michálek.

Nel maggio 1941 decide di trasferirsi con la sua famiglia in Urss, ottiene la cittadinanza sovietica. Il 13 giugno tutti i documenti sono pronti per l’espatrio, ma proprio all’indomani dell’invasione nazista dell’Urss cominciata il 22 giugno, viene arrestato come dissidente e internato nel campo di concentramento di Wülzburg in Baviera dove, fino all’ultimo, continua a lavorare alle composizioni, fedele agli ideali così come aveva fatto da giovane soldato nelle trincee della Grande guerra. Mentre ancora sta lavorando a una nuova composizione, la sinfonia “Eroica” su testi di Marx, Lenin e Stalin, muore di tubercolosi il 18 agosto 1942.

Edoardo Pirozzi, presidente Anpi Monaco di Baviera