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“L’arte libera è rivoluzione, richiede dei punti di vista straordinari affinché si sviluppi, porta a rovesciamenti per schiudere nuovi sentieri, cosa che con maggior forza si manifesta nel fare musica. Il processo di rivoluzione nell’arte si è evoluto per decenni in qualsiasi luogo della terra accumunando tutti gli uomini, questo non di meno singolarmente vero per la musica perché è la forma artistica più vivace, quindi riflette questa rivoluzione in maniera più profonda nella fuga completa dalle tonalità e dai ritmi imperialisti nelle arrampicate per un cambiamento estetico”.
Erwin Schulhoff
Erwin Schulhoff nasce a Praga nel 1894 da genitori tedeschi di origine ebraica, nipote del direttore d’orchestra Hermann Wolff e pronipote del pianista e compositore Julius Schulhoff. Suo padre Gustav è un commerciante di lana che durante l’inflazione degli anni Venti aveva perso praticamente tutto e viveva da tempo in condizioni di indigenza quando, nel 1941, viene deportato nel campo di concentramento di Theresienstadt dove troverà la morte nel 1942.
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Grazie a una raccomandazione di Antonín Dvořák, Erwin comincia a prendere lezioni di pianoforte all’età di sette anni e a dieci entra al conservatorio di Praga. Continua gli studi a Vienna, Colonia e a Lipsia, dove studia composizione con Max Reger. Studente prodigio, vince diversi concorsi come il Wüllner-Preis nel 1913 e il Mendelssohn-Preis nel 1914. Ciononostante, come cittadino austroungarico, durante la Prima guerra mondiale viene spedito al fronte (combatte sull’altopiano di Asiago) da cui torna con diverse menomazioni dovute ai geloni e una mano offesa.
L’orrore della guerra desta nel giovane Erwin un forte desiderio di pace e così aderisce al movimento comunista. Comincia a scrivere anche canti di protesta e a dedicare pagine ai rivoluzionari combattenti per la libertà (la prima volta nel 1919 con la sinfonia vocale Menschheit op.28 dedicata all’assassinio di Karl Liebknecht su testi di Theodor Däubler).
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Nel primo dopoguerra ritorna a una vita normale in Germania come insegnante di pianoforte: a Saarbrücken, Berlino e soprattutto Dresda. Qui viene a contatto con il movimento dadaista e il fervore culturale della Repubblica di Weimar e fonda insieme alla sorella Viola, pittrice, e ad altri artisti di tutte le discipline come Otto Dix, Otto Griebel, Hermann Kutzbach, Theodor Däubler, il Collettivo “Werkstatt der Zeit” (la bottega del tempo) e realizza insieme a loro una serie di “Fortschrittskonzerten” (concerti progressisti).
Ritornato a Praga nel 1924 trova la sua strada come compositore: impressionismo, espressionismo, neoclassicismo, musica microtonale: sperimenta con profitto tutti i generi dell’avanguardia, integrando al loro interno non solo l’armonia classica ma anche quella antica, barocca e la musica popolare. La commistione dei generi sarà la cifra caratteristica della sua arte.
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È stato tra i primi compositori capace di integrare nei suoi lavori elementi ritmici e armonici del jazz e addirittura dei balli alla moda come il foxtrott o il charleston, creando un particolarissimo linguaggio sonoro fatto di luci e colori dalle mille sfumature.
Il brano In futurum del 1919 dalle 5 Pittoresken op.31 dedicate al suo amico George Grosz è un pezzo per pianoforte scritto esclusivamente con silenzi che anticipa di quarant’anni la sperimentazione della seconda metà del 900.
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Comunista entusiasta, crede che l’arte debba essere comprensibile a tutti e dagli anni Trenta la sua estetica prende sempre più convintamente la via del realismo.
Mette in musica nel 1932 il Manifesto del Partito Comunista op.82 in forma di cantata e dedica all’Armata Rossa la sinfonia nr.6 Symfonie svobody (Sinfonia della libertà) op.94.
Nel 1931, si unisce al Fronte di sinistra cecoslovacco organizzando collettivi artistici che integrano professionisti e compagnie artistiche operaie. Nel 1933, mentre tiene concerti a Mosca e Leningrado, viene delegato a un congresso dei teatri operai dell’Unione Sovietica.
Con l’ascesa del nazismo la sua carriera in Germania è fermata: le sue opere vengono proibite perché “arte degenerata” e la prima della sua opera Plameny prevista a Berlino è vietata.
Già nel 1931, su pressione dei nazisti, la casa editrice Universal interrompe il contratto stipulato nel 1924. Quando nel 1938 la Cecoslovacchia viene occupata, Schulhoff prende un nome falso e sopravvive in uno stato di semilatitanza; molti gli pseudonimi che è stato costretto a usare durante la sua carriera: Hanuš Petr, Jan Kaláb, Georg Hanell, Eman Baizar, Franta Michálek.
Nel maggio 1941 decide di trasferirsi con la sua famiglia in Urss, ottiene la cittadinanza sovietica. Il 13 giugno tutti i documenti sono pronti per l’espatrio, ma proprio all’indomani dell’invasione nazista dell’Urss cominciata il 22 giugno, viene arrestato come dissidente e internato nel campo di concentramento di Wülzburg in Baviera dove, fino all’ultimo, continua a lavorare alle composizioni, fedele agli ideali così come aveva fatto da giovane soldato nelle trincee della Grande guerra. Mentre ancora sta lavorando a una nuova composizione, la sinfonia “Eroica” su testi di Marx, Lenin e Stalin, muore di tubercolosi il 18 agosto 1942.
Edoardo Pirozzi, presidente Anpi Monaco di Baviera
Pubblicato venerdì 9 Settembre 2022
Stampato il 27/07/2024 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ci-guidavano-le-stelle/erwin-schulhoff-anche-la-musica-deve-prendere-parte/