Il ruolino partigiano di “Maia”

Questo racconto è la sintesi di una ricerca, che verrà pubblicata interamente nei prossimi mesi insieme ad altre, su una singolare figura di partigiana calabrese di nome Annunziata Pontoriero. Tina (il diminutivo con cui era conosciuta) era la terzogenita di cinque fratelli: Giulia, la più grande, Giuseppe, Anna e Antonio. Tutti erano originari di San Ferdinando, all’epoca e fino al 1977 frazione di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria.

Andiamo con ordine: nell’agosto 1935, la ventunenne Giulia si sposa con il ventottenne Pasquale Lojacono, sergente di un reggimento dell’Esercito Coloniale. La coppia si trasferisce a Cuorgnè, circa quaranta chilometri a nord di Torino, nella porta di ingresso alla Valle Orco, dove si trovava già un cugino dei Pontoriero, anche lui originario di San Ferdinando, che si chiamava Ferdinando Bagnato ed era ferroviere.

Tina, Anna e Antonio a un certo punto vanno a trovare la sorella Giulia a Cuorgnè. Non sappiamo esattamente l’anno né il motivo preciso di questa trasferta. Sappiamo però con certezza che l’intero nucleo famigliare, a partire dal 1944, si dedica all’attività partigiana. Pasquale Lojacono infatti rivestiva l’incarico di collegatore in seno ai reparti partigiani dell’VIII Divisione Valle Orco con il nome di battaglia “Belfiore”. La ventiduenne Tina, con il nome di combattimento “Maia”, svolgeva l’attività di staffetta; il ventenne Ferdinando, con il nome di combattimento “Libero”, svolgeva attività esterna di collaborazione, così come anche Anna, all’epoca diciannovenne, e la sorella più grande Giulia, di 30 anni. Queste ultime due infatti risultano riconosciute dalle Commissioni regionali per l’accertamento delle qualifiche partigiane come “Benemerite”, Ferdinando come “Patriota” mentre Pasquale e Maia come “Partigiani Combattenti”. Anche il diciottenne Antonio, infine, risulta essere un Partigiano Combattente con il nome di “Silvano”.

Se le attività dei Pontoriero, stando ai documenti, si sono svolte in un periodo inferiore ai tre mesi, non si può dire la stessa cosa per Pasquale e Tina, o meglio, per Belfiore e Maia, sui quali ci sono invece dei documenti che testimoniano una attività ben più strutturata, pienamente consapevole e costante (ma in questo articolo ci concentreremo solo su Maia).

Andiamo nello specifico: il 1° ottobre 1944 il comandante Casella, dell’VIII Divisione Valle Orco (che operava all’interno delle Formazioni Autonome del Corpo Volontari della Libertà), scrive a mano un memorandum in cui elenca le azioni svolte dalla sua Divisione dal luglio al settembre ’44. Il documento si intitola “Breve resoconto delle azioni effettuate dalla G.R.”. Elencando i fatti accaduti a settembre, Casella racconta un episodio:

“Durante la seconda quindicina del mese una squadretta di 2 uomini e 3 donne aveva cominciato ad organizzarsi per trafugare armi da Cuorgnè procurando 2 moschetti, 1 pistola, 12 bombe a mano e 40 caricatori però scoperta per delazione di un repubblicano sono ora tutti arrestati. Ho già iniziato trattative per il cambio”.

L’informazione che ci riporta su questa “squadretta di 2 uomini e 3 donne” non è certo sufficiente per farci pensare che siano coinvolte le tre sorelle insieme ad Antonio e a Ferdinando Bagnato. Se non fosse però che a questo punto subentra un altro documento, datato 3 ottobre 1944, che Casella invia al Comando III di Zona. Di tratta di una relazione avente come oggetto ancora le attività del mese di settembre 1944 e probabilmente è la versione ufficiale e rivista del documento precedente. In questo documento, dattiloscritto, Casella a un certo punto scrive che:

“(…) Nella terza settimana molte munizioni, tre moschetti, una decina di bombe a mano, due rivoltelle erano fatte uscire dal Presidio di Cuorgnè e portati dalla staffetta Ponteriero [sic] Tina alla casa del Comandante Casella. Anche tre uomini furono così fatti scappare passando a militare nelle nostre file. Il comando della X Mas avuto sentore da un loro disertore nuovamente da loro catturato della regione [sic] verso la quale confluivano le armi che sparivano da Cuorgnè, operava un severo rastrellamento, arrestando in Cuorgnè tutta la famiglia della staffetta Pontoriero essa compresa, inoltre arrestava pure il Ten. Giunta Salvatore aiutante del Comandante della Divisione Casella, più circa un trentina di borghesi abitanti nella regione Piva=Chiria [sic] tra i quali si trovavano cinque nostri partigiani. A tutti fu richiesto con feroci percosse e sevizie di svelare il nome del Comandante Casella che si sapeva doveva risiedere in zona ma grazie all’eroismo di ciascuno degli arrestati il Comando della Xª Mas non poté ottenere le delazioni sperate. Il Ten. Giunta riusciva a fuggire il giorno prima dell’annuncio della sua fucilazione”.

Questa informazione testimonia che la squadra era composta da più di un elemento della famiglia Pontoriero oltre a Tina. Si tratta della prima citazione del nome della donna. Questa informazione è confermata da Tina stessa, che presentò istanza di riconoscimento come partigiana combattente presso la Commissione regionale piemontese per l’accertamento delle qualifiche partigiane. Il 2 settembre 1954 infatti il Sottosegretariato di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri invia al Comando del Distretto militare di Reggio Calabria il foglio notizie relativo a Tina Pontoriero. Qui vengono riportate le informazioni anagrafiche riguardanti Tina e vengono aggiunte alcune informazioni in più. La prima è il periodo esatto di militanza della donna nell’VIII Divisione Valle Orco, che va dal 25 luglio 1944 fino al 31 maggio 1945. La seconda è sull’incarico di staffetta del Comando della Divisione.

A Cuorgnè, nell’estate 1944 c’era il gotha della XMas. Nella foto Junio Valerio Borghese in visita al “Barbarigo” reduci dal fronte. Riconoscibili Borghese (alla guida), Umberto Bardelli (dietro Borghese), Umberto Bertozzi (appoggiato alla macchina a fianco di Borghese), Luigia Maresca (moglie di Bardelli) e Joseph Gross (ufficiale interprete aggregato alla XMas della 5ª Divisione alpina tedesca).

A queste informazioni segue una dichiarazione scritta da Tina in prima persona e di suo pugno:
“Prelevata dalla XMas dietro spionaggio il 29 settembre 1944 venni sottoposta per tre giorni consecutivi a torture e minacce di fucilazione causa le quali fui il quarto giorno ricoverata nell’infermeria della Caserma medesima. Liberata il 15 ottobre 1944 dietro raccomandazione del Signor Mario Giacchetti presso il Principe Borghese e perché non erano riusciti a farmi parlare”.

La dichiarazione è presentata il 31 maggio 1945 ed è in questa occasione che Tina si firma “Tina Pontoriero (Maia)”. Il documento prosegue con alcune dichiarazioni dei Comandi superiori:
“Collegatrice, col Comando Militare Regionale Piemonte.di Torino dimostrò grande coraggio e decisione e sopportò stoicamente tutte le sevizie inflittegli durante la sua permanenza in carcere senza nulla svelare di ciò che sapeva”.

Il 7 marzo del 1947 i referendari della Commissione regionale piemontese per le qualifiche partigiane del ministero per l’Assistenza post-bellica riconoscono a Tina Pontoriero la qualifica di “Partigiana Combattente”. Tale riconoscimento sarà poi certificato con Atto n. 30965 del 21 maggio del 1947. La donna morirà nel 1996. Curiosamente, chi l’ha conosciuta non ricorda alcun riferimento a questo suo passato.

Il nome di Tina ricorrerà, insieme a quello di Paquale, in un altro documento riportante l’organigramma completo dell’VIII Divisione Alpina Valle Orco. Tina figura nell’elenco degli informatori e collegatori, mentre Pasquale figura come ufficiale di collegamento. Giulia e Anna risultano presenti nell’elenco dei componenti la XXXII Brigata Valle Orco, con un refuso su Giulia, che è chiamata Giulio, al maschile. Antonio, compare nelle liste della XXXI Brigata, con il nome di “Pontassiero”, così come è registrato anche il nominativo di Ferdinando.

Combatterono in molti modi le donne nella Resistenza, del territorio o originarie di altre regioni in tante non si tirarono indietro

Tina dunque era una figura integrata nella lotta partigiana locale, così come lo erano anche gli altri componenti della famiglia. Nel contempo, il fatto di essere finita in infermeria per le torture subite e di essere uscita da quella breve ma violenta prigionia senza fornire nessuna informazione utile ai suoi nemici ne fa senz’altro una figura di rilievo nel quadro delle operazioni militari che si svolsero in quei giorni. Tali meriti furono già a suo tempo riconosciuti dagli altri compagni combattenti, e fanno di Maia una singolare figura di partigiana che oggi più che mai è utile ricordare.

La ricerca completa e ulteriormente dettagliata relativa a Tina e ai fratelli Pontoriero verrà pubblicata in un saggio prossimamente in uscita edito dall’Istituto “Ugo Arcuri” di Cittanova (RC), facente parte della Rete degli istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea coordinati all’Istituto nazionale Ferruccio Parri. Il saggio conterrà diverse altre mie ricerche in relazione al partigianato meridionale e non solo.

Nino Princi, insegnante, ricercatore, vicepresidente Sezione Anpi  Delianuova – Gioia Tauro – Rosarno “Antonino D’Agostino”