In preparazione della Giornata mondiale per l’eliminazione della violenza sulle donne, la sezione Anpi San Fruttuoso della città di Genova e il centro Per Non Subire Violenza hanno promosso un incontro con il triplice scopo di presentare il libro “La Casa Rifugio a indirizzo segreto”, raccontare le esperienze di 40 anni del Centro e sensibilizzare tutti i cittadini, donne e uomini, ragazze e ragazzi.

Un momento dell’incontro

Ecco cosa hanno illustrato Arianna Cesarone, presidente della sezione dei partigiani; Gabriella Grasso, vicepresidente del Centro, e Paola Toni, con Chiara Panero autrice del libro, ed esperta in comunicazione dei temi femminili; Silvia Rocca, avvocata del Centro.


Anpi sezione “Gianni Ponta” – San Fruttuoso (GE), e Coordinamento Donne Anpi Genova

Arianna Cesarone
La violenza contro le donne può essere sia psicologica sia fisica e sessuale, ma anche economica e di molti altri tipi… fino ad arrivare all’esito estremo del femminicidio. Dall’inizio dell’anno a oggi sono 104 le donne uccise in Italia da uomini violenti.

La violenza sulle donne è nei fatti una violazione dei diritti umani universalmente riconosciuti: il diritto alla vita, all’integrità fisica e psicofisica, alla libertà e l’autodeterminazione, a sottrarsi all’annullamento della propria identità. Gravissima forma di discriminazione, è quindi contraria alla nostra Costituzione e alla Carta dei Diritti dell’Uomo. Per questo l’Anpi se ne occupa.

Engin Akyurt per Unsplash

La violenza sulle donne non è un problema solo delle donne, un problema privato, è un fatto sociale perché la promozione e la tutela dei diritti delle donne sono elementi essenziali di una democrazia. Ed è un problema soprattutto culturale, che si muove sul terreno di profonde disuguaglianze e dei diversi ruoli. La violenza maschile sulle donne nasce e vive su una concezione patriarcale della società che la società affida all’uomo e alla donna alla nascita, semplicemente in base al sesso. La maggior indipendenza acquisita dalle donne e la messa in discussione dei ruoli precisi a cui sono costrette espongono la donna a un rischio sempre maggiore di violenza, sino alla sua uccisione.

Uomo che picchia la moglie con un bastone, miniatura del Trecento

Come dimostrano statistiche e fatti di cronaca, le richieste di aiuto causate da violenza domestica, stalking, abusi sessuali, sono un fenomeno in crescita e bisogna aggiungervi l’insieme di violenze non denunciate, per paura delle conseguenze, dalle mogli, dalle lavoratrici di aziende pubbliche e private, dalle ragazze minorenni…

La sensibilizzazione dovrebbe vedere tutte le forze politiche, sociali e associazionistiche impegnate in un’azione di contrasto e di prevenzione, soprattutto culturale, a cominciare dalle scuole e dagli organi d’informazione e di formazione. È pertanto necessario un lavoro sulla cultura, sulla società civile, che cambi la considerazione comune della donna, educhi ad accogliere il diverso da sé, a mettere in discussione pregiudizi e stereotipi.

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Nonostante le difficoltà e la scarsità di risorse (che guarda caso mancano sempre dove servono), il mondo delle associazioni da tempo ha cominciato a organizzarsi per tutelare le donne dalla violenza individuale e sociale. E quindi è necessario sostenere le esperienze nate dai movimenti delle donne quali le case rifugio, i centri antiviolenza, gli sportelli di accompagnamento e orientamento. Sono spazi che rappresentano un bene comune, una ricchezza per tutta la comunità, presidi territoriali di concreto e costante lavoro di contrasto, prevenzione e sensibilizzazione, dove si accolgono le donne vittime di violenza anche in una prospettiva interculturale di genere, si offre sostegno e aiuto per uscire dal vicolo cieco della violenza. In quei luoghi risiedono competenze e buone pratiche ed è grazie a questo se oggi le donne denunciano molto prima le violenze ed è cresciuta una maggiore consapevolezza nell’opinione pubblica.

In Anpi siamo convinti della necessità di adottare tutte le misure necessarie per combattere qualsiasi forma o modalità, anche nel vasto campo dell’informazione, tesa a fomentare, propagandare o promuovere l’odio e le discriminazioni.

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C’è bisogno, a nostro parere, di un radicale cambiamento nelle politiche occupazionali con una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro e maggiori possibilità e aperture nelle opportunità di carriera. Occorrono interventi nella redistribuzione della ricchezza e del welfare, perché precarietà e disparità salariali sono condizioni che ledono i diritti delle donne a vivere secondo il proprio sentire e limitano la libertà di essere se stesse.

Convegno “Donne della Resistenza”, Firenze 4 febbraio 1950

Noi ci riconosciamo in questo percorso, a pieno titolo dentro a quello che molte delle nostre compagne, dopo aver contribuito a liberare il paese dal nazifascismo, impegnandosi in politica e nelle istituzioni, hanno portato avanti contribuendo al progresso della democrazia e conquistando con la lotta diritti civili, sociali e culturali per l’intero Paese.

La Costituente

Oggi continuiamo l’impegno verso l’attuazione della nostra Carta costituzionale e tutta l’associazione erede della Resistenza è impegnata a far sì che i diritti acquisiti dalle donne non vengano toccati, ma anzi si sviluppino ulteriormente, perché i diritti e le libertà delle donne sono la spia della salute di una democrazia e l’anima stessa della Costituzione.

Anna Cesarone, presidente sezione Anpi San Fruttuoso, vicepresidente Anpi provinciale Genova, referente coordinamento donne Anpi Genova

Gabriella Grasso e Paola Toni
Il Centro Per Non Subire Violenza di Via Cairoli, a Genova, nasce 40 anni fa dall’Udi. Oggi è un’associazione di promozione sociale (Aps) che ha ampliato il raggio di azione con uno sportello ad Arenzano e un nuovo centro a Recco.

L’attività si svolge in momenti differenti. Il primo è l’accoglienza telefonica, a cui segue un appuntamento in presenza. Operatrici professionali accolgono la donna e, rispettandone tempi e necessità, insieme costruiscono un percorso per uscire dalla violenza.

I servizi a supporto sono molti: dalle consulenze psicologiche a quelle legali e notarili. Un pool di esperte professioniste che, con preparazione e competenza, sostengono e aiutano le donne a capire quale strada può intraprendere.

Le relatrici dell’incontro. Da sinistra: Gabriella Grasso, Paola Toni, Arianna Cesarone, Silvia Rocca

Per aiutarle nell’acquisire maggiore consapevolezza e fiducia, il Centro offre un servizio di Teatro Terapia; incontri periodici per tentare di ritrovare una propria dimensione dove azioni ed emozioni, corpo e mente, interagiscono per raggiungere uno stato di benessere; uno sportello di orientamento al lavoro per aiutare le donne che quasi sempre hanno bisogno di recuperare emancipazione economica per loro e i loro figli.

Molto spesso le donne sono in pericolo di vita e hanno bisogno di protezione. A Genova il Centro gestisce una Casa Rifugio a indirizzo segreto che ha più di quarant’anni e due alloggi protetti: le donne trovano, insieme ad altre donne e alle operatrici, un ambiente che le agevola per riuscire a recuperare un po’ di tranquillità. Nella Casa Rifugio le donne e i loro bambini riscoprono una idea di serenità perduta e incominciano a vivere una vita “normale”. I bambini vengono inseriti nelle nuove scuole e nella casa sono seguiti da educatrici che lavorano sulle emozioni, attraverso giochi e metodiche specifiche. Le donne accedono ai molti servizi offerti in base ai loro bisogni.

Il fenomeno della violenza porta con sé molte parole: una idea di possesso e di forza, una mancanza profonda di rispetto, e si rivela quindi un problema culturale. Per questo il Centro da anni porta avanti un progetto di prevenzione nelle scuole, Mettiamoci in gioco contro la violenza, con l’obiettivo di preparare i ragazzi delle scuole secondarie superiori a diventare peer e andare poi a dialogare con i compagni del ciclo scolastico inferiore. Vengono poste spesso tre domande:

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1) Perché la donna non si accorge di avere a fianco un uomo violento?
Per un inganno d’amore che la donna non riesce a riconoscere: l’uomo dichiara di amarla e di volerla tutta per sé: che è lei la donna della sua vita e intanto le crea un vuoto intorno. Quella tua amica non è una vera amica, tua sorella, tua madre sono antipatiche etc etc. Amicizie e familiari spariscono così dalla vita della donna. E resta solo lui, ma la ama tanto! Seppure, ancora più subdolamente, la denigra e la fa sentire in colpa: “Ho già parlato troppo!”.

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2) Perché una donna aspetta tra gli 8 e i 12 anni prima di rivolgersi a un Centro antiviolenza per essere sostenuta?
Uno degli studi più precisi sulla violenza di genere è stato realizzato da Lenore Walker, psicologa americana, nel suo libro più famoso. “The Battered Woman”, La donna picchiata, pubblicato per Harper and Row nel 1979, espone la dinamica della violenza domestica. Dai suoi studi e dalle testimonianze raccolte, Walker ha elaborato un modello in 4 fasi, ma alla base del comportamento violento dell’uomo individua sempre la necessità del controllo sulla donna.

Tensione e accumulo è la prima fase. All’inizio si verificano disaccordi e contrasti con il partner che è di cattivo umore, irritabile, stressato, si rabbuia su piccoli inconvenienti e dà sempre la colpa ad altri. La donna, anche se cerca di farlo ragionare, lo infastidisce sempre più.
Esplosione e attacco è la fase successiva. Come in un vulcano, l’eruzione arriva: è la seconda fase ed è violenza vera e propria. L’uomo perde il controllo, insulta, minaccia, anche con pugni e calci. La donna è sconvolta, pietrificata dalla paura, sotto shock e per tentare di non aumentare i comportamenti violenti, non riesce a rifiutare ed esaudisce ogni sua richiesta.
Pentimento e perdono. L’uomo si trasforma e chiede scusa, sembra sincero. Promette di cambiare e assicura che non capiterà più in futuro. Attribuisce la colpa dei suoi comportamenti al lavoro, allo stress o, più spesso, alla donna stessa. Minimizza l’accaduto, a volte arriva a negare che sia mai successo e comunque la colpa non è mai sua. La donna stremata e confusa si illude, sperando tutto possa risolversi. Ma il più delle volte si sente in colpa e quindi spesso si addossa la responsabilità dell’accaduto.
“Luna di miele”. È la fase in cui l’uomo torna a comportarsi bene, quasi perfetto. Un vero principe azzurro: sorridente, gentile, premuroso, e la donna si convince che il cambiamento sia vero e duraturo.
Ma il ciclo ricomincia e il tempo tra un episodio e quello successivo si accorcia sempre più, aumenta l’intensità della violenza… Gli anni passano, e solo quando una donna vede in pericolo i figli trova il coraggio di rivolgersi a un Centro antiviolenza.

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3) “Perché le donne non se ne vanno?
Qui subentra tutto il ragionamento sull’autostima, sul rispetto di sé. Se si trascorrono anni dove l’uomo inficia la considerazione che la donna ha di sé, anche pubblicamente e davanti ai figli, la denigra, la considera una incapace, una che sbaglia sempre, non è una buona madre e una buona moglie, è assolutamente comprensibile questa incapacità. Il primo difficile passo è quello di acquisire la consapevolezza del proprio valore come persona che vuole e deve ricevere rispetto, di ritrovare la capacità di prendersi cura di sé per impedire alla trascuratezza di soggiogarla.

I comportamenti descritti sono ancora più sconsiderati e pericolosi se in famiglia ci sono minori che possono assistere a queste scene violente. Il libro ne parla soprattutto attraverso i disegni che i bambini realizzano nel laboratorio “Giochiamo con le emozioni”, un percorso sostenuto da educatrici per aiutarli a rielaborare le esperienze di violenza a cui hanno assistito.

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Il laboratorio utilizza metodi alternativi di comunicazione: il racconto di fiabe, i giochi di ruolo, il disegno, in modo da mettere le bambine e i bambini nella condizione di esprimere i loro vissuti familiari e le problematiche che hanno dovuto affrontare. Queste tecniche espressive legate al gioco agevolano i bambini a manifestare meglio le loro emozioni e forniscono alle operatrici strumenti importanti nella comprensione delle loro difficoltà.

È occasione di lavoro-gioco e riflessione, che permette di potenziare vari aspetti: imparare a conoscere i propri sentimenti e riappropriarsi della stima di sé; acquisire consapevolezza dell’importanza e della necessità di raccontare le proprie esperienze ad adulti di fiducia.
L’ operatrice si pone a fianco del bambino per vedere gli aspetti giocosi e non solo dolorosi della relazione. Lo scopo è quello di essere aiutato a integrare il pensiero con l’emozione, percepire e raccontare tristezza, paura, rabbia davanti a un’altra persona, di farlo sentire compreso in quel dolore che sa così ben nascondere.
I bambini hanno processi di adultizzazione molto precoci ma poi nei loro disegni la parte infantile esce. Un esempio: la bambina ha dieci anni ma il suo ritratto rappresenta una adolescente. Questo rispecchia anche la realtà, infatti ha aspetti adultizzati in contrasto con il disegno dove ben si evidenzia, sulla maglietta, un ciuccio.
Nel libro La Casa Rifugio a indirizzo segreto sono riportati molti altri esempi con la descrizione che i bambini ne hanno fatto e si deduce tutta la sofferenza e l’angoscia vissute.
Il volume si presta ad approcci di lettura diversi: dalla nascita del Centro alla gestione della Casa Rifugio, dove si narra anche la quotidianità, a tutti i servizi che il Centro offre, alle diverse tipologie di violenza e alla legislazione in atto. Il timore delle donne di non essere comprese è sempre latente e per questo sono anche sintetizzate alcune sentenze favorevoli. È un libro corale che ha raccolto anche le testimonianze delle operatrici, nel loro lavoro così delicato e importante, che raccontano i casi più drammatici.
E infine propone i ringraziamenti e la riconoscenza delle donne che, con l’aiuto del Centro, hanno recuperato la loro vita e quella dei loro bambini.

Gabriella Grasso, vicepresidente del centro Per Non Subire Violenza e Paola Toni, che con Chiara Panero ha scritto il libro La Casa Rifugioa indirizzo segreto, ed esperta in comunicazione e temi femminili

Silvia Rocca, avvocato Centro

In vigore fino al 1996 le sezioni del Codice Rocco, il codice penale fascista del 1931, “Dei delitti contro la moralità pubblica e il buon costume” e “Dei delitti contro la morale familiare”

In quasi 40 anni di attività il centro Per Non Subire Violenza ha accolto e sostenuto migliaia di donne e minori. Il centro infatti nasce nel 1983 dall’Udi quando, a seguito della mobilitazione delle donne contro la violenza sessuale e della raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare, si è formato un gruppo di donne che ha cominciato a fornire supporto anche alle donne che subivano violenza in famiglia. Nel 1996 viene approvata la prima legge, importantissima poiché il reato di violenza sessuale diventa reato contro la persona e non più contro la moralità pubblica e il buon costume.

Solo nel 2022, il centro ha accolto 373 nuove donne e 90 che avevano preso contatti gli anni scorsi. Quando una donna si rivolge al centro viene effettuato un primo colloquio con un’operatrice, che poi la seguirà nel suo percorso; vengono attivati gli strumenti del caso, effettuate consulenze legali, civili e penali, ed è poi attivato un sostegno psicologico. Ci si coordina e si fa una valutazione del rischio, si stabilisce insieme alla donna la strada da intraprendere, rispettandone scelte e tempi.

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Si tratta di un percorso complesso, poiché nella maggior parte dei casi riguarda violenze in famiglia o comunque messe in atto da persone legate da rapporti di affetto. Perciò il percorso di uscita dalla violenza deve essere affrontato sotto molteplici aspetti, psicologico, economico, assistenziale e legale. Si valuta se inserire la donna in una casa-rifugio oppure in altri alloggi del Centro non a indirizzo segreto. Si considera se orientarla allo sportello lavoro, risorsa importantissima perché senza entrate economiche è difficile uscire dalla violenza.

E prima di tutto bisogna informare le donne sui loro diritti, che spesso ignorano, sulla possibilità di fare denuncia, poiché molte donne non riescono a capire se quanto subiscono può essere denunciato. Poi è necessario un coordinamento le forze di polizia, magistratura, ospedali, assistenti sociali e centri antiviolenza. Il personale deve essere specializzato e formato.

Edgard Degas, “Le viol”, lo stupro, 1868-1869, Philadelphia Museum of Art

Le situazioni che più ci vengono sottoposte in genere configurano reati di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e di violenza sessuale. Il reato di maltrattamenti in famiglia consiste nel sottoporre un famigliare a una serie continua di atti di vessazione che cagionano sofferenze, privazioni, umiliazioni tali da costituire un disagio costante e incompatibile con normali condizioni di vita.

La tipologie di violenza che possono integrare il reato di maltrattamenti e gli altri reati sono state ben definite dalla Convenzione di Istanbul. Ratificata dall’Italia nel 2013, è il primo strumento internazionale, giuridicamente vincolante, volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne, e che individua le categorie di violenza fisica, psicologica, sessuale ed economica.

Per violenza psicologica si intendono tutti quei comportamenti volti a intaccare l’autostima della donna con l’obiettivo di mantenerla in uno stato di soggezione come atti di derisione, insulti, controllo, eccessiva gelosia, minacce e isolamento da relazioni famigliari e amicali. La violenza economica consiste in una serie di comportamenti volti a impedire che la donna diventi indipendente economicamente per poter esercitare un controllo sulla sua vita, impedendole qualsiasi decisione autonoma.

Un altro reato molto diffuso è quello di atti persecutori, il cosiddetto stalking, previsto dall’art. 612 bis cp. Introdotto con il decreto legge 23.02.2009 n. 11, punisce chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante stato d’ansia o di paura oppure generano un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da una relazione affettiva o ancora costringono ad alterare le proprie abitudini di vita.

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La normativa anti-stalking del 2009 ha anche introdotto un articolato sistema di provvedimenti: l’ammonimento del questore, l’obbligo delle forze di polizia e dei presidi sanitari di informare le vittime sui centri antiviolenza presenti sul territorio, nuove misure cautelari di allontanamento del maltrattante dalla casa famigliare o un divieto di avvicinamento alla persona offesa, ai luoghi frequentati da lei o dai suoi congiunti, e un divieto di comunicazione.

Vi è poi la cosiddetta legge sul femminicidio del 2013, che interviene sui delitti spia della violenza, aumentando le pene di alcuni reati e introducendo aggravanti.

Infine quello che indichiamo come “il codice rosso”, cioè una legge del 2019. Le novità principali sono indirizzate ad assicurare tempestività ed efficacia delle indagini di polizia, stabilendo per esempio che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca immediatamente al Pubblico Ministero, che entro tre giorni deve sentire la persona offesa. Sono stati introdotti nuovi reati come il “revenge porn”, ossia il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone.

In conclusione, gli strumenti legislativi e giudiziari a tutela delle vittime sono molto aumentati negli ultimi anni, ma è necessario siano azionati da operatori specializzati in materia e in rete tra di loro.