Foto Imagoeconomica

Negli ultimi mesi il carcere si è affacciato alle cronache per vari episodi di violenza esercitata da agenti di polizia penitenziaria contro detenuti. Aggressioni degli ultimi nei confronti dei primi emergono d’altra parte periodicamente e testimoniano di un luogo carico di tensioni. Le violenze degli agenti fanno però più clamore, com’è normale che sia, essendo essi custodi della libertà altrui e al contempo esecutori e garanti della legge.

I fatti venuti a galla, in alcuni casi, risalgono ad anni fa. A San Gimignano 5 agenti e 1 medico sono sotto processo per tortura per violenze commesse nel 2018. A Torino sono in corso indagini per presunte torture avvenute nell’istituto di pena cittadino nel recente passato: 13 agenti di polizia penitenziaria sono in custodia cautelare, il direttore e il comandante dell’epoca sono iscritti nel registro degli indagati per favoreggiamento. A Viterbo sono in corso delle indagini per violenze risalenti al 2019. Nell’estate dell’anno scorso, nel carcere di Monza, una persona detenuta sarebbe stata prima pestata e poi posta in isolamento. Avrebbe impugnato il provvedimento che la isolava, permettendo così al giudice di acquisire le registrazioni video e facendo venire alla luce il pestaggio. Alla vista del video, in udienza, ha avuto un crollo emotivo. È stato trasferito in un altro istituto. Anche qui ci sono delle indagini in corso.

Si tratta solo di alcuni degli episodi di violenza recenti per cui Antigone ha presentato uno o più esposti in Procura o si è costituita parte civile nel procedimento penale.

Va poi aggiunto il capitolo delle violenze di marzo, esplose con l’arrivo della pandemia, in seguito alla paura per i contagi, alla chiusura dei colloqui e al blocco delle attività e degli ingressi in carcere. Violenze che hanno segnato in maniera inedita e profonda il nostro sistema penitenziario. A marzo del 2020 Antigone ha ricevuto decine di segnalazioni provenienti dal carcere milanese di Opera e che parlavano di detenuti pestati brutalmente da agenti in tenuta antisommossa. Tra questi c’erano anche anziani e malati. Le presunte violenze del personale di polizia hanno fatto seguito a proteste più che veementi, che hanno infiammato l’istituto assieme ad altri 48 in tutta Italia. Tuttavia non si tratterebbe di violenze volte a sedare le proteste ma di vere e proprie rappresaglie, condotte a luci spente e quando tutti i detenuti erano nelle proprie celle.

Segnalazioni dello stesso segno ci sono giunte da Melfi, nel potentino, dove molti detenuti sarebbero stati denudati, picchiati, insultati, posti in isolamento e in alcuni casi trasferiti nella notte tra il 16 e il 17 marzo, come punizione per le proteste della settimana precedente. Segnalazioni diverse ma riguardanti gravi violenze ci sono giunte da Pavia e da Modena. Oltre che da Santa Maria Capua Vetere, nel casertano, che più delle altre carceri si è imposta sulla scena mediatica. In questo istituto centinaia di agenti sarebbero entrati nel reparto Nilo, in rappresaglia per le proteste del giorno precedente e avrebbero insultato, picchiato con colpi di manganello e calci e pugni in testa e nei testicoli detenuti peraltro messi in ginocchio e in alcuni costretti a radersi i capelli.

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In tutti questi casi Antigone ha presentato degli esposti, oltre ad allertare l’amministrazione penitenziaria. A Santa Maria Capua Vetere l’inchiesta in corso vede imputate per tortura oltre 40 persone.

In molti si sono interrogati sulla recente emersione di numerosi casi, chiedendosi se si fosse in presenza di un esacerbarsi della violenza negli istituti di pena o se al contrario episodi del genere (escludendo quelli legati alla pandemia) siano sempre avvenuti, ma che adesso ci siano le condizioni affinché emergano e facciano l’oggetto di procedimenti penali. Chi scrive non ha la risposta. Tuttavia è certo che negli ultimi tempi si siano fatti dei passi avanti sul versante delle norme e di alcune prassi.

Dopo un ritardo quasi trentennale, nel luglio del 2017 il Parlamento ha inserito nel codice penale il reato di tortura, la cui assenza aveva impedito a molti magistrati di perseguire violenze psicologiche e fisiche, spesso finite in prescrizione. In diversi casi erano avvenute in carcere. È successo ad Asti, dove nel 2003 due detenuti erano stati portati in celle prive di vetri, denudati, lasciati lì per giorni e ripetutamente pestati. I fatti sono venuti a galla molti anni dopo e sono andati in prescrizione. Il giudice però, nella sentenza, li ha qualificati come tortura, lamentando l’assenza del reato.

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L’arrivo di una legge, sia pur mal fatta, a causa della subalternità della classe politica alle corporazioni più retrive delle forze di polizia, che l’hanno vista come un bastone fra le ruote, ha significato comunque l’arrivo di uno strumento efficace nelle mani delle autorità giudiziarie; e al contempo è stato inviato un messaggio culturale alle forze dell’ordine, volto a scalfire l’omertà e lo spirito di corpo che tante volte hanno impedito di individuare i responsabili di azioni illegali e inumane, che sono pochi e che macchiano la reputazione dei molti garanti dell’ordine e della convivenza civile.

Alla legge sulla tortura va aggiunto il fatto che dal 2016 l’Italia ha un Garante nazionale delle persone private della libertà, il quale visita i luoghi di detenzione, fa raccomandazioni, interloquisce con le amministrazioni e la politica, e in generale porta avanti un’azione preventiva di eventuali violazioni del diritto, diffondendo una cultura e delle prassi maggiormente rispettose dei diritti umani, in linea con un’idea di pena costituzionalmente orientata. Forse anche questo ha contribuito a far sì che molti casi di violenza non finissero nel dimenticatoio.

Anche l’Osservatorio di Antigone, nel suo piccolo, ha contribuito a fare del carcere un luogo meno opaco, in cui dal 1998 è presente lo sguardo della società. C’è da sperare che tutto ciò porti a una maggiore diffusione di una cultura rispettosa del diritto e dei diritti, nel luogo teoricamente deputato a ristabilire una legalità violata.

Claudio Paterniti Martello dell’associazione Antigone