Lo scorso 12 marzo si è svolto il convegno Morte accidentale di un leader socialista – Domenico Piccoli – deputato di Vicenza (1854-1921), organizzato da Anpi, Avl, Istrevi, Anei e Accademia olimpica di Vicenza, relatore il prof. Emilio Franzina. L’evento si teneva sulla piattaforma Zoom, dove – poco dopo l’inizio dei lavori – alcuni hacker hanno fatto irruzione inneggiando a Mussolini, Hitler e allo sterminio degli ebrei, il tutto condito da bestemmie. L’ennesimo caso di zoombombing di matrice nazifascista, insomma, che gli organizzatori del convegno hanno denunciato alla polizia postale e che le associazioni promotrici hanno stigmatizzato unanimemente.

L’incursione durante la videoconferenza. I nomi sono stati da noi oscurati

«Ci troviamo di fronte ad un vile e barbaro squadrismo tanto più grave perché utilizza in modo distorto e criminale proprio quegli strumenti informatici che consentono alle persone – stremate dall’attuale situazione di emergenza sanitaria e di grave crisi economica – di conservare spazi di relazionalità, amicalità e dibattito democratico», sostengono Danilo Andriollo, presidente dell’Anpi provinciale di Vicenza, e Luigi Poletto, presidente della sezione cittadina di Vicenza.

Un’altra immagine dello zoombombing durante la videoconferenza. L’incursione durante la videoconferenza. I nomi sono stati da noi oscurati

E continuano «L’episodio dimostra che il dilagare del neofascismo nel nostro Paese e anche nella nostra provincia rappresenta una vera e propria emergenza democratica rispetto alla quale tutte le forze costituzionali e le istituzioni repubblicane debbono unitariamente reagire con forza sul piano politico, culturale e repressivo attuando fino in fondo la XII disposizione transitoria della Costituzione e impiegando le leggi Scelba e Mancino. In questo senso anche il Comune di Vicenza è chiamato ad una forte assunzione di responsabilità e a ripristinare quella “clausola antifascista” che rappresenta una formidabile arma istituzionale contro il neofascismo oltre a esprimere una sensibilità e una cultura antifascista che debbono essere il tratto identificante di una città decorata di Medaglia d’Oro per il ruolo avuto nella Resistenza al nazifascismo».

Vicenza 26 giugno 2020, mobilitazione contro la cancellazione della clausola antifascista

Sarebbe davvero necessario che tali abominevoli episodi venissero, oltreché doverosamente denunciati, anche socialmente stigmatizzati, isolati e respinti non solo attraverso ferme prese di posizione – spesso automatismi di circostanza – ma anche e soprattutto attraverso azioni e decisioni concrete da parte delle istituzioni. Per questo motivo tutti i consiglieri di minoranza del Comune di Vicenza hanno presentato al consiglio comunale dello scorso 16 marzo un ordine del giorno che prevedeva la reintroduzione della cosiddetta “clausola antifascista”, abolita nel giugno del 2020 dall’appena insediatasi amministrazione di centro destra guidata dal sindaco Francesco Rucco.

Un altro momento della mobilitazione della scorsa estate

La clausola subordinava l’utilizzo delle sale e degli spazi pubblici vicentini al “riconoscersi nei principi fondamentali della Costituzione Italiana e dello Statuto comunale” e al ripudiare “il fascismo, la cui riorganizzazione è vietata sotto qualsiasi forma dall’ordinamento giuridico”. Contemporaneamente al consiglio comunale, le associazioni vicentine Anpi, Avl, Aned e Anei hanno indetto, sempre online, un momento di riflessione e condivisione sullo stesso tema, consci del fatto che «la cronaca di questi giorni, compresa quella locale, ricorda che c’è un grande bisogno di interventi istituzionali che contrastino il proliferare di fascismo e neofascismo.

(da Il giornale di Vicenza)

Dalle ronde con le bandiere nere agli attacchi telematici; dalla volontà di piegare la storia all’ideologia alle mozioni sulla libertà personale e sessuale, è un costante attacco ai diritti e ai principi costituzionali che sono: pace, libertà, democrazia, uguaglianza e giustizia sociale, solidarietà, rispetto delle persone, della natura e dell’ambiente […] Per questo chiediamo alla Giunta comunale e al Consiglio comunale di rivedere la decisione presa a giugno, reintrodurre la formulazione precedente e promuovere un programma di attività rivolto alla città e in particolare alle scuole, per far conoscere persone ed episodi che hanno onorato la città durante guerra di Liberazione.».

Purtroppo però la giunta Rucco ha perso nuovamente l’occasione di fare la cosa giusta, infatti ha respinto l’emendamento dei consiglieri di minoranza, con motivazioni deboli e pretestuose.

Per ascoltare l’intervento: https://vimeo.com/528739807

Si va dall’emergenza Covid, in nome della quale, stando all’assessore Silvio Giovine (in quota FdI ed estimatore del Duce che ha fatto anche cose buone), tutto passa in secondo piano, al “benaltrismo” della consigliera di maggioranza Alessandra Lolli che ricorda come la sinistra non abbia mai riconosciuto «i misfatti dei comunisti» e cerchi di «fare un lavaggio del cervello collettivo»… Il sindaco Rucco invece se la cava esprimendo «ferma condanna per il gesto di questi idioti» e sostenendo che va benissimo la clausola da lui modificata, ossia un generico “contro tutti i totalitarismi”. Così, se è vero che i neofascisti e neonazisti in Italia restano al momento una sparuta minoranza, è vero altresì che il brodo di coltura in cui sono immersi i loro attacchi, verbali, fisici e telematici, è favorevolissimo al loro proliferare e diffondersi capillarmente nel sentire comune. La destra cosiddetta moderata e parlamentare, dalla Lega a Fratelli d’Italia, non solo tollera ma sempre più spesso ammicca e indulge a personaggi e posizioni dell’estrema destra. Chi evoca e condanna genericamente tutti i totalitarismi, infatti, depotenzia l’azione oggi urgente di condannare culturalmente e reprimere penalmente in modo specifico l’apologia di fascismo, mentre non si registrano parallele minacce da una “galassia rossa”, in Italia inesistente. Non solo: atteggiamenti simili mirano – non appena si approfondisce la questione – a condannare e infangare, con la scusa del comunismo, tutta l’esperienza resistenziale da cui sono nate la nostra Costituzione e la nostra repubblica democratica.

(Imagoeconomica)

Luigi Poletto sostiene che questa strumentalizzazione del concetto di totalitarismo richiede una risposta che «non può essere balbettante o imbarazzata ma rigorosamente storiografica. Ha ragione Claudio Pavone quando argomenta che ridurre il contributo di comunisti alla Resistenza ad un inganno o ad un equivoco rappresenterebbe una “parodia della storia”. Chi riduce l’esperienza storica del Partito comunista italiano a escrescenza nazionale dello Stato sovietico semplifica in modo totalmente inappropriato la realtà storica e non solo per la specificità del contributo gramsciano all’impianto culturale del Pci, ma anche in riferimento alle vicende del nostro Paese che videro il Pci esercitare – proprio in quanto Partito nazionale –  un ruolo fondamentale in quattro momenti:  la partecipazione alla Resistenza, la stesura della Carta Costituzionale, la difesa dei diritti dei lavoratori dal dopoguerra in poi e la lotta al terrorismo, incluso quello delle Brigate Rosse. In realtà i comunisti italiani erano animati da una forte istanza di opposizione al totalitarismo fascista e circa il 50% delle formazioni partigiane erano garibaldine e chi vi militava lottava per la liberazione della Patria dallo straniero e dalla dittatura».

Poletto sottolinea poi che quella vicentina non può essere derubricata a «incidente amministrativo, perché gli universi simbolici contengono in sé valori fondanti e non negoziabili. Si è voluto colpire il simbolo per disintegrare un paradigma – quello antifascista – su cui si è retta la Repubblica e su cui si è costruita la Carta Costituzionale. La Costituzione è intrinsecamente antifascista: la Costituzione repubblicana è filiazione diretta della Resistenza al nazifascismo: la clausola conteneva un esplicito riferimento alla Carta […] La clausola è stata introdotta perché il ritorno al nazifascismo è diventata una vera e propria emergenza nazionale: la presenza neofascista è impressionante e comprende organizzazioni e movimenti politici, presenza nel web, tifoseria delle “curve” calcistiche di estrema destra, gruppi musicali nazirock etc. ed è spesso accompagnata dal silenzio assordante del mondo politico, della cultura e anche dalle istituzioni. Troppe volte politici, amministratori, rappresentanti delle istituzioni repubblicane hanno finto di non vedere il crescente attivismo delle formazioni dell’ultradestra e si sono limitati a condanne tardive e inadeguate di manifestazioni, provocazioni, raid razzisti, pestaggi, comportamenti violenti e intolleranti. Ci troviamo di fronte a minimizzazioni, elusioni, rimozioni. I movimenti neofascisti si fanno imprenditori della paura per il flusso degli immigrati e le loro idee razziste e xenofobe trovano fertile terreno di diffusione in una società infragilita dalle disuguaglianze sociali, dalla crisi economico-finanziaria e oggi anche dalla pandemia. Per far fronte a questa emergenza sono necessari in primo luogo la messa fuorilegge dei movimenti neofascisti e neonazisti, in secondo luogo una grande e unitaria battaglia culturale e politica e in terzo luogo un impegno di tutte le istituzioni repubblicane dal livello nazionale al livello locale». Infine la giunta vicentina va smascherata per quello che è: «Eliminando la clausola, il centrodestra vicentino ha risolto se stesso in una matrice fascista. Colpisce che le componenti moderate dell’attuale centro-destra cittadino abbiano avallato una operazione dichiaratamente indirizzata alla riabilitazione della dittatura. La fascistizzazione del moderatismo e del conservatorismo vicentino è una delle cifre più rilevanti di questa vicenda».