Il murales a Paliano dedicato a Willy
Il murales a Paliano dedicato a Willy. Foto di Amalia Perfetti

Domenica 6 settembre, prime ore della mattina, ormai è abitudine diffusa prendere il telefono in mano e vedere se ci sono messaggi. Sulla chat whatsapp della nostra sezione Anpi di Colleferro il link ad un articolo di un giornale regionale on line: “Colleferro, omicidio nella notte. 5 bulli di Artena uccidono a botte ragazzo di Paliano”.

Il messaggio lo hanno letto ancora in pochi, le notizie sono essenziali, leggiamo che sono state fermate delle persone, potrebbero essere i responsabili dell’omicidio. Le ore che seguono sono un rincorrersi di notizie frammentate. È talmente difficile seguirle che sembra quasi impossibile che sia successo, che sia successo qui, che la nostra comunità allargata, Colleferro e i paesi limitrofi, sia coinvolta in un fatto di cronaca così efferato. Ma è così, nel corso della giornata cominciamo a capire di più.

E cominciamo a vedere le foto della vittima, le foto con quello splendido sorriso che è entrato nei cuori di tutti noi. Si chiamava Willy Monteiro Duarte, 21 anni, viveva a Paliano, era nato in Italia, di origine capoverdiana; veniamo a sapere che i presunti assassini sono nella locale caserma dei carabinieri. Sono quattro, cominciano a circolare i loro nomi e le loro foto sui social.

Paliano. Un fiume di persone il 9 settembre alla fiaccolata per Willy Monteiro (foto di Amalia Perfetti)

La notizia essenziale che emerge dalle cronache e che  verrà confermata nei giorni successivi è questa. Willy aveva raggiunto dopo il lavoro i suoi amici di Paliano in una zona centralissima di Colleferro dove si trovano in poche decine di metri diversi locali, la cosiddetta zona della movida, c’è un primo diverbio tra alcuni ragazzi di Artena e Colleferro. Willy e i suoi amici di Paliano non c’entrano nulla; poco dopo mentre vanno verso la macchina per rientrare a casa, si trovano in mezzo ad un nuovo alterco, sono arrivate altre persone, Willy vede un suo amico di Colleferro in difficoltà si avvicina per aiutarlo, si scatena un inferno di pugni, calci, addosso a lui. Il tutto sembra essere durato una manciata di minuti. Willy è a terra in fin di vita, i suoi assassini fuggono in macchina. Il tutto è successo a pochissimi metri dalla caserma dei carabinieri che arriveranno dopo pochi minuti, i soccorsi ci metteranno un po’ di più. Willy morirà mentre viene trasportato nel vicino pronto soccorso.

Per le quattro persone di Artena fermate il capo di imputazione è di omicidio preterintenzionale, dopo l’autopsia diventerà di omicidio volontario con l’aggravante dei futili motivi. Tre sono in carcere e uno agli arresti domiciliari, le indagini proseguono e la giustizia farà il suo corso.

Ma torniamo a domenica 6 settembre, torniamo dolorosamente a rivivere quelle ore e quelle dei giorni seguenti.

Siamo attoniti, sbigottiti, la ferocia con cui è stato ucciso quel ragazzo, buono, generoso, lavoratore, pieno di sogni e di amici, ci lascia senza fiato. Lo dicevamo siamo una comunità allargata, Colleferro, Paliano, Artena e tanti altri paesi vicini, pochi chilometri li separano l’uno dall’altro. Colleferro è la cittadina più grande, cinema, negozi, servizi di vario tipo, ma soprattutto le scuole superiori. La scuola mette in relazione ragazze e ragazzi dei paesi vicini, crea relazioni che durano tutta la vita. Qualche leggera e fisiologica forma di campanilismo. Ma siamo un’unica comunità allargata. Ed è tutta la comunità che è chiamata in causa da questo orribile delitto, è tutta la comunità che si è stretta intorno alla famiglia di Willy in questi giorni. Da subito, senza esitazione e con al fianco le istituzioni locali e regionali.

Così già alle 20,30 della sera dell’omicidio ci ritroviamo storditi nei giardini dove è stato ucciso Willy, sono presenti la sorella, una ragazza di 18 anni e il padre; il sindaco di Paliano, Domenico Alfieri; quello di Colleferro, Pierluigi Sanna, e quello di Artena, Felicetto Angelini; tanti amici scesi da Paliano; tante ragazze e ragazzi di Colleferro; tante, tante persone, soprattutto considerando che non era una cosa organizzata e che eravamo arrivati lì fondamentalmente attraverso il passaparola. Perché questo fanno le comunità allargate. Poco prima gli indiziati erano stati trasferiti a Roma, poco dopo noi eravamo lì a guardarci senza sapere cosa dire, non ci aspettavamo di trovare la famiglia di Willy e forse non ci aspettavamo che quello sdegno e sbigottimento di qualche ora prima diventasse un grande abbraccio, forse non tutti ci aspettavamo che quel dolore diventasse così forte e che ci avrebbe profondamente attraversato.

Quello a Willy è un addio lungo, un’elaborazione del lutto che sta divenendo collettiva e che come tale ci coinvolge, e che ci coinvolgerà anche in una riflessione, che piano piano, ma con forza diventa sempre più urgente.

Un altro scatto della fiaccolata con la richiesta di verità per Willy e di solidarietà alla famiglia del ragazzo massacrato a calci e pugni (foto di Amalia Perfetti)

Dal lunedì però ci siamo cominciati ad accorgere che non era solo una questione di dolore, di lutto e di riflessione. Da lunedì ci siamo resi conto di che cosa significhi essere su tutte le prime pagine dei giornali, ci siamo resi conto di cosa significhi uscire di casa e trovare la piazza della città – Willy è stato ucciso a pochi metri da lì – invasa da giornalisti e telecamere, la stessa cosa è successa a Paliano e ad Artena; ci siamo accorti di cosa significhi essere oggetto di indagini sociologiche sommarie, ci siamo accorti che tutti si sono sentiti in dovere di dire qualcosa, anche se non avevano assolutamente nulla da dire.

Ci siamo accorti che i luoghi che noi abitiamo venivano descritti in modo completamente diverso da come noi li abbiamo sempre percepiti. E che anche la notizia veniva raccontata in altro modo. E così se da un lato c’è il dolore per la perdita di questa giovane vita di cui la comunità si sente partecipe, fortemente partecipe, dall’altro c’è lo sbigottimento nel vedersi descritti come non si è o come non si pensa di essere.

Lucia, Milena e Armando, la madre, la sorella e il padre di Willy (foto Imagoeconomica)

Ma andiamo per ordine quello stesso lunedì in cui l’efferato omicidio è salito alle cronache nazionali, la sera ci siamo ritrovati per un momento di raccoglimento intorno alla famiglia di Willy, questa famiglia semplice e generosa e molto religiosa; forse cinquecento persone, prevalentemente di Paliano, ancora con una certa intimità, di nuovo era stato solo il passaparola a farci sapere dell’appuntamento e senza telecamere, che invece nei giorni successivi diventeranno sempre più invadenti non solo nelle piazze e nelle strade, ma anche nei momenti in cui si è scelto di ricordare pubblicamente Willy.

Di quella sera ci hanno colpito tre cose, il dolore composto della madre, del padre e della sorella di Willy, la vicinanza, il sostegno che il sindaco di Paliano ha dimostrato loro e gli occhi delle ragazze e dei ragazzi che hanno riempito la strada, occhi pieni di lacrime trattenute, pieni di sgomento e interrogativi. Si avvertiva e si percepiva in quello sguardo la consapevolezza che ognuno di loro avrebbe potuto essere al posto di Willy, così come in quello dei loro genitori che al posto di quel ragazzo ci sarebbe potuto essere uno dei loro figli. Questo è poi quanto nei giorni seguenti hanno cominciato a dire sia gli uni che gli altri.

Il circo mediatico che il giorno seguente l’omicidio si era solo cominciato a palesare è diventato sempre più imponente. Interviste, riprese, supposizioni, inesattezze, alcune inquietanti, come i presunti 20 minuti di pestaggio, solo per fare un esempio. Ma anche le analisi sul territorio, periferia degradata, deserto culturale, razzismo, fascismo, la presunta omertà, tutti sapevano, nessuno parlava.

Dopo il riconoscimento di “Città della Cultura” e “Città dello Spazio” Colleferro ha ottenuto dall’Anci e dal Cepell la qualifica di “Città che legge”

Cerchiamo di capire, né Colleferro, né Paliano, né Artena sono periferia. Non si tratta di essere meglio o peggio di un qualsiasi altro luogo, semplicemente non sono periferia, ma paesi che gravitano intorno a Roma, con una loro autonomia. Artena e Paliano sono antichi borghi della campagna romana con una storia secolare. Colleferro una cittadina giovane, come Comune ha solo 85 anni, qualche decennio in più come nucleo urbano. Cittadina industriale, operaia, dove a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso si sono cominciate a dismettere le fabbriche che hanno lasciato degrado, tanto, ma ambientale, non culturale. Una comunità quella di Colleferro, allargata ai paesi limitrofi tra cui Paliano e Artena, che negli ultimi anni ha dimostrato una forte reattività sociale che ha portato alla chiusura di due inceneritori e di una discarica. È una realtà in cui si discute, ci si organizza, piena di realtà associative e di volontariato. Il migliore dei mondi possibili? Assolutamente no. Ma nemmeno il peggiore. Una situazione simile a tanti luoghi in Italia. Non mancano la disoccupazione, la povertà, l’abbandono scolastico. Mancano invece centri di aggregazione alternativi, attrattivi e stimolanti per i giovani e non solo. Qualcosa c’è, ma non è sufficiente. Ma, di nuovo, come in molti altri posti del Paese. Tante sono le iniziative culturali, cresciute negli ultimi anni, Paliano e Artena hanno entrambe un palio estivo, che aggrega per la preparazione durante tutto l’anno. Sono tre luoghi abitati anche da molti pendolari, ma non possono essere classificate città dormitorio, perché hanno una storia e dei legami precedenti più antichi. Ci si conosce anche tra un paese e l’altro.

Si è parlato di razzismo, fascismo e machismo riguardo ai presunti assassini, che non vengono certo da un altro pianeta. Difficile da dire al momento attuale. Si è parlato molto di MMA, palestre, spaccio, recupero crediti, lusso non supportato da redditi legittimi, reddito di cittadinanza non spettante.

Foto Imagoeconomica

Non è un altro pianeta, no, è lo stesso, la stessa criminalità e violenza, che alberga in tante realtà, purtroppo. Mondi paralleli che convivono e improvvisamente si incrociano. Un ragazzo che lavora e che progetta la sua vita, impegnandosi per realizzare i suoi sogni che finisce tra le mani di chi ha scelto un’altra strada e fa della violenza la sua cifra di vita. Non sappiamo se si può parlare di razzismo o fascismo, certo è che la violenza si nutre di razzismo e fascismo. Certo è che se tutto questo è successo c’è un evidente fallimento di un modello di società che non funziona, certo è che quando il lavoro non c’è, è più facile che modelli in cui primeggia la criminalità possano insinuarsi, trovare spazi, mettere a disposizione “alternative” facili. Tutti sapevano, tutti li conoscevano, “li chiamavano per mettere paura”, lo abbiamo sentito dire e letto più e più volte. E questo è il segnale di un’altra sconfitta. Ma di chi? Si è parlato di omertà, di paura. Ma anche in questo caso colpevolizzare un’intera comunità ci sembra eccessivo. Inizialmente poche erano state le persone che avevano testimoniato, ma l’appello della famiglia e dei sindaci le ha fatte aumentare in pochi giorni, facendo vincere proprio l’omertà e la paura, in favore della ricerca della verità.

Quella reattività sociale che avevamo visto per le questioni ambientali, la stiamo rivedendo di nuovo.

Mercoledì 9 settembre le strade di Paliano si sono riempite di migliaia di persone, tantissimi giovani, che ancora una volta si sono strette intorno alla famiglia in una fiaccolata silenziosa e dolorosa che chiedeva con forza “Giustizia per Willy”. Un fiume di persone che ha riempito le strade del borgo.

Paliano, i funerali di Willy.

Il sabato è stato il giorno dei funerali celebrati al campo sportivo, una scelta dovuta alla previsione di una forte affluenza e partecipazione e dell’emergenza Covid: 1350 posti, riempiti dalle prime ore della mattina, tantissime le persone che sono rimaste fuori e pazientemente hanno aspettato il passaggio del feretro, dopo la cerimonia, per un ultimo saluto a questo ragazzo generoso e solare. Ai funerali hanno partecipato tanti sindaci, il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la ministra degli Interni Luciana Lamorgese, tutti in bianco come richiesto dalla famiglia.

La maglietta indossata da tantissime persone che hanno voluto partecipare nello stadio di Paliano ai funerali di Willy. Un numero di posti contingentato per le misure anti Covid

Il bianco, il colore della purezza. Una marea di persone con una maglietta o una camicia bianca, gli amici come la sera della fiaccolata con la scritta “Ciao Willy”.

Una cerimonia sobria, toccante, ancora un lungo abbraccio alla famiglia e agli amici, un abbraccio che è continuato con un bellissimo murales con il viso sorridente di Willy realizzato nel centro storico di Paliano da Ozmo e scoperto martedì 16, sempre alla presenza della famiglia e degli amici di Willy, e poi il giorno seguente una nuova fiaccolata, questa volta a Colleferro, di nuovo con la partecipazione di migliaia di persone, che è passata per il luogo dell’omicidio. Tra pochi giorni sarà la volta di Artena.

Un abbraccio lungo che sembra non finire. Ma che inizia ad accompagnare la voglia di reagire, di organizzarsi per interrogarsi su quello che è successo e trovare le energie affinché una cosa del genere, una violenza inaudita come quella che si è scatenata su Willy, non abiti più le nostre strade.

La via che si sta cercando di intraprendere non è banalmente quella della sicurezza, ma quella della costruzione di un tessuto sociale che trovi al suo interno gli anticorpi per neutralizzare la violenza e la criminalità. Le associazioni si stanno sentendo, cominciano a darsi appuntamenti per incontrarsi, cercano di fare rete, di supportarsi, di trovare strade comuni. Per il primo giorno di scuola abbiamo indirizzato una lettera aperta ai dirigenti scolastici e agli insegnati invitandoli ad ascoltare e far discutere le studentesse e gli studenti.

Paliano. In moltissimi sono rimasti all’esterno dello stadio ma non sono voluti mancare ai funerali di Willy (foto Imagoeconomica)

C’è una doppia consapevolezza, da un lato il timore che la narrazione distorta delle nostre città, che è stata data dai media in questi giorni, diventi anche la nostra, dall’altra quella che c’è da fare tanto, tantissimo. Non siamo un posto di degrado, ma siamo una normalità in cui questo terribile atto di violenza è successo. Una normalità di tanti posti in questo nostro Paese in cui convivono realtà diverse. Una normalità in cui alberga un odio che è cresciuto nel corso degli anni e ha trovato terreno fertile nei social, inenarrabili le cose che si sono lette in questi giorni, e che poi ritroviamo drammaticamente anche fuori del mondo virtuale.

I nostri giovani stanno parlando nelle scuole e fuori e stanno dimostrando una maturità inaspettata. Non ci stanno a veder criminalizzato il posto in cui vivono, il loro modo di incontrarsi, di aggregarsi. Ragionano tra loro, con gli adulti, con quei giornalisti o opinionisti che sono stati più disponibili ad ascoltare e a capire. E ne esce un quadro di una gioventù consapevole che non vuole avere paura di uscire, disponibile a capire e crescere in un contesto diverso che vuole contribuire a costruire. Per questo però servono politiche giovanili, e non solo.

Abbiamo detto che abbiamo sentito le istituzioni vicine. I sindaci, che sono stati vicini alla famiglia di Willy e alle loro comunità, la Regione Lazio, che coprirà le spese legali della famiglia Monteiro, il presidente del Consiglio che ha partecipato ai funerali, le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che come sempre sono state forti ed efficaci. Tutto questo va bene, ma servono politiche mirate, fondi, per politiche giovanili e culturali che rendano i luoghi del nostro abitare migliori, che offrano ai giovani luoghi di aggregazione. C’è bisogno di costruire un tessuto sociale diverso dove il fascismo, la violenza, l’odio, il razzismo, l’arroganza non possa trovare radici.

Amalia Perfetti, presidente sezione Anpi Colleferro “La Staffetta Partigiana”