Domenica scorsa, 11 dicembre, in Val Graveglia, nel Genovese, abbiamo ricordato i nostri caduti partigiani. Durante l’inverno1944-’45 ne morirono otto in differenti azioni e circostanze. Erano nati nelle valli o trovarono una tragica fine in una zona che fu teatro di aspri combattimenti tra le brigate e gli invasori nazifascisti, e in cui la popolazione contadina dei vari paesi offrì un grande contribuito alla lotta di Liberazione. I loro nomi: Dino Bertetta “Ancora”, Zolezzi Evasio “Mario”, Amedeo Vascelli “Noce”, Luigi Parodi “Mario”, Luigi Giraldi “Gira”, Giacomo Merani “Ne”, Otello Beorchia “Venti”, e il più giovane, appena17 anni, Erminio Labbrati “Spalla”.

Che il nostro territorio sia stato pienamente impegnato lo dimostra la mappa digitale dei luoghi della Resistenza nel Tigullio: lapidi e monumenti raccontano plasticamente quell’esperienza drammatica in quest’area della Liguria e continuano a trasmetterla di generazione in generazione. Ho raccontato su Patria di quando, tre anni fa, è sbarcata online. La mappa contava una media di oltre 50 visualizzazioni giornaliere, svettate ora a ben 60.000. Non “like” o “emoticons” ma visite. Un numero incredibile: sessantamila persone sono uno stadio stracolmo, è la somma degli abitanti di Chiavari e Rapallo. Sessantamila visualizzazioni per una mappa resistente di un territorio di 100mila abitanti.

Eppure non mancano le preoccupazioni per qualcosa che appare più di un rigurgito nostalgico.

Restando al territorio, ricordiamo l’arresto del suprematista savonese che progettava attentati alla sede Anpi di Genova e durante le manifestazioni femministe. Sempre a Genova un gruppo di filonazisti e suprematisti, tutti giovanissimi con alcuni addirittura minorenni, progettavano su Telegram un attentato a Montecitorio. Ancora. Il Parco della Memoria di Chiavari, dedicato ai deportati ebrei del comprensorio, in pochi mesi è stato oggetto di tre gravi episodi di sfregi; svastiche hanno imbrattato vilmente i manifesti elettorali del candidato sindaco del centrosinistra in occasione delle ultime elezioni comunali; e altre croci uncinate sono comparse sulle strade dell’area montana del Comune di Borzonasca, proprio i monti dove i nostri partigiani hanno sacrificato la migliore gioventù.

(Imagoeconomica)

Qualcuno afferma, utilizzando la solita stantia retorica, “sono solo 4 scemi”, gli stessi che poi trovano legittimazione in chi intitola sedi di partito a gerarchi fascisti come Italo Balbo, oppure intitola strade a chi ha propagandato le leggi razziali. Il riferimento è quell’Almirante che segretario di redazione e caporedattore de “La difesa della razza”, sulle quelle pagine scrisse “il razzismo nostro deve essere quello del sangue, che scorre nelle mie vene, che io sento rifluire in me”. Per arrivare poi ai casi più eclatanti: la seconda carica dello Stato che sfoggia busti di Mussolini nella propria abitazione, o la terza della carica dello Stato che una manciata di anni fa ha definito “amici” il gruppo terroristico neonazista greco Alba dorata.

In altre parole, a 78 anni dai tragici eventi che domenica scorsa abbiamo voluto commemorare, c’è ancora qualcuno che non ha fatto i conti con la storia e vorrebbe che i nostri partigiani fossero dimenticati.

Assume allora un significato ancora più pregnante e politico portare un fiore alle loro lapidi. Come abbiamo fatto con le Anpi Lavagna e Valli Aveto-Sturla-Graveglia.

Ed ecco la sorpresa: al cippo di “Gira” Luigi Girardi abbiamo trovato un biglietto, un foglio a quadretti dove con la calligrafia di un bambino erano scritte appena due parole, capaci però di arrivare dritte al cuore: “mi dispiace”, sotto la firma “Samuele” e la data 7.8.2022.

Dopo la celebrazione abbiamo postato le foto della giornata e così siamo stati contattati dal nonno di Samuele. Ci ha spiegato che il nipote ha 8 anni, è di Genova, e d’estate con la famiglia trascorre le vacanze in valle.

Quel giorno di agosto, passando di lì Samuele ha chiesto chi fosse la persona ritratta nella foto del cippo. E ha chiesto di conoscere la vicenda dei partigiani ricordati da quelle stele.

Ha ascoltato di “Mario” e “Noce” della brigata Coduri, uccisi il 16 dicembre ’44 in località Pian di Fieno (Ne), in un’imboscata tesa da fascisti che si finsero pentiti e disposti a passare tra le file partigiane. E di Amedeo Vascelli, che aveva 21 anni, sepolto nel Sacrario del cimitero di Riva Trigoso. Non ha perso una parola sulla fine di Luigi Girardi “Gira” che insieme al partigiano “Luna” del battaglione “Zelasco”, fu inviato in località Caminata di Ne per appurare i movimenti della divisione alpina Monterosa, collaborazionista dei soldati nazisti. Il 22 dicembre 1944 in località Casaretti, Girardi è stato ucciso da elementi alpini che vestivano divise partigiane e solo per questo venne sopraffatto, mentre “Luna” ne uscì ferito ma vivo.

Un giorno ripassando davanti alla lapide, Samuele ha chiesto al nonno di fermarsi: «ho una cosa da lasciare al partigiano “Gira”». In tasca aveva quel biglietto, il nonno lo ha messo in una busta di plastica per far sì che superasse il più possibile le incursioni del tempo. E così è stato.

Quel messaggio di un bambino di otto anni ci ripaga di tanto impegno e ci fa sperare nel futuro. Per questo, una volta di più, ribadiamo la promessa di non dimenticare. “Perché l’oblio è qualcosa che appartiene a chi non ha lottato e sacrificato la vita per libertà, la democrazia e la pace, ed ecco perché i nostri caduti furono gli unici e veri patrioti.

Patriota è chi è disposto a morire per la propria nazione e non chi da italiano caricava sui vagoni piombati altri italiani o li fucilava”.

Ai cippi torneremo, come abbiamo fatto domenica, per rendere omaggio e ringraziare i nostri partigiani e a chiunque vuol far tornare indietro le lancette della storia e calpesta quella straordinaria memoria replichiamo: avete già perduto, sarete nuovamente sconfitti. Ora e sempre Resistenza!

Matteo Brugnoli