Sono stati resi noti, alla Spezia, gli sviluppi processuali riferiti ad azioni compiute da squadristi neonazisti nel 2020 e nel 2021: aggressioni a giovani antifascisti commesse con l’aggravante della premeditazione e dell’odio etnico. A compierle fu un gruppo di giovani che faceva riferimento a Lealtà Azione, movimento di estrema destra operante al Nord, con sede anche a Genova. Un ventisettenne membro del gruppo ha patteggiato – 8 mesi con la sospensione condizionale e il pagamento delle spese processuali – mentre per altri tre giovani ventenni, due ragazzi e una ragazza, c’è stata l’ammissione alla messa alla prova, in un percorso educativo-riabilitativo funzionale all’estinzione del reato: 200 ore di servizio al canile municipale della Spezia per due di loro e 160 ore alla Pubblica Assistenza di Ceparana, il Comune della provincia spezzina in cui accadde uno dei due episodi, quello del 22 febbraio 2021. Il ventisettenne ha dovuto patteggiare perché era già messo alla prova quando si rese responsabile dell’aggressione del 2021.
Quella sera i giovani neonazisti pedinarono e picchiarono un diciottenne “colpevole” di portare un adesivo sul cellulare con la scritta “Azione antifascista”. I carabinieri, grazie alla sua denuncia e alla successiva indagine, risalirono agli aggressori. Venne in questo modo alla luce un fatto precedente, avvenuto l’8 novembre 2020 in un altro Comune della provincia, Sarzana. Un adolescente fu accerchiato, minacciato e schiaffeggiato perché indossava una maglietta del Festival della Resistenza di Fosdinovo.
Le due aggressioni hanno svelato l’esistenza di una rete di giovani neonazisti operante nella provincia. La relazione dei carabinieri documenta “l’esistenza di un gruppo operante in provincia della Spezia, collegato con analoghi a Genova e Milano, ideologicamente di estrema destra, in particolare di ispirazione nazionalsocialista (naziskin o skinn 88), riconducibile a Lealtà Azione e avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi”.
L’indagine ha ricostruito i pensieri e le immagini di questa galassia nera, scoprendo quel che non era stato ancora eliminato dalle loro chat, di cui il magistrato ha disposto lo screening. Leggendo gli atti processuali si rimane ammutoliti: odio razziale e violenza la fanno da padroni.
Un ragazzo riferisce a un altro di aver fatto un nuovo acquisto e invia la foto di un portacenere con impressa la svastica del nazionalsocialismo sul fondo. L’altro commenta scrivendo: “L’unico vero partito”. E poi, riferendosi alla cenere che l’oggetto è destinato a raccogliere, afferma: “è quasi un peccato riempirlo di ebrei”.
Un altro ancora, alludendo al contatto con gli ultras di estrema destra: “Il calcio è un divertente passatempo, non una ragione di vita, quella deve esserlo la difesa della razza bianca ariana”. Altri esempi: “Scontri nelle strade con spranghe nelle mani i rivoluzionari non sono morti invano”; “Posso morire per la rivoluzione”; “Né comunismo né capitalismo: Azione Nazionalsocialista”, e così via.
Spesso i commenti ai messaggi sono “88”, numero che rappresenta l’ottava lettera dell’alfabeto, la “H” che, ripetuta due volte è utilizzata nella terminologia dell’estrema destra radicale a significare “Heil Hitler” (l’Anpi nazionale ha appena presentato una denuncia-querela per i cori antisemiti levatisi lo scorso 19 marzo dallo Curva Nord dello Stadio Olimpico, dove faceva anche bella mostra di sé un soggetto che indossava una maglietta con scritto “88” e “Hitlerson”); e “A.C.A.B.”, acronimo di “all corps are bastards” – tutti i poliziotti sono bastardi”. Dopo la seconda aggressione un solo commento corale: “Onore”.
Una ragazza pubblica nella chat un breve filmato girato dal suo telefonino, nel quale si vede un bambino nero con un giocattolo in mano mentre sembra raccogliere dei fiori. Il commento pubblicato è “cazzo, una scimmia nel mio giardino”. Una sera i giovani neonazisti progettano una spedizione a Sarzana contro “zingari e marocchini”. Un’altra volta raccontano il pestaggio di un presunto “pedofilo”. Un ragazzo mostra, tatuata nella schiena, la scritta a caratteri cubitali “Dux”.
Sta per arrivare il 25 aprile 2020, e poi il 28 aprile, anniversario della morte di Mussolini: “La settimana nera. I nostri nemici festeggiano tracotanti, noi commemoriamo. È la settimana che ci fa fremere dalla voglia di urlare PRESENTE! … Decorrono 75 anni dal martirio dell’ultimo dei Cesari. Ma non doveva finire così! Quando penso alla grandezza del Duce e al suo martirio mi assale il magone… Si narrava che la base trapezoidale della fiamma tricolore fosse l’urna che racchiudeva le spoglie del Duce e l’acronimo del partito ‘Mussolini Sei Immortale’”.
Purtroppo, non si tratta di fantasmi, come ha dichiarato l’on. Maria Grazia Frija, parlamentare di Fratelli d’Italia e vicesindaco del Comune della Spezia.
La presenza alle iniziative di Lealtà Azione della sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassineti (Fratelli d’Italia) è stata più volte documentata. Nessuna presa di distanza? E soprattutto: la XII Disposizione finale della Costituzione vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del partito fascista. Perché Lealtà Azione non è stata ancora sciolta?
Forse i giovani aggressori si sono già ravveduti. Speriamo che possano tutti costruirsi una nuova vita.
Certamente vanno ringraziate le forze di polizia che sono state all’altezza del loro compito. Ma affrontare questa sfida solo come una sfida alla sicurezza significa affrontare i sintomi e non il problema. È alla politica che deve essere richiesto di affrontare la questione. Questi episodi si inseriscono infatti in un processo in corso di revisione politica e culturale che ha come obiettivo la fine dell’antifascismo come cultura civile del Paese, nata dalla vicenda storica che ha portato l’Italia al ventennio della dittatura. Ma l’antifascismo è l’elemento fondativo della democrazia riconquistata, è il patrimonio comune degli italiani. Niente e nessuno potrà mai sostituirlo in questa indispensabile funzione.
Un popolo grande e unito lo ribadirà nelle manifestazioni che si terranno, come ogni anno, il 24 aprile nel quartiere spezzino di Migliarina – dove nel novembre 1944 furono rastrellate e condotte nei campi di sterminio oltre 400 persone – e il 25 aprile al Monumento della Resistenza, ai Giardini Pubblici.
Nei mesi scorsi si è costituita, attorno al Comitato provinciale Unitario della Resistenza, una rete antifascista amplissima, che ha dato vita alla manifestazione del 16 dicembre 2022 per reagire all’intimidazione squadrista avvenuta contro giovani antifascisti al circolo Arci del quartiere spezzino del Canaletto. Sono in programma venti mesi di iniziative per ricordare l’80° della lotta di Liberazione: nelle scuole, nelle fabbriche, in ogni quartiere e paese della provincia, all’insegna del motto del Presidente Sandro Pertini che si richiamava a Giacomo Matteotti: “il fascismo non è un’opinione, è un crimine”.
Speriamo che tutte le forze politiche, senza distinzioni, partecipino alle manifestazioni del 25 aprile e sostengano l’impegno per la storia e la memoria. Non ci si può “inceppare” davanti alla parola antifascismo, come ha fatto Giorgia Meloni. Il comunicato tedesco affisso dopo la strage dei 335 morti ammazzati alle Fosse Ardeatine spiegava perché li avevano uccisi: non perché erano italiani ma perché ai loro occhi erano tutti “comunisti badogliani”. Una mezza dozzina non erano nemmeno italiani, ma lussemburghesi, ungheresi, turchi, ucraini…
Scrisse a suo tempo Vittorio Foa: “Si uccidevano gli ebrei perché erano ebrei, non per quello che pensavano e facevano; si uccidevano gli antifascisti per quello che pensavano e facevano; si uccidevano uomini che non c’entravano per niente solo perché erano dei numeri da completare per eseguire l’ordine”.
Alessandro Portelli, che alla storia della strage delle Fosse Ardeatine ha dedicato lo studio più accurato, ha ricordato: “Quando l’italiano Guido Buffarini Guidi, ministro degli interni di quella che si era chiamata Repubblica sociale italiana, consegna ai nazisti la lista di una cinquantina di italiani da uccidere, non lo fa perché erano italiani. Lo fa precisamente perché, agli occhi del suo regime, erano tutto il contrario: nemici della patria, letteralmente ‘anti-italiani’”.
Perché gli italiani non erano, non sono mai stati, una cosa sola. Ci furono, allora, gli italiani che morirono o rischiarono la vita per la democrazia e ci furono gli italiani – loro sì i veri “anti-italiani” – che difendevano la barbarie.
Il giornale clandestino trovato sotto il letto dagli assassini di Bruno Bucci, una delle 335 vittime, si chiamava “Italia Libera”. L’aggettivo non è meno importante del nome.
Non ci voleva molto a ricordarlo. A proposito di aggettivi, Giorgia Meloni ha sbagliato anche quello: “italiani”, ha detto, “innocenti”. Come se non c’entrassero nulla e fossero morti per caso. Ma non era così. Per i nazisti e i loro complici fascisti le 335 vittime erano “colpevoli”. Avevano la colpa di aver scelto di essere antifascisti. L’aggettivo “innocenti” toglie dignità alla loro scelta morale.
Giorgio Pagano, copresidente del Comitato provinciale Unitario della Resistenza della Spezia in rappresentanza dell’Anpi
Pubblicato martedì 28 Marzo 2023
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