Nel campo della storiografia il concetto di ‘definitività’ è sempre stato visto, giustamente, con sospetto dagli addetti ai lavori e se anche l’opera di Borri non ha tale pretesa, questa biografia getta una luce fondamentale e si impone per la sua imprescindibilità a tutti coloro che, negli anni a venire, vorranno studiare una figura, come quella di Chiurco, per molti aspetti controversa nel capitolo della storia del Novecento, sia locale sia nazionale.
Non solo. Partendo dall’analisi del caso localistico, il punto di vista del ricercatore si allarga all’intero contesto nazionale ed europeo fornendo un’ulteriore chiave di lettura del fenomeno del fascismo italiano, dalla nascita alla mancata epurazione del Secondo dopoguerra, ossia lo studio degli snodi fondamentali del regime, quelli che collegavano l’élite centrale alle realtà locali da cui il fascismo dei primordi aveva tratto la sua forza.
Il giovane, nonostante millantasse una militanza da patriota italiano antiaustriaco, aveva alle spalle un passato assai poco trasparente, segnato, probabilmente dall’attivismo nei reparti sanitari dell’esercito di Francesco Giuseppe. Trasferitosi presso l’ateneo patavino alla fine del conflitto, l’istriano aveva conosciuto il movimento fascista aderendovi entusiasticamente per poi portare con sé le proprie convinzioni nel successivo approdo a Siena, dove era giunto in pieno Biennio rosso per completare gli studi di medicina. E fu proprio all’ombra della Torre del Mangia che Chiurco iniziò a costruire la sua carriera.
Ancora. Chiurco fu una figura poliedrica capace di usare, oltre all’azione, anche il calcolo politico nonché le sue qualità di intellettuale e di scienziato. Quando le turbolenze del fascismo e dei gruppi di potere senesi lo costrinsero, temporaneamente, ad allontanarsi dai vertici del partito, egli seguì sempre le direttive con disciplina, pronto a tornare in sella nei momenti opportuni alla cui preparazione, nel frattempo, lavorava meticolosamente.
Un aspetto di rilievo nella vita dell’istriano fu senz’altro il rapporto privilegiato con il mondo tedesco a cui la formazione giovanile mitteleuropea aveva dato un contributo fondamentale. Ebbe modo di conoscere il nazionalsocialismo nella fase cruciale della scalata al potere e lo ammirò da subito, nonostante le diffidenze di molti fascisti come lui.

Del nazismo in particolar modo, Chiurco abbracciò le teorie eugenetiche degli scienziati di Hitler e le condivise senza riserve all’interno nel monumentale lavoro pseudo scientifico (La sanità delle razze nell’Impero Italiano) da lui redatto a seguito della sua esperienza di ufficiale medico partito volontario per la “campagna d’Etiopia”. E proprio la fedeltà al fascismo e le buone relazioni con gli uomini del Terzo Reich segneranno l’ultimo momento di gloria della fortuna politica del medico istriano che si lega in modo inscindibile alle sorti della Repubblica sociale italiana.
La rinascita del fascismo senese, dopo l’otto settembre, lo vide ancora una volta protagonista e Mussolini, considerati i buoni rapporti con l’occupante tedesco, lo valutò come la persona più idonea per prendere il comando della provincia.

La fiducia del duce non fu mal riposta: a differenza di altri fascisti storici della città, come il podestà Luigi Socini Guelfi che, nonostante l’adesione al regime saloino, preferì la strada dell’attendismo nel tentativo di ammorbidire le proprie responsabilità precedenti, l’adesione di Chiurco alla Repubblica sociale fu convinta e completa. Una sua chiara colpevolezza nelle pagine più cupe della storia territorio, come il rastrellamento degli ebrei (avvenuto nella notte tra il 5 e il 6 novembre 1943) e prima gli eccidi di Scalvaia e Montemaggio (11 e 28 marzo 1943), non emerge ma, essendo stato al vertice della catena di comando in qualità di prefetto e capo del fascismo locale, è improbabile che sia stato estraneo ai fatti.
Con la Liberazione di Siena, il gerarca fuggì a Brescia dove venne assegnato alla delegazione della Croce Rossa della Repubblica sociale e inviato in Germania per occuparsi dei prigionieri italiani detenuti nei campi di lavoro del Reich, avendo modo di visitare i lager hitleriani.
In prima istanza i magistrati senesi, in quello che fu il più grande processo celebrato in Italia contro i crimini di guerra commessi dai fascisti, condannarono all’ergastolo il medico istriano considerandolo il principale responsabile, insieme al braccio destro Alessandro Rinaldi, delle violenze commesse dagli uomini della Rsi nel territorio senese.
La stagione della giustizia e della conseguente epurazione fu tuttavia di breve durata. Nei successivi gradi di giudizio Chiurco, grazie ai mutamenti politici di quell’epoca, venne assolto per i capi d’imputazione più gravi e amnistiato per gli altri. E non è tutto. Gli venne perfino restituita la dignità di docente universitario e soltanto per la ferma opposizione del rettore Mario Bracci, convinto antifascista, non poté tornare a lavorare a Siena.
Riccardo Bardotti, istituto storico della Resistenza senese e dell’età contemporanea “Vittorio Meoni” di Siena
Pubblicato domenica 5 Marzo 2023
Stampato il 28/09/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/terza-pagina/librarsi/giorgio-alberto-chiurco-il-fascista-di-provincia-e-non-solo/