Finalmente arriva in Italia “Gli uomini mi spiegano le cose. Riflessioni sulla sopraffazione maschile”, il libro della scrittrice e giornalista californiana Rebecca Solnit. La raccolta di saggi – edita da Ponte alle Grazie, traduzione di Sabrina Placidi con le belle immagini di Ana Teresa Fernández – ha avuto origine da un articolo scritto dall’autrice quasi dieci anni fa per denunciare l’atteggiamento paternalistico di un uomo quando spiega a una donna qualcosa con il tono di chi parla a una persona stupida. Questo articolo dal titolo “Gli uomini mi spiegano le cose” negli Stati Uniti ha dato origine al termine mansplaining ormai parte del vocabolario non solo inglese (da man, uomo, ed explain, spiegare); nel 2010 una delle parole dell’anno secondo il New York Times.
Nell’articolo, Solnit raccontava di una festa a cui era stata invitata sui pendii boscosi di Aspen e di quando a un certo punto il ricco padrone di casa si era fermato a parlare con lei e la sua amica. «Ho sentito dire che lei ha scritto un paio di libri», chiese l’uomo. «A dire il vero, ne ho scritti diversi», rispose Solnit. E lui, “nel modo in cui si esorta un’amichetta di sette anni a raccontare delle sue lezioni di flauto, aggiunse: «E di che cosa parlano?»”. Così la scrittrice citò il suo ultimo saggio sul fotografo Eadweard Muybridge. A quel punto l’uomo la interruppe chiedendole se conosceva un importantissimo libro su Muybridge appena uscito, senza rendersi conto che era proprio il libro di Solnit.
“Gli uomini (alcuni uomini) spiegano le cose, a me come ad altre donne, indipendentemente dal fatto che sappiano o no di cosa stanno parlando”, scrive Solnit. “Mi riferisco a quell’arroganza che, a volte, mette i bastoni tra le ruote a tutte le donne, in qualsiasi settore, che la trattiene dal far sentire la propria voce e che schiaccia le più giovani nel silenzio insegnando, così come fanno le molestie per strada, che questo mondo non appartiene a loro”, continua l’autrice.
Questo di cui parliamo è un libro prezioso e fondamentale che affronta i temi del gender e del potere, ma non è una lettura per sole donne. È un insieme di saggi che si legge tutto d’un fiato: una indagine sulla società contemporanea che mostra chiaramente il punto in cui siamo in quanto a uguaglianza e diritti.
“Mi piace quando la gente mi spiega cose che conosce e che io non so ma trovo interessanti – puntualizza Solnit –. È quando mi spiegano cose che io conosco e loro no che la conversazione prende la piega sbagliata”.
Il successo del termine mansplained in uso nel giornalismo politico americano combaciò con una serie di affermazioni molto dure nei confronti delle donne e del loro corpo fatte da un politico conservatore nell’agosto del 2012. “Il repubblicano Todd Akin, membro della Camera dei Rappresentanti per il Missouri, se ne uscì con la sua ignobile affermazione che le donne stuprate non hanno necessità di ricorrere all’aborto, perché ‘se si tratta di uno stupro legittimo, il corpo femminile può fare in modo di chiudere tutto’. Quella stagione elettorale – scrive Solnit – fu caratterizzata da assurde, inconcepibili dichiarazioni pro stupro da parte di maschi conservatori, e ravvivata dalle femministe, le quali evidenziarono perché ci sia bisogno del femminismo e perché tizi come quelli debbano farci paura”.
Rebecca Solnit, considerata l’erede di Susan Sontag, ne “Gli uomini mi spiegano le cose” affronta temi come la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stalking, lo stupro coniugale, le minacce via web, la sopraffazione del più forte sul più debole. “La liberazione femminile – si legge – è stata spesso descritta come un movimento determinato a usurpare o portare via agli uomini il potere e i privilegi. Come se, in uno squallido gioco a somma zero, il potere e la libertà potessero appartenere di volta in volta solo all’uno o all’altro sesso. Ma o si è liberi e libere insieme, o si è schiavi e schiave insieme”.
Molto interessante nel volume è anche il saggio in cui l’autrice mette in relazione le politiche del Fondo monetario internazionale in Africa e la vicenda di Dominique Strauss-Kahn che aggredì sessualmente nella sua suite di lusso una giovane cameriera originaria del Ghana. La voce di Solnit su questi temi è sempre potente, in un momento in cui le molestie nel dorato mondo di Hollywood e quelle nel cinema di casa nostra o nel mondo sportivo stanno alimentando il dibattito. Nulla di nuovo sotto il sole si direbbe, ma occorre una riflessione approfondita e Solnit di certo non le manda a dire.
Nel libro l’autrice racconta le storie di tante donne che hanno agito, hanno manifestato, hanno parlato e che, anche con l’aiuto di tanti uomini, hanno cambiato le cose a casa, sul posto di lavoro, nelle istituzioni. Cita il caso di Anita Hill, una professoressa di diritto che nel 1991 fu chiamata a testimoniare di fronte alla commissione di giustizia del Senato americano a causa delle molestie subite da un giudice della Corte Suprema, Carence Thomas, quando era suo superiore.
All’epoca Hill non fu creduta e divenne bersaglio di attacchi feroci, mentre il giudice Thomas ottenne comunque la sua carica. Col passare del tempo però la frase I believe in you, Anita (Io ti credo, Anita) è diventato uno slogan femminista e spesso si guarda a Hill come a colei che ha inaugurato negli Stati Uniti la lotta contro le molestie sessuali nell’ambiente lavorativo. “Eppure, ancora oggi, quando una donna dice qualcosa di scomodo riguardo ai comportamenti riprovevoli degli uomini, regolarmente viene dipinta come una pazza, una paranoica, una cospiratrice maligna, una bugiarda patologica, una piagnucolosa che non capisce che si fa solo per scherzare, oppure tutte queste cose insieme”, spiega l’autrice. Insomma, un libro politico e necessario.
Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. Ha lavorato al settimanale La Rinascita della sinistra scrivendo di politica estera e società. Collabora con Linkiesta.it e si occupa di formazione giornalistica per ragazzi
Pubblicato martedì 23 Gennaio 2018
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