La locandina originale del film (1965). La pellicola è ora disponbile online e in dvd

Non sono soldatesse quelle del film del 1965 di Valerio Zurlini, ragazze affidate al sottotenente di complemento Gaetano Martino per essere disseminate nei bordelli dell’esercito italiano in Grecia. Il termine ufficiale “ausiliarie” nasconde il ruolo di prostitute. Liberamente ispirato all’omonimo romanzo di Ugo Pirro del 1963, Le soldatesse (oggi si può trovare facilmente online o in dvd), sceneggiato dallo stesso regista con Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Franco Solinas, montato da Franco Arcalli, (già partigiano, nome di battaglia “Kim”). È istruttivo ripercorrere le sequenze del film per rinfrescarsi la memoria sull’occupazione italiana della Grecia nel 1941-’43, capitolo insabbiato o falsato per anni dall’informazione.

Mario Adorf e Tomas Milian in una scena del film

Il film ha soprattutto il merito di centrare la condizione umiliante e tragica delle molte donne greche che, nel pieno dell’aggressione mussoliniana, si offrono, per fame, ai militari italiani. Il popolo ellenico è in ginocchio, in preda alla carestia e alle epidemie di tifo. Ad Atene risuona in ogni angolo il grido psomì psomì, “pane”. Zurlini ci presenta queste donne con discrezione e rispetto e lo fa attraverso il graduale disappunto del giovane protagonista, il tenente Gaetano Martino (interpretato da Tomas Milian), urtato dal linguaggio e dai comportamenti offensivi dei commilitoni nei loro confronti.

La forte presenza del punto di vista femminile agisce sulla sensibilità di Martino, gli fornisce una nuova angolazione e lo invita a un esame di coscienza. Lui non è un fascista, non tratta quelle giovani come una merce da consumare, comprende il dramma di indigenza, che è dietro la loro scelta: le loro speranze di vita, di studi, di sentimenti, sono state spezzate dagli eventi.

Anna Karina in una scena de “Le soldatesse”

Una presa di coscienza che inizia a prendere forma già dal colloquio iniziale, illuminante per lo spettatore, col colonnello Gambardella (Guido Alberti) che organizza l’insolito trasporto e lamenta nello stesso tempo, la vergogna della situazione rammentando al sottoposto i valori della cultura classica greca, appresi un tempo a scuola, ora demoliti da un regime guerrafondaio e maschilista. Ancora perplesso e contrariato dall’ordine ricevuto, Martino intraprende il viaggio con un camioncino guidato dal sergente Castagnoli.

Marie Laforet è Eftikia ne “Le soldatesse”

Le dodici reclute gli appaiono sempre più lo specchio dei soprusi degli italiani, come le immagini delle rappresaglie contro i resistenti e ai danni degli abitanti dei villaggi che incontra durante il percorso. Quella che all’inizio sembra una scampagnata si carica ben presto di contrattempi e peripezie, passa attraverso agguati di partigiani, scontri e violenze dei reparti di bersaglieri e camice nere contro le popolazioni. Martini ascolta da vicino le storie di Elenitza (Anna Karina), dolce e spensierata, dell’indocile Eftichia (Marie Laforet) dallo sguardo triste e orgoglioso che lo attrae e incuriosisce, di Ebe (Valeria Moriconi) decisa e navigata, della spaurita Toula (Lea Massari) e di Panaiota (Rossana Di Rocco).

Lea Massari in “le soldatesse”

Eftichia, in particolare, si rivela una figura emblematica che simboleggia la coscienza combattiva della Grecia: i suoi occhi chiari e severi esprimono la dignità offesa e l’insulto alla sua terra.

In piedi Valeria Moriconi da “Le soldatesse”

Martino le piace, ma non può e non vuole perdonare l’invasore. Gli racconta di aver sognato un’Italia occupata e la sorella di lui costretta per fame a prostituirsi.

È una provocazione, ma sembra una profezia. E infatti è ciò che avviene nel 1945 nel nostro Paese allo stremo, impoverito dal conflitto, con le “segnorine” che si vendono ai militari alleati, raccontate in film come Paisà (1945), Tombolo, paradiso nero (1947) e Senza pietà (1948) e in altre pellicole neorealiste. L’ufficiale cerca invano di vincere il gelo di Eftichia, la protegge, le evita di essere consegnata ai postriboli di turno, ma la donna è distante.

Dal film “Le soldatesse”

Solo gli eventi finali, con le spietate esecuzioni di ostaggi nel villaggio, li avvicinano: i due si amano, ma lei, dopo una intensa notte d’amore, cambia strada, rifiutandosi nell’ultima sosta di concedersi alle truppe e raggiunge i partigiani in montagna. Tra le figure messe a segno c’è quella del maggiore Alessi (Aca Gavric), seniore della milizia, che chiede un passaggio a Martino e si rivela, come tanti dei gerarchi in quegli anni, donnaiolo, prepotente contro i deboli e vigliacco nei momenti cruciali. Il sergente Castagnoli di Prato (Mario Adorf) è un paesano furbo e sguaiato, molto verosimile, un qualunquista: né buono, né cattivo. Riesce a legarsi a Ebe (Valeria Moriconi), donna abile a tener duro dopo molte avversità, che progetta con lui un possibile domani in Italia.

Un’altra delle scene finali del film “Le soldatesse”

La trama visiva di Zurlini, il suo contenuto di testimonianza, fa saltare fuori le ombre a lungo occultate nei nostri libri di storia. Non furono solo i tedeschi i “cattivi” nelle patrie degli altri. I flash realistici di squadristi schiamazzanti sui camion, fucilatori di pastori e contadini che cantano paraponzi ponzi po’ e poi appiccano incendi nei paesi coi lanciafiamme, sono verità. A smentire il diffuso luogo comune “italiani brava gente” non sono solo le violenze dei fascisti, ci sono anche i reparti di carabinieri e di bersaglieri pronti a “fare un macello” contro chi si difende e copre i partigiani ellenici. L’avventura militare di Martino si conclude – fedele allo spirito del libro di Pirro – con la sua maturazione. Alla fine l’esperienza vissuta fa di lui, responsabile del drappello di soldatesse, un trasgressore degli ordini. Ha capito abbastanza per lasciar partire Eftichia, a malincuore, perché innamorato e sentimentalmente perdente, ma accresciuto nella coscienza civile.

Lo sguardo del film al passato si estende al presente, ci offre una materia sempre attuale sul tema della violenza maschile contro la donna, nell’ambito familiare e sociale e nello scenario nefasto della guerra. Oggi cosa è cambiato? Su questa ferita sempre aperta non rifletteremo mai abbastanza.

Serena d’Arbela, giornalista e scrittrice


“Le soldatesse”, regia di Valerio Zurlini, con Mario Adorf, Valeria Moriconi, Anna Karina, Lea Massari, Tomas Milian, Marie Laforêt. Italia, 1965