Abbiamo incontrato Giovanni Storti (del trio Aldo, Giovanni e Giacomo) per parlare di una attività che lo occupa da una decina d’anni con grande convinzione: la corsa.

La passione per la corsa ti ha portato in molti Paesi, come è nata?

Sono stato un po’ in giro per il mondo, Etiopia, Stati Uniti, Nord Europa, Giappone, Africa. Questo dopo aver letto, per caso, un libro di Pietro Trabucchi una decina di anni fa e di averlo incontrato e seguito in alcuni percorsi. Un’attività di resilienza [1] che mi ha fatto veramente bene.

Una corsa non si ferma alla sola espressione fisica e psicologica. Hai scoperto, dal punto di vista sociale, nuove realtà?

Certo. La mia ultima e recentissima esperienza l’ho fatta circa un mese fa, proprio correndo una maratona tra la parte desertica dell’Algeria ed i territori della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi. Un percorso sorprendente, almeno per me, che non sapevo praticamente nulla di questa situazione.

E come è andata?

La corsa si chiama Sahara marathon ed è frequentata da associazioni non governative che hanno a cuore la vita dei sahrawi in mezzo al deserto del Sahara. Lì vivono da circa quarant’anni. Già il viaggio per arrivarvi è stato decisamente avventuroso. Tra scali di aerei che non coincidono, viaggio in fuoripista e autobus ci si mette veramente tanto almeno un giorno. Siamo stati ospitati dalle famiglie sahrawi e dopo la gara, un giorno circa, abbiamo vissuto con loro poco meno di una decina di giorni.

La bandiera del Fronte Polisario

La questione sahrawi è una delle tante guerre dimenticate. Quindi anche una gara di corsa può servire allo scopo di riportarla alla luce dell’attenzione occidentale?

Altroché. La gara era lunga 42 chilometri, quest’anno, così come 42 sono gli anni che dura questo problema, legato poi alla questione dell’estrazione e alla vendita dei fosfati a livello mondiale, di cui quei luoghi sono ricchi. In questo momento vi sono navi piene di fosfati in giro per l’oceano che non possono attraccare e vendere questa merce perché Corti di diritto internazionale hanno impedito un traffico esagerato da parte del Marocco [2], che detiene il controllo e il potere politico e militare sulla maggior parte del territorio dell’ex Sahara spagnolo. Quella regione ha terminato di essere potenza coloniale alla morte di Francisco Franco, nel 1974, e doveva diventare indipendente ma è stata da subito oggetto delle mire espansionistiche da parte del Marocco e della Mauritania, che ora non ha più interesse in quell’area. [3]

[4]

Chi erano gli altri partecipanti della corsa?

Una cinquantina di italiani e poi altri di 23 diverse nazionalità. Ed erano tante le lingue. Anche con i sahrawi si poteva comunque parlare in spagnolo e in francese. Molti giovani vanno a studiare all’estero e quindi imparano le lingue che là incontrano. Evidentemente di più in Spagna, forse per un senso di colpa non superato da parte dell’ex potenza coloniale. Ma anche il francese è praticato, seppur la Francia stia dietro al Marocco.

Come ti è sembrata la vita di questi gruppi di popolazione del deserto?

Molta vita ruota attorno all’acqua, che non c’è evidentemente, e che viene portata. E quindi dove c’è la possibilità di conservarla si sviluppa la vita sociale. Vi sono anche associazioni italiane di muratori in pensione, una di Bergamo in particolare che gira il mondo costruendo per le necessità più impensate. Ed è andata, naturalmente, anche in quei luoghi. Ci sono contraddizioni sociali impensate. Te ne dico alcune. Gheddafi è ricordato da quelle popolazioni con simpatia, perché le ha aiutate fino quando era in vita; c’è resistenza all’intromissione di frange terroristiche, nonostante promettano soldi pur di avere un appoggio dai sahrawi sparsi per l’Europa al fine di realizzare attentati, eppure – credimi – la vita nei campi è veramente dura. Per ora i leader sahrawi sono stati capaci di tenere lontane tali pressioni velenose. È una vita sociale libera, che io definisco di “democrazia anarchica” e che mi piace tanto. Le donne non sono velate e la loro importanza nella società è alta, dato che gli uomini sono spesso impegnati in azioni militari. Il muro che divide il territorio marocchino da quello sahrawi, costruito dal Marocco, è minato e le mine sono in buona parte italiane. Insomma c’è un intreccio di problemi e di contrasti politici e militari, sociali e culturali che non lascia intravvedere una risoluzione nel breve periodo. È un popolo che resiste in condizioni difficilissime senza cadere in tentazioni e scorciatoie pericolose pur di mantenere una dignità difficile da trovare anche in altri luoghi.

Dunque una corsa, che, se niente cambierà a breve, come pare purtroppo, il prossimo anno potrebbe vederti ancora partecipe?

Credo poco a un cambiamento, ma se è possibile, anche attraverso una corsa, anche solo per tenere un poco sollevata l’attenzione verso il problema sahrawi, vale anche la pena di correre nel deserto.

Tiziano Tussi


Scheda storica

Il Sahara Occidentale è stato una colonia spagnola con il nome di Sahara Spagnolo dal 1884 fino al 1975, poco dopo la morte di Francisco Franco, l’anno prima. Nel 1976 il territorio fu spartito tra il Marocco e la Mauritania. Quest’ultimo Paese rinunciò presto, nel 1979, alla sua sovranità, perché incapace di esercitare una opposizione vincente al Fronte Polisario (Frente Popular de Liberación de Saguía el Hamra y Río de Oro). Il Marocco perciò si annetté tutto il territorio ex spagnolo. Intanto si era formato il Fronte Polisario nel 1973. Il 27 febbraio 1976 lo stesso Fronte proclama la Repubblica Democratica Araba Sahrawi. Tale repubblica è riconosciuta dall’Unione Africana e dall’Onu, come Paese osservatore. Da circa 37 anni si aspetta l’indizione di un referendum per decidere cosa fare di questo territorio, referendum che dovrebbe essere tenuto tra tutti coloro che abitano quelle zone. A tal fine il Marocco ha favorito una immigrazione di suoi cittadini nei territori dei sahrawi e ha costruito un muro, minato, lungo circa 2700 Km che prende anche la parte sud del paese in territorio mauritano.

[1] Capacità di resistere ed assorbire traumi, adattandosi alle situazioni, ed inglobando le difficoltà incontrate. Termine preso a prestito dalla scienza dei materiali.

[2] “All’asta 55 mila tonnellate di fosfato saccheggiati dal Marocco nella nave Nm Cherry Blossom,  sottoposta a fermo da parte della Corte di giustizia del Sudafrica”.

[3] Vedi scheda della situazione in questa stessa pagina.

[4] The Wesa Times (così come la nota 4).