Il castello di Rocca delle Caminate, sulla cui torre è posto il faro

“Il faro è quello che sorge a quattro chilometri da qui, sulla collina che domina Predappio. È il faro del Duce. Durante il Ventennio segnalava quando Mussolini soggiornava in Romagna. E ora c’è chi vuole riaccenderlo. Il castello di Rocca delle Caminate, nel territorio del Comune di Meldola, era la residenza estiva del capo del fascismo. Oggi è proprietà della Provincia di Forlì. Nel 1927 in cima alla torre venne installato un faro che emetteva un fascio di luce tricolore visibile a oltre 60 chilometri di distanza. Il 28 settembre 1943, in questo edificio circondato da pini e cipressi, si tenne il primo consiglio dei ministri di quella che sarà la Repubblica Sociale Italiana. Nei mesi precedenti la Liberazione le segrete del castello furono luogo di indicibili torture nei confronti di partigiani e antifascisti. Come quelle che portarono alla morte di Antonio Carini, nome di battaglia Orsi, uno dei cinque membri del Comando generale delle Brigate Garibaldi, ucciso il 13 marzo 1944”. Così su La Stampa del 24 febbraio.

Dunque c’è chi vuole riaccendere il faro. Chi? Il sindaco di Meldola Gianluca Zattini, che afferma: “Nero, rosso, bianco, io non ne faccio una questione di colore. Chiunque vorrà visitare il faro sarà il benvenuto”, e aggiunge: “chi si oppone fa una battaglia culturale di retroguardia”; come, evidentemente, Anna Cocchi, coordinatrice regionale dell’ANPI, che afferma: “Se è rimasto spento finora, deve continuare a esserlo. L’accensione era legata alla presenza di Mussolini, che non merita certo di essere ricordato. Il faro rievoca la sua persona e l’ANPI non dimentica”. A seguire, ecco il petardo di Giorgio Frassineti, sindaco Pd di Predappio, comune confinante; “nel 2017 bisognerebbe interrogarsi su che senso abbia l’esistenza dell’associazione partigiani. Sinceramente credo che l’ANPI abbia esaurito il suo compito anni fa”.

Quanto basta per far prendere carta e penna al Presidente nazionale dell’ANPI Carlo Smuraglia, che invia una lettera, immediatamente pubblicata, al direttore della Stampa.

“Caro Direttore – scrive Smuraglia – si è appreso che nella zona di Predappio si vorrebbe riaccendere il faro che segnalava la presenza del «duce» in città. In questa povera Italia piena di guai, c’è chi pensa solo al «turismo» dei nostalgici di Mussolini, del fascismo, del ventennio nero. Questo è particolarmente grave, perché dimostra una carenza di sensibilità politica e democratica che fa paura. Ma ancora di più impressiona il fatto che su questo terreno si muovano alcuni sindaci, che dimenticano di essere parte di una Repubblica che non è solo democratica, ma è anche antifascista, come trasuda da ogni articolo della Costituzione.Chiunque abbia un po’ di buon senso capisce che il faro mussoliniano, rimasto spento per tanti anni, deve restare spento, perché invece di «ricordare» i lutti che il fascismo ha recato al Paese, finirebbe per esaltarli. Su tutto questo cala poi una «chicca» che muoverebbe al riso se non avesse in sé qualcosa di drammatico. Il sindaco di Predappio, anziché deprecare i nostalgici, se la prende con l’ANPI, dubitando persino sul senso della sua esistenza. È bene che sappia che noi rappresentiamo, orgogliosamente, i combattenti per la libertà, di cui tramandiamo i valori; noi siamo qui a ricordare, anche a questo sindaco, che se è stato democraticamente eletto, è solo perché ci sono stati tanti che hanno combattuto per la sua libertà. Siamo e restiamo un ente morale, con i nostri 124.000 iscritti e 110 Comitati provinciali, dislocati in tutta Italia. Siamo qui, caro Sindaco, anche per consentire a lei e ai suoi figli, se ne ha, di affrontare un futuro libero e democratico. Lascino pure che si vendano i gadget fascisti, che vengano i cortei di gente in camicia nera, che si faccia il museo del fascismo; e poi avremo una piccola repubblica nera, disertata da tutta l’Italia democratica; fino a quando non si capirà che tutto questo sa di un passato che non deve tornare e si deciderà (magari per iniziativa di un sindaco benpensante), di accendere quel faro, una sola volta, in occasione del 25 aprile”. Controrisposta piccata e reticente del sindaco, che non solo si guarda bene dallo smentire le sue affermazioni liquidatorie sull’ANPI, ma aggiunge temerariamente che Smuraglia, “falsificando la realtà”, afferma che a Predappio non sono deprecati i nostalgici; così – continua il sindaco – Smuraglia “mette sullo stesso piano i gadget fascisti e i cortei in camicia nera con il nostro progetto museale”. Altro che falsificare la realtà! A Predappio la vendita di gadget fascisti e i cortei di gente in camicia nera sono un dato di fatto acquisito da tempo e, fino a prova contraria, dar vita proprio lì ad un museo del fascismo non sembra esattamente il modo migliore per dissuadere i nostalgici dal fare di questo paese la loro capitale. Ma il sindaco non si ferma qui e mette all’indice l’ANPI, perché si ritiene – a suo dire – “l’unica depositaria dei valori della democrazia”. Bizzarra conclusione, dato che, fino a prova contraria, chi afferma che l’esistenza stessa dell’ANPI non abbia senso è proprio lui.  Come se il sindaco di Predappio fosse l’unico depositario dei valori della democrazia.

Tutto questo avviene oggi, marzo 2017, a settant’anni dall’approvazione della Costituzione antifascista. Tanto per non dimenticarselo.