
Sofia, dopo il diploma, vuole iscriversi alla facoltà di Lettere, ma per farlo deve prima superare la prova della maturità classica. Per prepararsi a questi esami che le avrebbero permesso l’accesso all’università, ricorre alle lezioni private di un professore, Giovanni Gandin, allora presidente del Comitato di liberazione nazionale di Vittorio Veneto. Di fronte a una battuta dell’allieva, Gandin la mette in guardia dall’esprimersi liberamente e in modo ironico sulle iniziative del regime, ma al tempo stesso le rivela il suo ruolo nel Cln e che in montagna, nel Cansiglio, l’organizzazione è a buon punto: si è già costituita la divisione “Nino Nannetti”. La informa anche che a Cordignano, dove Sofia Gobbo abita, ci sono alcune persone che fanno parte del Cln.

Successivamente Gandin le propone di dare il suo contributo alle operazioni di coordinamento tra i Cln di Vittorio Veneto e di Cordignano: Sofia accetta e diventa staffetta partigiana, muovendosi con la sua bicicletta, avendo contatti con i partigiani della brigata “Osoppo” e i paesi di Vittorio Veneto, Orsago e Albina, dove invece c’erano i Gap che agivano in pianura. A volte le viene chiesto di andare a Treviso o a Padova a ritirare la stampa clandestina da portare a Vittorio Veneto. Il nome di battaglia al maschile è in realtà un omaggio alla scrittrice George Sand, scelto dal comandante, utile però a proteggere ulteriormente l’attività clandestina di Sofia. Che si è spesso trovata a fronteggiare situazioni pericolose, come in occasione dei rastrellamenti. O di quel coprifuoco che l’aveva colta ancora per strada, e la mattina seguente ebbe anche l’ardire di chiedere un passaggio a dei fascisti a bordo di una camionetta.

Non ha raccontato, se non in anni relativamente recenti, il suo ruolo nella Resistenza, ma ha continuato a dare il suo contributo per i valori alla base della nostra Repubblica, scolpiti nella Costituzione: libertà, democrazia, pace. Lo ha fatto come insegnante e come preside e poi in una piccola biblioteca di Mestre di cui si occupa ancora nonostante l’età, per combattere l’ignoranza, primo nemico dell’umanità e della democrazia, come lei ripete spesso: perché è infatti nell’ignoranza che attecchisce la manomissione della storia. Nel suo intervento in piazza Erminio Ferretto a Mestre il 25 aprile 2016 aveva sottolineato il dovere di esercitare responsabilmente la democrazia, citando le parole di Tina Anselmi, secondo cui i valori di “libertà, giustizia e pace devono essere vissuti ogni giorno, se non vogliamo che sia vano il sacrificio di chi è morto”.

Perché è importante oggi più che mai festeggiare i cento anni della staffetta partigiana Sofia Gobbo? Perché ciò assume un valore fortemente simbolico e politico, ricolloca al posto giusto le tessere della storia, dopo i ripetuti attacchi alla Resistenza e ai suoi valori, con la destra neofascista (e non solo) che continua a perseguire la falsificazione della storia del 900, mettendo in unico crogiuolo fascismo e antifascismo, dittatura e libertà democratiche, tentando di parificare i morti della Rsi con coloro che sono caduti combattendo contro il nazifascismo nel nome della democrazia e della libertà.

Questa narrazione revisionista tenta di cancellare l’antifascismo come valore fondativo della nostra Repubblica, ad esempio facendo ricorso a una omologazione tra nazifascismo e comunismo che permette ai Comuni di abolire la clausola antifascista per la fruizione degli spazi pubblici sostituendola con la cosiddetta “pronuncia anti totalitaria”. E ancora, una rappresentante delle istituzioni come l’assessora della Regione Veneto, Elena Donazzan, celebra il 25 aprile sulla tomba di soldati nazisti; il sindaco di Codevigo, nel padovano, partecipa a una commemorazione di militi saloini; sindaci o consiglieri comunali propongono di intitolare vie o piazze a Giorgio Almirante… Si potrebbe continuare a lungo con l’elenco di comportamenti esecrabili, indegni di uno Stato democratico e antifascista. Inchieste di questi ultimi giorni evidenziano, una volta di più, la profondità e la vastità del carattere permeabile del nostro Paese a fenomeni neofascisti e nostalgici.

Di fronte a tutto questo, festeggiare pubblicamente i cento anni della staffetta partigiana Sofia Gobbo significa contrastare culturalmente il revisionismo storico, le derive neofasciste e i tentativi revanscisti di rivalutazione del fascismo per riaffermare che non è vero che i morti non hanno colore politico, che sono tutti uguali, perché le vite non sono uguali ma si differenziano in base ai valori secondo i quali sono vissute. Celebrare il compleanno di Sofia Gobbo è, sì, un momento di convivialità, ma significa anche riaffermare i valori fondativi di libertà, democrazia e pace della nostra Repubblica antifascista. Grazie Sofia per aver scelto di stare dalla parte giusta.
Note: Oltre alle interviste rilasciate da Sofia Gobbo e ai suoi interventi pubblici rinvenibili in rete, per la sua biografia, cfr. Voci di partigiane venete, a cura di Maria Teresa Sega, Cierre edizioni rEsistenze, 2016, p.181-193 e l’intervista contenuta nel dvd La nostra scelta per la Resistenza a cura di Viviana Boscolo e Sandra Savogin, 2015, Anpi sezione “E. Ferretto” di Mestre e Regione Veneto.
Maria Cristina Paoletti, presidente sezione Anpi di Mestre “Erminio Ferretto” e componente dell’associazione Giuristi Democratici – Venezia
Pubblicato martedì 5 Ottobre 2021
Stampato il 01/10/2023 da Patria indipendente alla url https://www.patriaindipendente.it/ci-guidavano-le-stelle/i-cento-anni-di-giorgio-la-partigiana-sofia-gobbo/