Cuba, il picchetto d’onore Anpi per Gino Donè

Il 2 dicembre scorso Gino Giacomo Donè è rientrato a Cuba, definitivamente. Già partigiano in Veneto, è stato sepolto, con tutti gli onori militari, nel Sacrario dei Caduti della Rivoluzione del Cimitero monumentale dell’Avana, presenti il Comandante de la Revolution, Ramiro Valdés Menendez; il Comandante dell’Ejercito rebelde, José Ramon Machado Ventura; e il Comandante Alvarez Lopez Miera, ministro delle Fuerzas Armadas Revolucionarias.

Gino Donè, “el italiano”
Gino Donè è tornato a casa, a Cuba

L’urna con le ceneri è stata portata da una delegazione dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba che si è impegnata a esaudire la volontà espressa da “el italiano” scomparso nel 2008 dopo il suo rientro al paese natale per ritrovare i parenti.

Partigiani veneti

Ma per quale ragione Gino, nato il 18 maggio 1924, a Rovarè, frazione di San Biagio di Callalta, paese in provincia di Treviso, è finito nel Sacrario dei Caduti della Rivoluzione a Cuba, accompagnato addirittura dagli onori militari?

Gino si è sempre definitivo “un giovane ribelle, a cui non piacevano violenza e sfruttamento verso le parti più deboli della società, verso quelli che venivano emarginati, quelli resi invisibili dai potenti”. Sapere da che parte stare, così si potrebbe sintetizzare il suo ragionamento e il comportamento di una intera vita.

A sinistra: Gerardo Garcia, uno dei pochi “espedicionarios” (combattenti rivoluzionari cubani) e componente della missione del Granma ancora in vita con Maurizio Cavestro, figlio del partigiano Danilo; a destra: Danilo Cavestro e Angelo partigiani della zona Milano Saronno, insigniti di Medaglia al Valor Militare

Infatti l’8 settembre 1943, mentre è militare a Pola, decide subito da che parte stare, rientrato via mare a Venezia, si unisce alle forze partigiane della Divisione Piave. Nel dopoguerra però la crisi economica morde, soprattutto nel poco industrializzato nordest italiano, ed essere stato un partigiano comunista non aiuta.

Lo scrittore Ernest Hemingway

Gino, come tanti altri è costretto a emigrare: sarà carpenterie in Francia, Belgio, Germania e dopo un passaggio in Canada, arriverà a Cuba. All’Avana lavora alla realizzazione di quella che oggi è Piazza della Rivoluzione. Conosce anche un corpulento scrittore nordamericano, Ernest Hemingway, con cui parla dei suoi territori natali, dove lo scrittore aveva presentato servizio di autista di ambulanza volontario durante la Prima guerra mondiale, traendo spunto per il libro “Addio alle armi”. Conosce anche Norma Turino Guerra, studentessa cubana, che gli fa incontrare i giovani studenti ribelli che lottano contro la dittatura militare di Fulgenzio Batista, compreso il loro leader, il giovane avvocato Fidel Castro Ruz. Anche in questo caso Gino ha avuto ben chiaro da che parte stare, e quindi si unisce a loro.

Dopo il fallimentare attacco alla caserma militare “Moncada” nella regione ribelle di Santiago, Fidel Castro e gli altri pochi sopravvissuti sono condannati a lunghe pene detentive. L’amnistia che Batista promulga per farsi propaganda in vista di una candidatura alle presidenziali per legalizzare il suo governo, porta alla liberazione e all’espulsione dal Paese anche di Fidel.

la conferma di una lunga amicizia all’insegna di comuni valori: il dono del fazzoletto Anpi a Gilberto Garcia

Dal Messico Castro organizza un gruppo di esuli cubani con l’intento di rientrare nell’isola e dare inizio alla lotta di liberazione. Gino, avendo passaporto italiano, fa da corriere tra Cuba e Messico per portare documenti e denaro, fondi raccolti per finanziare la lotta. Soldi che servono anche per acquistare una nave da utilizzare per tornare a Cuba. Così Gino diventa “el italiano”. Quando poi Fidel Castro viene a sapere della sua passata esperienza militare nella Resistenza italiana decide di arruolarlo come istruttore del gruppo. “Li ho fatti soffrire, nel fango delle paludi, perché bisognava essere pronti a tutto”, affermerà in una intervista.

Che Guevara con Fidel Castro

A fine novembre ’56 tutto è pronto per la spedizione, nave compresa. Nave che non è proprio una gran nave il “Granma”, uno yacht da turismo nemmeno tanto grande. Sulla nave salgono in ottantadue, quattro non sono cubani: “Ramon” è della Repubblica Dominicana, “Alfonso” è un messicano solidale con la causa cubana, il terzo è un argentino, un medico di nome Ernesto Guevara della Serna, soprannominato “El Che” (un uomo che come tutti sanno in seguito avrà una certa notorietà mondiale!), il quarto è “el italiano”. L’italiano restò stregato dal carisma di Fidel, Raul, Ernesto, tanto da mettere in conto anche di morire in una probabilmente fallimentare impresa.

Fidel Castro sulla Sierra Madre con i combattenti per la rivoluzione a Cuba

Perché nella mente di Gino non è concepito non partecipare alla lotta. Stipati all’inverosimile sul piccolo natante, devono lasciare a terra i viveri per non appesantire troppo la barca, partono male armati, senza viveri ma determinati. Come dice Fidel: “Se partiamo sbarchiamo, se sbarchiamo entriamo, se entriamo vinciamo!”.

Gino con i familiari e moglie a Trinidad

E vinsero. Il 2 dicembre 1956, dopo un lungo viaggio, uno sbarco drammatico e i primi scontri catastrofici, si disperdono sulle montagne della Sierra iniziando la lotta di guerriglia. Il 31 dicembre 1959 le colonne guerrigliere guidate da Fidel Castro, Che Guevara e Camilo Cienfuegos entrano all’Avana e il dittatore Fulgenzio Batista fugge verso l’amica Miami. Gino che si è staccato dal gruppo poco dopo lo sbarco e inizialmente ha partecipato ad azioni nella zona di Santa Clara non è con loro, ricercato dalla polizia è espatriato prima in Messico, poi negli Stati Uniti. Rientrato a Cuba dopo molti anni sono commoventi i momenti in cui i vecchi compagni “espedicionarios” lo accolgono e lo stesso Fidel lo abbraccia calorosamente.

L’abbraccio fraterno di Gino Donè e Fidel Castro

Per queste ragioni dal 2 dicembre 2023 Gino Donè “el italiano” riposa accanto ai suoi commilitoni espedicionarios. Gino è tornato a casa sua, nella Cuba della Revolution che ha aiutato a far nascere.

Tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro dell’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba. D’altra parte, l’Associazione ha storicamente uno stretto rapporto con la Resistenza italiana sin dalla sua nascita nell’aprile 1961, subito dopo la tentata invasione, sponsorizzata dalla Cia statunitense, della Baia dei porci; i fondatori dell’Associazione sono quattro partigiani: Alba De Cespedes, nipote di Carlos Manuel De Cespedes, uno dei padri dell’indipendentismo cubano; Italo Calvino che era nato nell’isola a Santiago de las Vegas e per questo aveva scelto come nome di battaglia “Santiago”; Vittorio Vidali, il comandante “Carlos”; e Arnaldo Cambriaghi.

Marco Fantechi, presidente sezione Anpi Potente – Firenze