Vipava, Slovenia

Vipava è un paesino della Primorska, il litorale sloveno: dietro la piazza principale si vedono gli altopiani carsici del fiume che dà il nome a tutta la valle, uno spiazzo sovrastato da una ripida erta quasi montana e incastrato tra rocce coperte di muschio. Davanti si allarga una laguna a colori marezzati, cangianti, frequentata da germani reali. La piazza principale del paesino, un tempo fiorente centro di commerciale, è adiacente al Parco Barocco completato nel 1702 per volere della nobile famiglia Lanthieri, da cui erano stati in visita – tra gli altri il papa Pio VI, l’imperatore Leopoldo I e l’imperatore Carlo VI, Carlo Goldoni e la pittrice Rosalba Carriera.

C’è un’altra piazza con edifici settecenteschi, che è il vero cuore della cittadina, dove si respira un’atmosfera di grazia appartata e molto urbana. È intitolata a Pavel Rušt e in questo 2022 vorrei richiamare alla memoria proprio la vicenda di Pavel Rušt, l’eroe partigiano ricordato nella toponomastica cittadina.

Pavel nasce suddito austriaco nel 1909 da una famiglia di piccoli contadini a Gradišče, frazione di Vipava. Il territorio dopo la Prima guerra mondiale, con il Trattato di Rapallo viene annesso al Regno d’Italia.

A Vipava italianizzata Vipacco, Pavel frequenta la scuola dell’obbligo. Cresce però privato dei diritti fino a poco tempo prima garantiti dall’Austria alle varie nazionalità, i cognomi cambiati d’autorità, abolite scuole e lingua slovena, soppressa ogni associazione. Più tardi si sposta poi a Roma per prestare diciotto mesi di servizio militare come granatiere.

Il monte Nanos

Persi entrambi i genitori, nel 1941 entra nel Movimento di liberazione nazionale sloveno, ignorando la chiamata alle armi dell’Esercito italiano. Audace, possente e di grande inventiva, ben presto è a capo di una propria brigata e, tra le tante azioni cui prende parte, resta epica la battaglia del monte Nanos (monte Re in italiano), il 18 aprile 1942.

Pavel Rušt e i suoi uomini vengono circondati a quota 887 metri. Una sparuta compagnia di meno di 60 uomini contro più di 800 soldati organizzati. Gli scontri durano oltre otto ore e riportano un bilancio tragico: dieci partigiani cadono durante i combattimenti, undici vengono catturati e nove fucilati in seguito, mentre gli altri riescono a sfuggire all’accerchiamento, coperti dalla mitragliatrice che nelle mani del leggendario comandante Pavel Rušt per quattordici volte respinge gli attacchi. Fino all’esaurimento delle munizioni, almeno: i pochi rimasti sono quindi costretti alla ritirata e riescono a nascondersi in una grotta. Ma anche quel rifugio viene scoperto e colpito dal nemico: per diverso tempo Pavel (riportando ferite profonde alle mani) riesce raccogliere le bombe e rilanciarle contro i fascisti, ma nonostante i grandi sforzi alla fine la compagnia viene sopraffatta.

Dopo la cattura, i sopravvissuti sono tradotti a Roma, a Regina Coeli. Torturato, Pavel non rivela nulla, il Tribunale speciale per la difesa dello Stato condanna a morte lui e altri partigiani del gruppo “Fratelli Maslo”, alcuni in contumacia.

La sentenza viene eseguita a Forte Bravetta, tristemente nota fabbrica di morte del fascismo. Il  26 giugno 1942 alle 6 del mattino Pavel Rust, Anton Bele, Ivan Cekada, Viljem Dolgan, Leopold Frank, Joze Hrescak, Karlo Kaluza, Franc Srebot e Franc Vicicˇsono fucilati. Pavel Rušt è sepolto nel cimitero del Verano; le sue gesta restano una leggenda in tutto il litorale sloveno e la sua figura ricordata ogni anno nelle commemorazioni del 18 aprile.

Nel 2019, le celebrazioni nell’anniversario della battaglia sono state particolarmente solenni, con l’inno Sollevazione del Litorale cantato in apertura dal Coro di voci maschili Srečko Kosovel di Ajdovščina, accompagnato dall’orchestra dell’esercito sloveno.

Inno detto Della Sollevazione del Litorale:
Un tempo come una malattia soffocavamo in noi stessi/l’umiliazione, il dolore,/sopprimevamo il grido di vendetta sulle nostre labbra/lo seppellivamo nel profondo del cuore./Ma guarda, è calata una tempesta troppo forte,/ha strappato le catene come ragnatele,/il bagliore di un nuovo giorno splende di nuovo/fino alle ultime case della Primorska./le mitragliatrici hanno cantato la loro canzone,/l’aria è scossa dal rombo dei cannoni,/le vaste pianure in fiamme,/il grido di libertà echeggia dai boschi/Ti sei sollevata oh Primorska a nuova vita,/a testa alta marci verso i tempi nuovi!/Lotte, umiliazioni, vittorie, sofferenze/in essi il tuo volto trovato hai vero.

Nelle descrizioni delle battaglie cui prese parte Pavel, ho ritrovato tratti e dettagli che mi hanno riportata all’epopea partigiana di Minuetto per chitarra (l’autrice di questo articolo è anche la traduttrice dell’edizione del libro pubblicata da Voland nel 2019), opera biografica in cui un altro partigiano sloveno, lo scrittore Vitomil Zupan, racconta la sua esperienza resistenziale. Le bombe a mano rilanciate contro il nemico, la grotta come rifugio, gli attacchi (multipli) respinti, il disperdersi e il ritrovarsi dei combattenti, la volontà di proteggere i feriti (non importa se a rischio della propria vita) sono solo alcuni degli elementi che accomunano i due partigiani.

I fratelli e le sorelle di Pavel dopo la sua cattura emigrarono tutti in Belgio. Intanto, la casa di famiglia, costruita nella zona più povera, fredda e umida di Gradišče, va lentamente in rovina, ma su una porta di legno spicca ancora la scritta OF, Fronte di Liberazione. Il Comune di Vipava/Vipacco non esclude la possibilità di restaurare la casa e trasformarla in museo della liberazione. Quest’anno l’ottantesimo della battaglia verrà solennemente ricordato il 27 aprile a Boben, proprio a quota 887, sul monte Nanos.

Patrizia Raveggi